di Charlie Bunga Banyangumuka

Con la crisi attuale del Modernismo, sempre più anime, scontente del nuovo rito e delle derive rahneriane di buona parte dei vertici ecclesiastici, guardano con simpatia ad Oriente, ai cosiddetti ortodossi, i quali da un millennio negano alcune delle più basilari verità di Fede testificate dalla Scrittura, dai Padri e dalla Tradizione.
Il loro perpetuo assedio alla Cattedra di Pietro si appoggia inoltre a fatti menzogneri e bugiardi circa il comportamento dei cattolici nei loro confronti.
Una di queste menzogne riguarda il martirio, o presunto tale, di alcuni “santi” che loro venerano come martiri dello scisma contro il Papato.
“San” Pietro l’Aleuta è uno di questi casi.
Le vicende di questo giovane aleuta (tribù pellerossa) si svolgono nell’Alaska del XIX, precisamente nel 1815, territorio allora conteso fra l’Impero Spagnolo, ormai in decadenza, e l’Impero Russo, che aveva molti interessi nell’area.
Cungagnaq, questo il nome del giovane, venne battezzato dagli scismatici della missione “Sant’Ermanno”. Come molti, era dedito alla caccia.
Secondo il racconto, egli venne catturato durante una battuta illegale nei territori spagnoli e portato alla missione di san Pedro dove, fra le varie cose, gli venne chiesto di farsi cattolico. Pietro rifiutò e per questo venne torturato e sventrato dai Gesuiti, adiuvati da naviti locali
Dov’è l’errore?
Prima di tutto, non esistevano  missioni a San Pedro.
Secondo: il racconto, redatto dall’abate Symeon Ivanovich Yanovsky, è basato su pesanti incongruenze. I Gesuiti nel 1814 erano stati appena ricostituiti con la bolla “Sollicitudo omnium ecclesiarum” di Papa Pio VII. Molti, a difesa del racconto, obiettano che il cronista possa essersi confuso con altri ordini religiosi.
Orbene, anche questa è un’obiezione fallace poiché in Russia i Gesuiti sopravvissero alla soppressione, occupando i loro soliti posti che avevano prima della lettera apostolica “Dominus ac Redemptor” .
Infine, l’abate asserisce di aver subito comunicato il fatto ai suoi superiori ma la prima menzione che egli ne fa è nella lettera all’Ufficio centrale della compagnia russa, datata 15 febbraio 1820.
Insomma, Pietro – ammesso e non concesso sia realmente esistito – fu vittima di un tragico interrogatorio per caccia di frodo finito male.
Ma la sua tremenda vicenda non autorizza i nemici della Chiesa, colpevoli tante volte di simili atrocità contro i credenti, ad impugnare le loro vite per combattere la loro vana battaglia contro il Cattolicesimo.