Uno dei tanti falsi miti contemporanei è il presunto “tradizionalismo” di Hans Urs von Balthasar (esponente in realtà di un pensiero confuso e disastroso, di cui abbiamo già ampiamente parlato tra l’altro qui e qui).
Riprendiamo quindi – commentandoli – alcuni estratti di un articolo di padre Pietro Messa (Hans Urs von Balthasar e lo “spirito di Assisi”) pubblicato in Communio. Rivista Internazionale di Teologia e Cultura 203-204 (settembre-dicembre 2005), pp. 207-219. Si noti che questo numero celebrativo dei 100 anni dalla nascita del personaggio, vide la luce all’indomani dell’elezione di Ratzinger (fondatore della rivista) al Soglio Pontificio. Il neoeletto onorerà questo numero di un suo messaggio d’apertura.
Passiamo ora al testo di Messa, ricco di estratti di von Balthasar: in italico le citazioni, in grassetto i nostri commenti [ndRS]. Come fonte mediata abbiamo usato GliScritti.it. Le note rimandano direttamente al link.
Uno dei punti più controversi del pontificato di Giovanni Paolo II è il cosiddetto “spirito di Assisi”, ossia quel movimento che ha avuto inizio dalla storica giornata ecumenica e interreligiosa di pellegrinaggio, preghiera e digiuno per la pace svoltasi nella città di san Francesco il 27 ottobre 1986[1]. Si può dire che è come lo spartiacque dei giudizi sul suo pontificato: a causa di quel gesto egli è stato un grande o una rovina per la Chiesa.
[ndRS] Non c’è dubbio: tertium non datur. Fu aposasia.
[…] Le critiche vennero anche da altre chiese cristiane; così ancora nel settembre 1992, mentre ero in visita al Monastero ortodosso di San Saba nel deserto di Giuda in Israele, un monaco, sapendo che venivamo da Assisi, ci chiese della notizia di buddisti che avevano pregato in una chiesa collocando sull’altare la statua di Buddha: la notizia che il 27 ottobre 1986 alcuni buddisti sistemarono sull’altare della Chiesa di San Pietro in Assisi una reliquia di Buddha non rimase senza effetti[6]! C’è chi, accusando Giovanni Paolo II di aver tollerato «l’introduzione della statua di Budda presso l’altare della Chiesa di San Pietro (in Assisi) per essere venerata», legge l’attentato del 13 maggio 1981 come un atto della misericordia di Dio che voleva evitare tali apostasie alla Chiesa Cattolica[7].
[ndRS] Come si vede, “Pachamama presso gli altari” aveva precedenti significativi. Qui il video: [Video] Il Sinodo amazzonico? Era già pronto 33 anni fa.
[…] Per uscire da un certo equivoco creatosi attorno allo “spirito di Assisi” un aiuto importante è offerto, sia per autorevolezza che per la sua posizione, da Hans Urs von Balthasar in un suo scritto di commento a quella giornata[12]. Infatti a distanza di pochi giorni dall’incontro di Assisi e davanti alle diverse reazioni sia intra ecclesiali, che esterne, egli intervenne con un suo contributo dell’otto novembre 1986 dal titolo lapidario «Io e Assisi»[13]. L’autorevolezza di tale intervento rende plausibile una sua lettura evidenziandone gli aspetti fondamentali.
Innanzitutto egli riconosce la grandezza di quell’incontro:
Il mondo sente che in Assisi qualcosa di unico è avvenuto. Per la prima volta, in risposta al geniale suggerimento del nostro Santo Padre, si sono riuniti tutti gli uomini di preghiera. S’è trattato di qualcosa di tanto più grande di un gesto umanitario; ed hanno torto tutti coloro che hanno voluto limitarlo ad un piano puramente umano: sia quelli che hanno rimproverato il Papa di “massoneria”, come quelli che lo hanno esaltato per aver fatto di tutte le religioni un’unica.
Secondo il noto teologo di Basilea, quindi, quello avvenuto ad Assisi il 27 ottobre 1986 è «qualcosa di unico» nato dal «geniale suggerimento» di Giovanni Paolo II di invitare tutti gli uomini di preghiera a «qualcosa di tanto più grande di un gesto umanitario»; e ciò sempre secondo il noto teologo, «il mondo [lo] sente», in una sorta di sensum fidei che sa intuire le cose grandi.
[ndRS] Che qualcosa di unico sia avvenuto è fuori discussione. Giovanni Paolo II fece in un giorno ciò che la Massoneria non era riuscita a fare in quasi tre secoli. Che poi in quel giorno non si siano sciolte tutte le religioni (immediatamente) in un unico calderone, è ovvio: sarebbe stato semplicemente impossibile. Si noti, tra l’altro, che la riunione di Assisi ha compiuto atti specificamente condannati dalla Mortalium Animos di Pio XI e generalmente ripudiati dall’unanime Magistero della Chiesa.
[…] L’evento di Assisi 1986, come detto sopra, fu commentato criticamente dalle riviste tradizionaliste, e divenne un pretesto per lo scisma del 1988, anche se riferendosi a Lefebvre, Balthasar scriverà: «Quando egli si riferisce ad Assisi parlandone come di cosa “abominevole” e facendone il pretesto per il distacco da Roma, cade ancora una volta nel ridicolo»[18].
[ndRS] Qui Balthasar, vedendo implodere di fronte all’evidenza le (pseudo)ragioni dell’apostasia, cade nell’insulto. Ovviamente, ancora una volta, le sue idee confuse e velenose svanicono come fango in una palude, di fronte all’ortodossia cattolica in questo caso rappresentata da Mons. Lefebvre. Ma lo spettacolo continua:
[…] Secondo Balthasar proprio la chiara identità cristiana di Giovanni Paolo II testimonia la veridicità dell’incontro di Assisi:
Proprio da questa certezza muove anzi una strada sicura all’evento d’Assisi. Per il cristiano che crede è, infatti, un’eresia non riconoscere che Cristo sia morto per tutti gli uomini. Non sono tutti, a qualsiasi religione o visione del mondo appartengano, toccati dalla Grazia di Dio, qualora essi non la respingano volontariamente?
[ndRS] Qui siamo in una maionese impazzita di argomenti ad hominem, errori teologici di base (certo che Cristo è morto per tutti ma tutti devono convertirsi, non essere illusi da strampalate kermesse di poter continuare nell’errore).
[…] Ancor più profondamente. Tutti coloro che hanno pregato in Assisi non sono forse consapevoli di non essere l’assoluto e, dunque, che una Potenza superiore, che nessun uomo può chiamare con un nome adeguato, è sopra di loro? Una Potenza alla quale sono in un qualche modo debitori e alla quale si rivolgono in preghiera, potendo guardare verso l’Alto nella speranza e nell’offerta. Che lo voglia o meno, l’uomo è un “animal religiosum”, un “senso religioso” lo costituisce nel suo più profondo essere persino anche quando rifiuta tutte le religioni storiche come qualcosa di non adeguato, come qualcosa di estraneo agli uomini.
Quindi, per Balthasar, non è nella fede che va cercato l’elemento unificatore di Assisi, ma nel “senso religioso” che «costituisce [l’uomo] nel suo più profondo essere».
[ndRS] Frasi che si commentano da sole per chi abbia i primi rudimenti di catechismo.
[…] Balthasar continua:
Assisi non ha in alcun modo mostrato che le religioni sono un’unica religione ma ha chiarito con la massima evidenza che ve ne sono di molto diverse, ed ha anche voluto tener conto di questo con la massima meticolosità immaginabile. Tutti coloro che insieme hanno pregato l’hanno esattamente compreso. Nessuno ha inteso l’iniziativa come un atto propagandistico d’una determinata Chiesa.
[ndRS] Altre contraddizioni evidenti: oltre che con la realtà, interne a questo estratto, tra la prima e la seconda frase. Se nessuna ha da propagarsi in virtù della verità, sono tutte ugualmente false. Dunque sì: un’unica (falsa) religione.
[…] Quello che Balthasar ha offerto in questo suo intervento, non è soltanto una lettura in profondità di ciò che è avvenuto ad Assisi il 27 ottobre 1986, ma anche una visione unitaria del pontificato di Giovanni Paolo II; veramente, usando una sua espressione, ha saputo cogliere il tutto del pontificato di Giovanni Paolo II nel frammento nell’incontro di Assisi.
[ndRS] Non c’è dubbio.