La prima apparizione mariana della storia della Chiesa è quella che ebbe San Giacomo Maggiore a Saragozza nell’anno 40: la Vergine che era ancora su questa terra e visitò l’Apostolo nella sua carne mortale, consegnandogli anche la colonnina d’alabastro, il pilar. La Vergine del Pilar ancora è grandemente venerata da tutte le popolazione di Spagna o di cultura ispanica: è, per decreto di Pio XII, Patrona della Hispanidad. Il giorno della sua festa, 12 ottobre, è anche il giorno della scoperta del Nuovo Mondo.
Traiamo la storia di questa apparizione da La Mistica Città di Dio della Venerabile Maria di Gesù d’Agreda (VIII, 17, 346-354) premettendo che: 1) in conformità ai decreti di Urbano VIII, salvo i dommi e le dottrine e tutto ciò che la Santa Apostolica Sede ha definito, in tutt’altro non intendiamo prestare né richiedere altra fede che l’umana; e 2) i testi della Venerabile, contestati da più parti ed oggetto di studio da parte della Inquisizione, sono stati infine accolti come ortodossi da Benedetto XIV.

 Tutta la sua sollecitudine era tesa alla crescita e alla dilatazione della Chiesa, al conforto dei credenti e al­la difesa di questi ultimi dal serpente nella persecuzione e nelle insidie che approntava. Nel suo incomparabile ardo­re, prima di lasciare Gerusalemme dispose molte cose co­me le fu possibile da se stessa e con l’intervento degli an­geli, allo scopo di prevenire tutto quello che le parve con­veniente per la sua assenza, perché allora non le era noto quanto sarebbe restata distante. La più grande diligenza che poté impiegare fu la sua continua ed efficace orazio­ne affinché Gesù con il vigore infinito del suo braccio cu­stodisse i suoi e schiacciasse la superbia di Lucifero, dis­sipando le scelleratezze che questi nella sua astuzia fab­bricava contro di lui. Ella era al corrente che il primo dei Dodici a spargere il suo sangue per la fede sarebbe stato Giacomo; per questo e per l’affetto che gli portava, inter­cedette soprattutto per lui.
347. Mentre era intenta in tali preghiere, a quattro gior­ni dalla partenza, sentì nel suo castissimo cuore degli ef­fetti dolcissimi, come le succedeva altre volte quando le stava per venire concesso qualche dono singolare. Queste opere nello stile della Scrittura si chiamano parole del Si­gnore, e ad esse la Maestra della scienza rispose: «Mio Re, che cosa mi comandate di fare? Che cosa volete da me? Parlate, perché la vostra serva vi ascolta». Mentre replica­va ciò, vide Cristo scendere in persona dall’empireo a visitarla su un seggio di ineffabile splendore, scortato da in­numerevoli spiriti celesti di tutti gli ordini, e fare con que­sta magnificenza il suo ingresso nella stanza. La religiosa e modesta Vergine lo adorò con somma venerazione, pro­cedente dal suo purissimo intimo. Subito egli affermò: «Madre mia, dalla quale ricevetti la natura umana per ri­scattare il mondo, sono attento alle vostre suppliche, san­te e accette ai miei occhi. Sosterrò la mia Chiesa e ne sarò il padre e il protettore, affinché non sia vinta e le porte degli inferi non prevalgano contro di essa’. Sapete già che per la mia esaltazione bisogna che gli apostoli si affati­chino con il mio aiuto e infine vengano dietro a me sulla via della croce e della morte che io ho patito per la re­denzione; il primo che mi imiterà su di essa sarà Giaco­mo, mio servitore fedele, che qui subirà il martirio. Per­ché egli torni, come anche per altri considerevoli fini, è mio volere che andiate immediatamente da lui in Spagna, dove sta predicando. Recatevi a Saragozza e invitatelo a rientrare, ma solo dopo avere eretto là un edificio sacro a voi dedicato; in esso sarete invocata per quel paese, ad ono­re mio e di tutta la Trinità».
348. Ella accolse queste indicazioni con nuovo godi­mento e, con degna sottomissione e riconoscenza, riprese: «Mio vero sovrano, la vostra volontà si adempia in me per sempre e tutti vi celebrino senza termine per le meraviglie che nella vostra immensa misericordia realizzate per colo­ro che vi seguono. Mi faccio voce di ciascuno nel lodarvi e nel ringraziarvi per esse. Permettetemi di promettere in vostro nome che la vostra destra onnipotente darà specia­le soccorso nel tempio di cui chiedete la costruzione, e che esso sarà parte della mia eredità a vantaggio di chiunque lì si rivolgerà a voi e a me, come mediatrice presso la vo­stra clemenza».
349. Il Salvatore continuò: «Mia carissima, nella quale incessantemente mi compiaccio, vi do la mia parola rega­le che guarderò con particolare benevolenza e riempirò di larghe benedizioni quelli che con riverenza e devozione verso di voi in quel luogo mi imploreranno per vostro trami­te. Ho deposto nelle vostre mani tutti i miei tesori; fate le mie veci e avete la mia autorità, per cui potete arricchire e distinguere quel santuario e garantire in esso il vostro favore, poiché esaudirò i vostri desideri, a me tanto gra­diti». Appena ella ebbe reso grazie per tale assicurazione, per ordine di sua Maestà moltissimi degli esseri superni che lo accompagnavano formarono un trono con una ful­gida nube e ve la posero come signora dell’universo; gli al­tri risalirono con lui, dopo che l’ebbe benedetta, mentre, sorretta dai serafini, insieme ai suoi mille custodi e agli al­tri, si dirigeva in anima e corpo verso Saragozza. Anche se il viaggio avrebbe potuto essere brevissimo, il suo Unige­nito stabilì che si eseguisse in modo tale che essi le into­nassero con leggiadra armonia inni di giubilo.
350. Alcuni attaccavano l”‘Ave Maria“, altri “Salve, sanc­ta Parens” e “Salve Regina”, altri ancora il “Regina coeli”, alternandosi gli uni agli altri con una consonanza tanto ben concertata che ci è impossibile immaginarla. Ella, allora, riferendo quel tributo all’Autore che glielo accordava, con umiltà proporzionata all’altezza del beneficio ripeteva: «Santo, santo, santo, Dio sabaoth, abbi pietà della misera progenie di Eva. Tua è la gloria e tua è la potenza. Tu so­lo sei il Santo e il Signore degli eserciti e dell’intero crea­to». Essi, quindi, rispondevano a questi cantici tanto ama­bili per l’Eterno, e così arrivarono a destinazione quando era già prossima la mezzanotte.
351. Il felicissimo Giacomo era fuori della città, vicino al muro presso la riva del fiume Ebro, e per mettersi in orazione si era discostato un po’ dai suoi discepoli. Qual­cuno di essi dormiva, qualcun altro pregava come il suo maestro, ma nessuno si aspettava la novità che stava sopravvenendo. Per questo, la processione angelica con la musica si allungò alquanto, in maniera tale che ognuno la potesse udire. Chi era nel sonno si risvegliò e tutti furono colmati di soavità interiore e di stupore, con una consola­zione divina che si impossessò di loro e li lasciò come mu­ti, attoniti e tra lacrime di gioia. Videro una luce sfolgo­rante, come se fosse stato mezzogiorno, benché essa fosse solo in un certo spazio a forma di grossa sfera, non dappertutto. Assorti in questa meraviglia e in questo gaudio, stettero immobili finché l’Apostolo non li chiamò. Attraverso simili effetti, furono preparati ad essere attenti al su­blime mistero che sarebbe stato rivelato loro. Il trono fu posto davanti a Giacomo, che era in profonda contempla­zione e più degli altri sentiva il suono e percepiva il ba­gliore. Gli spiriti celesti avevano con sé una piccola co­lonna di marmo o di diaspro e avevano fatto in un altro materiale una raffigurazione della Vergine, che alcuni te­nevano con sommo ossequio; avevano approntato tutto ciò in quella notte, con il potere con cui operano nelle cose alle quali si estende la loro forza.
352. La Madre stava sulla nuvola, circondata dai vari cori, ciascuno dei quali aveva mirabile bellezza, anche se ella superava tutti in tutto. Da lì si manifestò al fortunato Apostolo, che prostratosi la riverì intensamente, osservan­do pure quello che veniva trasportato. Ella, per conto di Gesù, gli parlò: «Figlio mio, ministro dell’Altissimo, siate benedetto dalla sua destra; egli vi regga e vi palesi l’alle­grezza del suo volto». Tutti gli angeli esclamarono: «Amen». Proseguì: «L’eccelso Re ha prescelto questo posto affinché in esso gli innalziate un tempio, dove sotto il titolo del mio nome il suo sia magnificato e dove i suoi tesori siano co­municati con abbondanza; egli darà libero corso alle sue antiche misericordie a vantaggio dei credenti e questi per mezzo della mia intercessione le otterranno, se le domanderanno con autentica confidenza e pia devozione. Da parte sua prometto loro enormi favori e la mia protezione, perché questa deve essere mia abitazione e mia eredità. In testimonianza di ciò, questo pilastro con sopra la mia im­magine resterà qui e durerà con la santa fede sino alla fi­ne dei tempi. Darete senza indugio inizio ai lavori e dopo avergli reso tale servizio partirete per Gerusalemme, poi­ché il Salvatore vuole che gli sacrifichiate la vostra vita là dove egli consegnò la sua per il riscatto degli uomini».
353. Concluse il discorso comandando ai custodi di col­locare la colonna e la raffigurazione nel punto in cui si tro­vano ancora oggi, cosa che fu fatta all’istante. Subito do­po, essi confessarono quel luogo come casa di Dio, porta del cielo,,, terra consacrata per la sua esaltazione e per l’in­vocazione di Maria; lo fecero con Giacomo che, in attesta­zione di questo, si inginocchiò e celebrò con inni insieme a loro la dedicazione della prima chiesa fondata dopo la re­denzione, e intitolata alla Regina. Questa fu la felice origi­ne del santuario di “Nuestra Senora del Pilar”, cioè del pi­lastro, in Saragozza, che a ragione si dice camera angeli­ca, dimora dell’Unigenito e della sua castissima genitrice, degna della venerazione di tutti e garanzia certa e ferma dei benefici che i nostri peccati non giungeranno a deme­ritare. Mi pare che il nostro grande patrono, il secondo Gia­cobbe, abbia dato ad esso un principio più glorioso di quel­lo che il primo dette al suo di Betel quando, andando pel­legrino in Mesopotamia, eresse la pietra che eppure segnò la posizione del futuro tempio di Salomone. Là in sogno questi scorse in figura e in ombra la scala mistica con gli angeli, ma qui il nostro Giacobbe scorse la scala vera del cielo con gli occhi del corpo, e un numero più elevato di messaggeri superni. Là fu alzata la stele per una costru­zione sacra che avrebbe dovuto essere distrutta parecchie volte e avere termine dopo alcuni secoli, ma qui, nella sta­bilità della colonna, l’edificio, la fede e il culto divino fu­rono assicurati per tutta la durata del mondo, ascendendo e discendendo gli spiriti dalle altezze con le preghiere dei cristiani e gli incomparabili doni che la Principessa distri­buisce a coloro che vanno a implorarla ed onorarla.
354. Il nostro Apostolo la ringraziò e la supplicò di di­fendere in modo speciale la Spagna , e soprattutto quel luo­go a lei consacrato. Ella si impegnò riguardo a tutto e, im­partitagli di nuovo la sua benedizione, fu riportata al ce­nacolo nella medesima maniera. Su sua richiesta, il Si­gnore dispose che presso il santuario rimanesse un custo­de, che da quel giorno persevera in tale ministero e così farà fino a quando vi staranno il pilastro e l’immagine. Perciò, come tutti i cattolici riconoscono con meraviglia, es­so si è mantenuto intatto per più di milleseicento anni, tra la perfidia dei giudei, l’idolatria dei romani, l’eresia degli ariani e la barbara furia dei mori e dei pagani; e l’ammi­razione sarebbe maggiore se fossero note le macchinazio­ni escogitate in ogni epoca dall’inferno per abbatterlo per mano di tutti costoro. Non mi trattengo a riferire questi avvenimenti, perché non è necessario ed essi non appar­tengono al mio intento; basti asserire che Lucifero ha so­vente tentato di farlo per mezzo di tutti questi nemici del supremo sovrano, e sempre l’angelo l’ha fermato.