Sassari, chiesa di San Giuseppe. Tra i cartelloni con varie figure missionari colpisce queste dedicato a San Francesco d’Assisi.
Sorvoliamo sul Serafico come semplice “cercatore di Dio”: Francesco Dio l’ha trovato (o meglio da Dio si è fatto trovare) e può dire “trovai l’amor dell’anima mia: lo strinsi fortemente non lo lascerò” (Cant. III, 4). Quello che ci interessa è la falsità storica che viene propagandata: la falsità di un irenico Francesco che dialoga con l’Infedele e che fa di più: “affida al suo ordine il compito di continuare la missione e il dialogo pacifico con il mondo islamico”.
Ora, magari l’Eccellentissima Curia Arcivescovile Turritana non è informata di alcune vicende storiche quindi, ci permettiamo di ricordarle

San Bonaventura racconta:
“Ma l’ardore della carità lo spingeva al martirio; sicché ancora una terza volta tentò di partire verso i paesi infedeli, per diffondere, con l’effusione del proprio sangue, la fede nella Trinità. A tredici anni dalla sua conversione, partì verso le regioni della Siria, affrontando coraggiosamente molti pericoli, al fine di potersi presentare al cospetto del Sultano di Babilonia. Fra i cristiani e i saraceni era in corso una guerra implacabile: i due eserciti si trovavano accampati vicinissimi, l’uno di fronte all’altro, separati da una striscia di terra, che non si poteva attraversare senza pericolo di morte . Il Sultano aveva emanato un editto crudele: chiunque portasse la testa di un cristiano, avrebbe ricevuto il compenso di un bisante d’oro. Ma Francesco, l’intrepido soldato di Cristo, animato dalla speranza di poter realizzare presto il suo sogno, decise di tentare l’impresa, non atterrito dalla paura della morte, ma, anzi, desideroso di affrontarla. Confortandosi nel Signore, pregava fiducioso e ripeteva cantando quella parola del profeta: Infatti anche se dovessi camminare in mezzo all’ombra di morte, non temerò alcun male, perché tu sei con me. Partì, dunque, prendendo con sé un compagno, che si chiamava Illuminato ed era davvero illuminato e virtuoso. Appena si furono avviati, incontrarono due pecorelle, il Santo si rallegrò e disse al compagno: “Abbi fiducia nel Signore, fratello, perché si sta realizzando in noi quella parola del Vangelo: – Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi -”. Avanzarono ancora e si imbatterono nelle sentinelle saracene, che, slanciandosi come lupi contro le pecore, catturarono i servi di Dio e, minacciandoli di morte, crudelmente e sprezzantemente li maltrattarono, li coprirono d’ingiurie e di percosse e li incatenarono. Finalmente, dopo averli malmenati in mille modi e calpestati, per disposizione della divina provvidenza, li portarono dal Sultano, come l’uomo di Dio voleva. Quel principe incominciò a indagare da chi, e a quale scopo e a quale titolo erano stati inviati e in che modo erano giunti fin là. Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità. E predicò al Sultano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire. Anche il Sultano, infatti, vedendo l’ammirevole fervore di spirito e la virtù dell’uomo di Dio, lo ascoltò volentieri e lo pregava vivamente di restare presso di lui. Ma il servo di Cristo, illuminato da un oracolo del cielo, gli disse: “Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, dà ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: Io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa”. Ma il Sultano, a lui: “Non credo che qualcuno dei miei sacerdoti abbia voglia di esporsi al fuoco o di affrontare la tortura per difendere la sua fede”. (Egli si era visto, infatti, scomparire immediatamente sotto gli occhi, uno dei suoi sacerdoti, famoso e d’età avanzata, appena udite le parole della sfida). E il Santo a lui: “Se mi vuoi promettere, a nome tuo e a nome del tuo popolo, che passerete alla religione di Cristo, qualora io esca illeso dal fuoco, entrerò nel fuoco da solo. Se verrò bruciato, ciò venga imputato ai miei peccati; se, invece, la potenza divina mi farà uscire sano e salvo, riconoscerete Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio, come il vero Dio e signore, salvatore di tutti”. Ma il Sultano gli rispose che non osava accettare questa sfida, per timore di una sedizione popolare. Tuttavia gli offrì molti doni preziosi; ma l’uomo di Dio, avido non di cose mondane ma della salvezza delle anime, li disprezzò tutti come fango. Vedendo quanto perfettamente il Santo disprezzasse le cose del mondo, il Sultano ne fu ammirato e concepì verso di lui devozione ancora maggiore. E, benché non volesse passare alla fede cristiana, o forse non osasse, pure pregò devotamente il servo di Cristo di accettare quei doni per distribuirli ai cristiani poveri e alle chiese, a salvezza dell’anima sua. Ma il Santo, poiché voleva restare libero dal peso del denaro e poiché non vedeva nell’animo del Soldano la radice della vera pietà, non volle assolutamente accondiscendere” (Leggenda Maggiore, IX, 7-8).
E tutta la storia dell’Ordine Francescano testimonia del grande afflato missionario dei suoi membri nell’annunziare ai Musulmani, seguendo le orme del loro Patriarca, il Dio uno e trino e il Vangelo della salvezza.
Si pensi ai Protomartiri Francescani decapitati il 16 gennaio 1220, a Marrakesch dove San Francesco li aveva mandati a “a predicare, a confessare la fede [del Signore] e a combattere la legge di Maometto”. Ed anche l’Evangelico Dottore Sant’Antonio aveva in progetto di andare a convertire i Maomettani.
Inoltre grande fu l’ardore dell’Ordine Serafico per la guerra santa. Il primo Papa francescano, Niccolò IV (1288-1292), spese buona parte del pontificato nell’organizzare una Crociata. Ugualmente crociato – organizzò ben due spedizioni contro i Turchi – fu Papa Sisto IV (1471-1484) dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali.
E di Giovanni da Capestrano, Lorenzo da Brindisi e Marco d’Aviano, redimiti dell’aureola della santità, basta menzionare solo il nome per ricordare i trionfi di Belgrado (1456), Alba Reale (1609) e Vienna (1683). Prima di scrivere certe cose, quindi, che seppur vulgata e vulgata chiesastica e fratesca, sono falsità storiche è bene informarsi. Se proprio non lo si vuol fare per rispetto alla storia, lo si faccia almeno per rispetto al sangue di un Martire sassarese: quel Francesco Zirano, sacerdote dei Minori Conventuali di Santa Maria di Betlem scorticato vivo ad Algeri il 25 gennaio 1603.