«ERO CRAS» (Verrò domani) è l’acrostico che si forma dalle iniziali delle sette Antifone – le Antifone maggiori – che la Chiesa Romana canta ai Vespri delle Ferie maggiori (17-23 dicembre). Proponiamo ai Lettori il commento che di queste meravigliose Antifone fa l’abate Gueranger.
La Chiesa apre oggi la serie settenaria dei giorni che precedono la Vigilia di Natale, e che sono celebrati nella Liturgia con il nome di Ferie maggiori. L’Ufficio ordinario dell’Avvento assume maggiore solennità; le Antifone dei Salmi, alle Laudi e alle Ore del giorno, sono proprie del tempo e hanno un rapporto diretto con la grande Venuta. Tutti i giorni, ai Vespri, si canta una grande Antifona che è un grido verso il Messia e nella quale gli si dà ogni giorno qualcuno dei titoli che gli sono attribuiti nella Scrittura. Il numero di queste Antifone, che sono dette volgarmente antifone O dell’Avvento, perché cominciano tutte con questa esclamazione è di sette nella Chiesa romana, una per ciascuna delle sette Ferie maggiori, e si rivolgono tutte a Gesù Cristo. […] Il momento scelto per far ascoltare questo sublime appello alla carità del Figlio di Dio è l’ora dei Vespri, perché è alla sera del mondo, vergente mundi vespere, che è venuto il Messia. Si cantano al Magnificat, per denotare che il Salvatore che aspettiamo ci verrà da Maria. Si cantano due volte, prima e dopo il Cantico, come nelle feste Doppie, in segno della maggiore solennità; ed era anche antica usanza di parecchie Chiese cantarle tre volte, cioè prima del Cantico stesso, prima del Gloria Patri e dopo il Sicut erat. Infine, queste meravigliose Antifone che contengono tutto il midollo della Liturgia dell’Avvento, sono adorne d’un canto armonioso e pieno di gravità, e le diverse Chiese hanno conservato l’usanza di accompagnarle con una pompa tutta speciale, le cui manifestazioni sempre espressive variano secondo i luoghi. Entriamo nello Spirito della Chiesa e riceviamole per unirci, con tutta l’effusione del nostro cuore, alla stessa santa Chiesa, allorché fa sentire al suo Sposo questi ultimi e teneri inviti ai quali egli infine si arrende.
17 dicembre – I ANTIFONA
“O Sapiéntia, quæ ex ore Altíssimi prodiísti, attíngens a fine usque ad finem, fórtiter suavitérque dispónens ómnia: veni ad docéndum nos viam prudéntiæ”
O Sapienza, che sei uscita dalla bocca dell’Altissimo, che attingi l’uno e l’altro estremo, e disponi di tutte le cose con forza e dolcezza: vieni ad insegnarci le vie della prudenza.
O Sapienza increata che presto ti renderai visibile al mondo, come si vede bene in questo momento che tu disponi tutte le cose! Ecco che, con il tuo divino permesso, è stato emanato un editto dell’imperatore Augusto per fare il censimento dell’universo. Ognuno dei cittadini dell’Impero deve farsi registrare nella sua città d’origine. Il principe crede nel suo orgoglio di aver mosso a suo vantaggio tutto il genere umano. Gli uomini si agitano a milioni sul globo, e attraversano in ogni senso l’immenso mondo romano; pensano di obbedire a un uomo, e obbediscono invece a Dio. Tutto quel grande movimento non ha che uno scopo: di condurre cioè a Betlemme un uomo e una donna che hanno la loro umile dimora in Nazareth di Galilea, perché quella donna sconosciuta dagli uomini e amata dal cielo, giunta al termine del nono mese dalla concezione del suo figliuolo, dia alla luce a Betlemme il figlio di cui il Profeta ha detto: «La sua origine è fin dai giorni dell’eternità; o Betlemme, tu non sei affatto la più piccola fra le mille città di Giuda, poiché da te appunto egli uscirà». O sapienza divina, quanto sei forte, per giungere così ai tuoi fini in un modo insuperabile per quanto nascosto agli uomini! Quanto sei dolce, per non fare tuttavia alcuna violenza alla loro libertà! Ma quanto sei anche paterna nella tua premura per i nostri bisogni! Tu scegli Betlemme per nascervi, perché Betlemme significa la Casa del Pane. Ci mostri con ciò che tu vuoi essere il nostro Pane, il nostro nutrimento, il nostro alimento di vita. Nutriti d’un Dio, d’ora in poi non morremo più. O Sapienza del Padre, Pane vivo disceso dal cielo, vieni presto in noi, affinché ci accostiamo a te, e siamo illuminati dal tuo splendore; e dacci quella prudenza che conduce alla salvezza.
18 dicembre – II ANTIFONA
” O Adonái et Dux domus Israël, qui Móysi in igne flammæ rubi apparúisti, et ei in Sina legem dedísti: veni ad rediméndum nos in brácchio exténto”
O Adonai, Signore, capo della casa d’Israele, che sei apparso a Mosè nella fiamma del roveto ardente e gli hai dato la legge sul Sinai, vieni a riscattarci nella forza del tuo braccio.
O Supremo Signore, Adonai, vieni a riscattarci, non più nella tua potenza, a nella tua umiltà. Una volta ti sei manifestato a Mosè, tuo servo, in mezzo ad una divina fiamma; hai dato la Legge al tuo popolo tra fulmini e lampi. Ora non è più tempo di spaventare, ma di salvare. Per questo la tua purissima Madre Maria, conosciuto, al pari dello sposo Giuseppe, l’editto dell’Imperatore che li obbligherà ad intraprendere il viaggio di Betlemme, si occupa dei preparativi della tua prossima nascita. Dispone per te, o divino Sole, gli umili panni che copriranno la tua nudità, e ti ripareranno dal freddo in questo mondo che tu hai fatto, nell’ora in cui apparirai nel profondo della notte e del silenzio. Così ci libererai dalla servitù del nostro orgoglio, e il tuo braccio si farà sentire più potente quando sembrerà più debole e più immobile agli occhi degli uomini. Tutto è pronto, o Gesù! I tuoi panni ti attendono. Parti dunque presto e vieni a Betlemme, a riscattarci dalle mani del nostro nemico.
19 dicembre – III ANTIFONA
” O radix Iesse qui stas in signum populórum, super quem continébunt reges os suum, quem gentes deprecabúntur: veni ad liberándum nos, iam noli tardáre”
O rampollo di Jesse, che sei come uno stendardo per i popoli; davanti
la quale i re ammutoliranno e le genti offriranno le loro preghiere: vieni a liberarci, e non tardare.
Eccoti dunque in cammino, o Figlio di Jesse, verso la città dei tuoi avi. L’Arca del Signore s’è levata ed avanza, con il Signore che è in essa, verso il luogo del suo riposo. «Quanto sono belli i tuoi passi, o Figlia del Re, nello splendore dei tuoi calzari» (Cant. 7, 1), quando vieni a portare la salvezza alle città di Giuda ! Gli Angeli ti scortano, il tuo fedele Sposo ti circonda di tutta la sua tenerezza, il cielo si compiace in te, e la terra trasalisce sotto il dolce peso del suo Creatore e della sua augusta Regina. Avanza, o Madre di Dio e degli uomini, Propiziatorio onnipotente in cui è racchiusa la divina Manna che preserva l’uomo dalla morte! I nostri cuori ti seguono e ti accompagnano, e al seguito del tuo Regale antenato, giuriamo «di non entrare nella nostra casa, di non salire sul nostro letto, di non chiudere le nostre palpebre e di non concederci riposo fino a quando non abbiamo trovato nei nostri cuori una dimora per il Signore che tu porti, una tenda per il Dio di Giacobbe». Vieni dunque, così velato sotto i purissimi fianchi dell’Arca santa, 0 rampollo di Jesse, finché ne uscirai per risplendere agli occhi del popolo, come uno stendardo di vittoria. Allora i re vinti taceranno dinanzi a te, e le genti ti rivolgeranno i loro omaggi. Affrettati, o Messia; vieni a vincere tutti i nostri nemici, e liberaci!
20 dicembre – IV ANTIFONA
“O clavis David et sceptrum domus Israël; qui áperis, et nemo claudit; claudis, et nemo áperit: veni, et educ vinctum de domo cárceris, sedéntem in ténebris, et umbra mortis”
O chiave di David e scettro della casa d’Israele, che apri, e nessuno può chiudere; che chiudi, e nessuno può aprire: vieni e trai dalla prigione il misero che giace nelle tenebre e nell’ombra della morte.
O figlio di David, erede del suo trono e della sua potenza, tu percorri, nella tua marcia trionfale, una terra sottomessa un tempo al tuo avo, e oggi asservita dai Gentili. Riconosci da ogni parte, sul tuo cammino, tanti luoghi testimoni delle meraviglie della giustizia e della misericordia di Dio tuo Padre verso il suo popolo, nel tempo di quell’antica Alleanza che volge verso la fine. Presto, tolta la virginea nube che ti ricopre, intraprenderai nuovi viaggi su quella stessa terra, vi passerai beneficando e guarendo ogni languore ed ogni infermità, e tuttavia senza avere dove posare il capo. Oggi almeno il seno materno ti offre ancora un asilo dolce e tranquillo nel quale non ricevi che le testimonianze dell’amore più tenero e più rispettoso. Ma, o Signore, bisogna che tu esca da quel beato ritiro; bisogna che tu, o Luce eterna, risplenda in mezzo alle tenebre, poiché il prigioniero che sei venuto a liberare languisce nella sua prigione. Egli giace nell’ombra della morte, e vi perirà se non vieni prontamente ad aprirne le porte con la tua Chiave onnipotente! Il prigioniero, o Gesù, è il genere umano, schiavo dei suoi errori e dei suoi vizi. Vieni a spezzare il giogo che l’opprime e lo degrada! Il prigioniero è il nostro cuore troppo spesso asservito a tendenze che esso sconfessa. Vieni, o divino Liberatore, a riscattare tutto ciò che ti sei degnato di rendere libero con la tua grazia, e a risollevare in noi la dignità di fratelli tuoi.
21 dicembre – V ANTIFONA
“O Óriens splendor lucis ætérnæ, et sol iustítiæ: veni, et illúmina sedéntes in ténebris, et umbra mortis”
O Oriente, splendore della luce eterna! Sole di giustizia! vieni, ed illumina coloro che giacciono nelle tenebre e nell’ombra della morte!
O divin Sole, o Gesù, tu vieni a strapparci alla notte eterna: sii per sempre benedetto 1 Ma come provi la nostra fede, prima di risplendere ai nostri occhi in tutta la tua magnificenza! Come ti compiaci di velare i tuoi raggi, fino all’istante segnato dal Padre tuo celeste, nel quale devi effondere tutti i tuoi fuochi! Ecco che attraversi la Giudea, ti avvicini a Gerusalemme, e il viaggio di Maria e Giuseppe volge al termine. Sul cammino, incontri una moltitudine di uomini che vanno in tutte le direzioni, e che si recano ciascuno alla sua città d’origine per soddisfare all’Editto del censimento. Di tutti quegli uomini nessuno pensa che tu gli sia vicino, o divino Oriente! Maria, Madre tua, è ritenuta una donna comune; tutt’al più, se notano la maestà e la modestia incomparabile dell’augusta regina, sentiranno vagamente lo stridente contrasto fra la suprema dignità e l’umile condizione; ma hanno presto dimenticato quel felice incontro. Se guardano con tanta indifferenza la madre, rivolgeranno forse un pensiero al figlio ancora racchiuso nel suo seno? Eppure quel figlio sei tu stesso, o Sole di giustizia! Accresci in noi la Fede, ma accresci anche l’amore. Se quegli uomini ti amassero, o liberatore dell’universo, tu ti faresti sentire ad essi; i loro occhi non ti vedrebbero ancora, ma almeno s’accenderebbe loro il cuore nel petto, ti desidererebbero e solleciterebbero il tuo arrivo con i loro voti e i loro sospiri. O Gesù, che attraversi così quel mondo che tu hai fatto, e che non forzi l’omaggio delle tue creature, noi vogliamo accompagnarti per il resto del tuo viaggio; baciamo sulla terra le orme benedette dei passi di colei che ti porta nel seno, e non vogliamo lasciarti fino a quando non siamo arrivati con te alla dolce Betlemme, a quella Casa del Pane in cui finalmente i nostri occhi ti vedranno, o Splendore eterno, nostro Signore e nostro Dio.
22 dicembre – VI ANTIFONA
“O Rex géntium, et desiderátus eárum, lapísque anguláris, qui facis útraque unum: veni, et salva hóminem, quem de limo formásti”
O re delle genti, oggetto dei loro desideri! Pietra angolare che riunisci
in te i due popoli ! Vieni e salva l’uomo che hai formato dal fango.
O Re delle genti! Tu ti avvicini sempre più a quella Betlemme in cui devi nascere. Il viaggio volge al termine, e la tua augusta Madre, che il dolce peso consola e fortifica, conversa senza posa con te lungo il cammino. Adora la tua divina maestà e ringrazia la tua misericordia; si rallegra d’essere stata scelta per la sublime missione di servire da Madre a un Dio. Brama e teme insieme il momento in cui finalmente i suoi occhi ti contempleranno. Come potrà renderti i servigi degni della tua somma grandezza, quando si ritiene l’ultima delle creature? Come ardirà sollevarti fra le braccia, stringerti al cuore, allattarti al suo seno mortale? Eppure, quando pensa che si avvicina l’ora in cui, senza cessare d’essere suo figlio, uscirai da lei ed esigerai tutte le cure della sua tenerezza, il suo cuore vien meno e mentre l’amore materno si confonde con l’amore che porta verso Dio, è sul punto di spirare in quella lotta troppo impari della fragile natura umana contro i più forti e i più potenti di tutti gli affetti riuniti in uno stesso cuore. Ma tu la sostieni, o Desiderato delle genti, perché vuoi che giunga al felice termine che deve dare alla terra il suo Salvatore, e agli uomini la Pietra angolare che li riunirà in una sola famiglia. Sii benedetto nelle meraviglie della tua potenza e della tua bontà, o divino Re, e vieni presto a salvarci, ricordandoti che l’uomo ti è caro poiché l’hai formato con le tue stesse mani. Oh, vieni, poiché l’opera tua è degenerata, è caduta nella perdizione, e la morte l’ha invasa: riprendila nelle tue potenti mani, rifalla, salvala, perché l’ami sempre, e non arrossisci della tua creazione.
23 dicembre – VII ANTIFONA
“O Emmánuel, Rex et légifer noster, exspectátio géntium, et Salvátor eárum: veni ad salvándum nos, Dómine, Deus noster”
O Emmanuele, nostro Re e nostro Legislatore, attesa delle genti e loro
salvatore, vieni a salvarci. Signore Dio nostro!
O Emmanuele, Re della Pace, tu entri oggi in Gerusalemme, la città da te scelta, perché è là che hai il tuo Tempio. Presto vi avrai la tua Croce e il tuo Sepolcro, e verrà il giorno in cui costituirai presso di essa il tuo terribile tribunale. Ora tu penetri senza rumore e senza splendore in questa città di David e di Salomone. Essa non è che il luogo del tuo passaggio, mentre ti rechi a Betlemme. Tuttavia Maria Madre tua e Giuseppe, suo sposo, non l’attraversano senza salire al Tempio per offrire al Signore i loro voti e i loro omaggi; e si compie allora, per la prima volta, l’oracolo del Profeta Aggeo il quale aveva annunciato che la gloria del secondo Tempio sarebbe stata maggiore di quella del primo. Quel Tempio, infatti, si trova in questo momento in possesso d’un’Arca d’Alleanza molto più preziosa di quella di Mosè, e soprattutto non paragonabile a nessun altro santuario e anche al cielo, per la dignità di Colui che essa racchiude. Vi è il Legislatore stesso, e non più soltanto la tavola di pietra su cui è scritta la Legge. Ma presto l’Arca
vivente del Signore discende i gradini del Tempio, e si dispone a partire per Betlemme, dove la chiamano altri oracoli. Noi adoriamo, o Emmanuele, tutti i tuoi passi attraverso questo mondo, e ammiriamo con quanta fedeltà osservi quanto è stato scritto di te, affinché nulla manchi ai caratteri di cui devi essere dotato, o Messia, per essere riconosciuto dal tuo popolo. Ma ricordati che sta per suonare l’ora, tutto è pronto per la tua Natività, e vieni a salvarci. Vieni, per essere chiamato non più soltanto Emmanuele, ma Gesù, cioè Salvatore.
(Dom Prosper Gueranger, L’Anno Liturgico. Volume I. Avvento-Natale-Quaresima-Passione, Alba, 1956, pp. 308-312, 314-317)