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Titolo originale: La Misa en el idioma propio de la región: fruto del racionalismo – Monseñor Lefebvre.
Traduzione nostra.

Un esempio della penetrazione del razionalismo nella nuova liturgia è che si pretende precisamente che i fedeli comprendano tutto. Il razionalismo non accetta che ci sia qualcosa che non possa essere compreso. Tutto deve essere giudicato dalla ragione.
Certo, durante i nostri atti liturgici ci sono molte persone che non capiscono il latino, la lingua sacra o le preghiere che vengono dette a bassa voce, perché il sacerdote si trova di fronte al crocifisso e i fedeli non vedono ciò che fa, né possono seguire tutti i tuoi gesti. C’è un certo mistero.
È vero che c’è un mistero e una lingua sacra, ma sebbene i fedeli non capiscano il mistero, la consapevolezza del mistero di Nostro Signore è per loro molto più profittevole che ascoltare ad alta voce e nella loro lingua l’intera massa.
Innanzitutto, anche nella lingua stessa, alcuni testi sono spesso difficili; a volte è difficile capire le verità. La mancanza di attenzione deve essere presa in considerazione; le persone si distraggono, ascoltano un po’, capiscono una frase e poi niente … Non possono seguirla o capire tutto. Le stesse persone si lamentano che si stancano quando parlano tutto il tempo ad alta voce; non possono essere raccolti se non per un momento.
La preghiera, prima di tutto, è un’azione spirituale, come Nostro Signore disse alla samaritana: “I veri adoratori che mio Padre chiede sono quelli che lo adorano in ispirito e verità”. La preghiera è più interiore che esteriore. Se c’è una preghiera esteriore è per favorire la preghiera interiore della nostra anima, la preghiera spirituale, elevazione della nostra anima a Dio.
Il 7 marzo 1965, Papa Paolo VI [dichiarò] alla moltitudine di fedeli riuniti in Piazza San Pietro (…): “È un sacrificio che la Chiesa ha compiuto della propria lingua, il latino; lingua sacra, grave, bella, estremamente espressiva ed elegante. Ha sacrificato tradizioni di secoli e soprattutto sacrifica l’unità di linguaggio nei vari popoli, in omaggio a questa maggiore universalità”*.
E il 4 maggio 1967, il “sacrificio” fu compiuto attraverso l’Istruzione Tres abhinc annos che stabilì l’uso del vernacolo per la recita ad alta voce del Canone della Messa.
Quel “sacrificio”, nello spirito di Paolo VI, sembra essere stato definitivo. Lo spiega ancora il 26 novembre 1969, quando presenta il nuovo rito della Messa: ” Non più il latino sarà il linguaggio principale della Messa, ma la lingua parlata. Per chi sa la bellezza, la potenza, la sacralità espressiva del latino, certamente la sostituzione della lingua volgare è un grande sacrificio: perdiamo la loquela dei secoli cristiani, diventiamo quasi intrusi e profani nel recinto letterario dell’espressione sacra, e così perderemo grande parte di quello stupendo e incomparabile fatto artistico e spirituale, ch’è il canto gregoriano. Abbiamo, sì, ragione di rammaricarci” (…) [Comunque], ” a risposta pare banale e prosaica; ma è valida; perché umana, perché apostolica. Vale di più l’intelligenza della preghiera, che non le vesti seriche e vetuste di cui essa s’è regalmente vestita; vale di più la partecipazione del popolo, di questo popolo moderno saturo di parola chiara, intelligibile, traducibile nella sua conversazione profana. Se il divo latino tenesse da noi segregata l’infanzia, la gioventù, il mondo del lavoro e degli affari, se fosse un diaframma opaco, invece che un cristallo trasparente, noi, pescatori di anime, faremmo buon calcolo a conservargli l’esclusivo dominio della conversazione orante e religiosa?”.


Nota: Per “razionalismo” intendiamo l’errore che consiste nel giudicare le realtà solo secondo l’ordine della ragione, prendendo come principio supremo l’ordine naturale, accessibile alla ragione. Il razionalismo rifiuta ciò che rivela l’ordine soprannaturale: mistero, miracoli, ecc. e giudica e comprende tutto solo in base all’intelligenza umana.

* Nota di Radio Spada. Il testo completo del discorso di Paolo VI pronunziato all’Angelus del 7 marzo 1965: “Questa domenica segna una data memorabile nella storia spirituale della Chiesa, perché la lingua parlata entra ufficialmente nel culto liturgico, come avete già visto questa mattina. La Chiesa ha ritenuto doveroso questo provvedimento – il Concilio lo ha suggerito e deliberato – e questo per rendere intelligibile e far capire la sua preghiera. Il bene del popolo esige questa premura, sì da rendere possibile la partecipazione attiva dei fedeli al culto pubblico della Chiesa. È un sacrificio che la Chiesa ha compiuto della propria lingua, il latino; lingua sacra, grave, bella, estremamente espressiva ed elegante. Ha sacrificato tradizioni di secoli e soprattutto sacrifica l’unità di linguaggio nei vari popoli, in omaggio a questa maggiore universalità, per arrivare a tutti. E questo per voi, fedeli, perché sappiate meglio unirvi alla preghiera della Chiesa, perché sappiate passare da uno stato di semplici spettatori a quello di fedeli partecipanti ed attivi e se saprete davvero corrispondere a questa premura della Chiesa, avrete la grande gioia, il merito e la fortuna di un vero rinnovamento spirituale. E noi pregheremo ancora la Madonna, la pregheremo ancora in latino per ora, perché ci dia questo desiderio della vita spirituale attiva e autentica e ci dia questo risvegliato senso della comunità, della fraternità, della collettività che prega insieme, del popolo di Dio, perché allora avremo certamente assicurati a noi i vantaggi di questa grande riforma liturgica”.