Per dissipare alcuni dubbi su una tematica così importante come l’inerranza biblica, uno dei dogmi della nostra santa fede cattolica occultato se non negato dai modernisti, offriamo ai nostri Lettori il relativo capitolo (il II) del monumentale e adamantinamente chiaro De fontibus Revelationis – lo schema prodotto dalla commissione preparatoria presieduta dal Cardinale Ottaviani eigettato in Concilio dai novatori (appoggiati da Giovanni XXIII) – che fu sostituito dalla combattutissima e a tratti ambigua Dei Verbum approvata il 18 ottobre 1965.

7.[Ispirazione e canonicità della S. Scrittura]. Oltre che per la viva voce dei Profeti e degli Apostoli, Dio volle che la sua parola fosse trasmessa agli uomini e conservata più accuratamente anche nelle Sacre Scritture del Vecchio e del Nuovo Testamento, che costituiscono l’altra eccellente fonte della divina rivelazione (1). Questa è la Scrittura “divinamente ispirata” (2 Tm. 3,16), consegnata dagli Apostoli alla Chiesa cattolica e confessata e recepita solennemente (2) nel sacro canone, ad uso perpetuo della medesima Chiesa, perché adempia al compito suo proprio di insegnare, a guida della vita cristiana e per la salvezza di tutti gli uomini.

8.[Definizione e natura propria dell’ispirazione]. Per comporre la divina Scrittura, Dio stesso eccitò interiormente e mosse a scrivere alcuni scrittori sacri o agiografi e li assistette anche mentre scrivevano affinché concepissero rettamente con la mente e mettessero fedelmente per iscritto tutte quelle cose e quelle sole che voleva lo stesso Autore primario delle Scritture (3). L’ispirazione biblica, infatti, secondo la costante dottrina della Chiesa, è un dono (chàrisma) speciale per scrivere, con il quale Dio, operando nell’agiografo e per mezzo dell’agiografo, parla agli uomini mediante lo scritto e perciò Egli è detto ed è veramente l’autore principale di tutto il sacro testo. Invece l’agiografo, nel comporre il libro, è “organon” o strumento
dello Spirito Santo, strumento vivo e dotato di ragione, la cui indole personale e quelle che possono definirsi le sue caratteristiche specifiche si possono perciò dedurre dal libro sacro (4). Pertanto a buon diritto la Chiesa riprova totalmente qualsiasi tentativo di sminuire la natura dell’Ispirazione, ed in particolar modo il tentativo di ridurre in qualsiasi maniera questo congiunto e soprannaturale modo di scrivere di Dio e dell’uomo ad un impulso puramente naturale o ad un’esaltazione dell’animo (5).

9.[Più autori umani]. Dio è l’unico Autore primario di tutti e singoli i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento in qualsiasi tempo scritti; invece gli autori umani furono diversi nel decorso dei secoli, sino al completamento della rivelazione, ed anzi l’identico libro ebbe talvolta due o più autori. I quali tutti, secondo la dottrina della Chiesa, devono ritenersi ministri della parola divina da mettere per iscritto, assunti dallo Spirito Santo.

10.[L’ispirazione personale dell’agiografo e la comunità]. Del pari, come risulta dalla Scrittura stessa (cf. 2 Pt. 1, 21) e dall’ insegnamento costante della Chiesa, il carisma della sacra Ispirazione fu personale ed esclusivo degli agiografi scelti da Dio e da lui guidati, e non un carisma comune o comunicato all’insieme dei fedeli. Per divina provvidenza, l’origine del libro sacro e il libro stesso sono talmente coerenti con gli eventi e la vita della comunità civile e religiosa nella quale l’autore viveva che da essi si possono meglio comprendere sia il libro che la sua origine.

11.[Ampiezza dell’Ispirazione]. Ugualmente, poiché Dio stesso, mediante l’effusione del suo Spirito, è l’Autore di tutta la Scrittura sacra e come lo scrittore, per mano dell’agiografo, di tutto ciò che in essa si trova, ne consegue che tutte e singole le parti dei libri sacri, anche minime, sono ispirate(6). Quindi, tutto ciò che viene enunciato dall’agiografo deve ritenersi enunciato dallo Spirito Santo.

12.[L’inerranza quale corollario dell’Ispirazione]. Dal fatto che la divina ispirazione si estende a tutto ne consegue in maniera diretta e necessaria l’immunità assoluta da errore di tutta la Sacra Scrittura. Dall’antica e costante fede della Chiesa, infatti, apprendiamo che non è assolutamente lecito ammettere che lo scrittore sacro si sia sbagliato, perché l’Ispirazione divina per se stessa esclude qualsiasi errore sia nelle cose religiose che in quelle profane per quella stessa necessità per cui Dio, somma Verità, non può essere autore di nessun errore (7).

13.[In che modo si deve discernere l’inerranza]. Tuttavia quest’inerranza si deve discernere dal modo nel quale è esposta la verità nel libro sacro. Siffatto modo appare anzitutto dall’indole generale del libro, sulla quale, in caso di dubbio, il giudizio definitivo compete esclusivamente alla Chiesa. Infatti la verità viene espressa in modo diverso in un libro storico o didattico e in modo diverso in un libro profetico, poetico, allegorico, parabolico. Per ciò che concerne i singoli argomenti, è necessario che il modo di esporre la verità sia colto anche dal senso che in determinate circostanze l’agiografo espresse secondo la condizione del proprio tempo (8). Infatti il senso certo della Sacra Scrittura, ossia ciò che l’autore volle realmente significare scrivendo, in più di una circostanza non si comprende rettamente se non si considerano convenientemente i consueti locali modi di pensare, dire o narrare in uso al tempo degli agiografi e che allora erano abituali nei rapporti umani (9). Allorché dunque, fatte salve l’ autorità e la santità della Sacra Scrittura, tutti questi modi [di pensare e di esprimersi] si ritrovano anche nel divino eloquio, manifestato per gli uomini con modi e parole umani (10), non devono esser accusati di errore più di quanto possano esserlo modi simili ed uguali che si impiegavano, ed anzi si impiegano, nell’uso quotidiano, e perciò essi non pregiudicano minimamente l’ autorità e la santità della Sacra Scrittura.

14.[La condiscendenza divina]. Tutto ciò, fatte sempre salve la verità e la santità di Dio, rende manifesta la condiscendenza dell’eterna Sapienza nel rivestire la sua parola divina di segni e parole umane e nel farla conoscere agli uomini, così come è accaduto nel Verbo Unigenito del Padre, il quale, assunta la carne dell’umana debolezza, volle essere simile a noi in tutto eccetto che nel peccato (cf. Eb. 4, 15) (11) e nell’ignoranza.


Note al cap. II
(1) Leone XIII, Lett. Enc. Providentissimus Deus, 18 novembre 1893: EB 82.
(2) CONC. TRID., Sess. IV.
(3) Leone XIII, Lett. Enc. Providentissimus Deus: Denz. 1952.
(4) Pio XII Lett. Enc. Divino afflante: EB 556.
(5) S. Pio X Decr. Lamentabili, 3.7.1907 e Lett. Encicl. Pascendi, 7 settembre 1907; Denz. 2009-2010 e 2090; EB 200-201 e 272-273. Cf. anche CONC. VAT. I, ibid., Denz. 1787; EB 77; Leone XIII, Lett. Enc. Providentissimus Deus; Denz. 1952, EB 125.
(6) Cf. PONT. COMM. BIBL., Decr. 18.6.1915: Denz. 2180; EB 420; S.C.S. Uffizio, epist. 22 dic. 1923, EB 499.
(7) Pio XII, Lett. Encicl. Divino afflante: EB 539, con la citazione di Leone XIII, lett. Enc. Providentissimus Deus, Denz. 1950: EB 124. Vedi inoltre: EB 44,46,125,420,463 etc.
(8) S. Agostino De doctrina christiana, III, 18,26: PL, 34,75,76.
(9) Pio XII, Lett. Encicl. Divino afflante: Denz. 2294; EB 558-562.
(10) “Parla per l’uomo al modo degli uomini”: S. Agostino De Civitate Dei, XVII, 6-2: PL 41, 537: Cf. PONT. COMM. BIBL., lett. 16.1.1948: Denz. 2302: EB 581.
(11) Pio XII, Lett. Encl. Divino Afflante: Denz. 2294; EB 559.


da sì sì no no Anno XXVII n. 18 31 Ottobre 2001