di Giuliano Zoroddu

Nel mentre scriviamo queste modeste righe il circo modernista celebra a modo suo la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che non più destinata ad impetrare che “i Cristiani che si sono dolorosamente allontanati dalla Chiesa Cattolica [torinono] ad essa, come ad una madre da loro abbandonata” (Benedetto XV, Breve Romanorum Pontificum) diventa l’annuale “festival” ufficiale dell’esecrabile e più volte condannato ecumenismo, di quel dialogo con gli acattolici che porta, come ammoniva Pio XI ad una “falsa religione cristiana, assai lontana dall’unica Chiesa di Cristo” (Mortalium animos).
Pertanto, con spirito “controrivoluzionario”, abbiamo deciso di dedicare la presente puntata delle Glorie del Cardinalato ad un Cardinale che dall’eresia calvinista, grazie alla Compagnia di Gesù, ritornò alla Chiesa Romana per la cui difesa e propagazione nella sua patria tanto si spese e della quale fu creato Vescovo e Cardinale: Jerzy (Giorgio) Radziwiłł.
Il Nostro nacque il 31 maggio 1556 a Plac Łukiski (nelle vicinanze di Vilnius) nell’allora Granducato di Lituania, figlio del nobile Mikołaj Krzysztof Radziwiłł il Nero, fervente calvinista – era in contatto epistolare con lo stesso Calvino – principe del Sacro Romano Impero per nomina di Carlo V e cortigiano di Sigismondo II Augusto . Si formò a Lipsia fra il 1571 e il 1573. Sempre nel 1573 fece parte della legazione polacco-lituana in Francia per notificare ad Enrico di Valois, allora Duca d’Angiò (in seguito Enrico III di Francia) la sua elezione a Re dei polacchi e dei lituani.
Il 1574 è l’anno cruciale, l’anno in qui riscatta l’onta dell’eresia paterna abiurando, l’11 aprile, l’eresia e rientrando nel seno della Chiesa Romana. Lo stesso anno fu richiesto da Walerian Protasewicz come suo coadiutore nel Vescovado di Vilnius, il che fu concesso da Gregorio XII il 18 dicembre a patto che il giovane, non ancora insignito di alcun ordine, si portasse a Roma per istruirsi nelle sacre discipline; il che avvenne e con ottimi risultati. Jerzy ed il fratello minore (convertitosi anch’egli) furono dal papa affidati alla direzione spirituale dell’ottimo padre gesuita padovano Achille Gagliardi. Oltre agli studi romani, si deve registrare negli stessi anni anche il pio pellegrinaggio a Santiago de Compostela.
Non ancora sacerdote – avrebbe ricevuto l’ordinazione sacerdotale e la consacrazione episcopale solamente nel 1583 – il 31 dicembre 1579 assume la carica di Vescovo di Vilnius, brillando grandemente, come ci informa il Moroni per lo zelo della ortodossia: “Si adoperò con tutto l’impegno perché la città di Vilna e la diocesi fossero immuni dal contagio dell eresia da cui coll’efficacia di sue esortazioni ritirò molti eterodossi, con coraggio purgando una libreria dai libri contenenti dottrine eretiche che bruciò alla presenza dei primari settari [anche contro la prudenza del re, ndr]. Ebbe pure sotto la sua giurisdizione la Livonia ricuperata dai moscoviti della quale da re Stefano fu fatto viceré con immenso vantaggio del Cattolicismo, abbracciato da parecchi eretici. Provvide alla pudicizia delle povere vergini e vedove insidiate dai novatori con fondar monasteri e luoghi pii, dotandoli largamente […] Ai ruteni scismatici di sua giurisdizione diè facoltà di tornare alla comunione della Chiesa o di andarsene e perdere i propri beni ed agli ebrei distrusse le sinagoghe” [1]. Ne ricaviamo un ritratto che potremmo paragonare e soprattutto contrapporre all’operato (nefasto) di altri polacchi, ma non è questo il luogo per tali paragoni.
Nel concistoro del 12 dicembre 1583 Gregorio XIII, riconoscendo l’alto valore del suo apostolato, lo creò Cardinale Prete di San Sisto. Sisto V poi, il 9 agosto del 1591, lo trasferì alla chiesa di Cracovia nella quale fece il suo ingresso l’anno seguente, tenendovi un Sinodo e pubblicandovi i Decreti del Concilio di Trento.
Durante i pontificati del suddetto Sisto V, di Innocenzo IX e di Clemente VIII, in virtù delle sue riconosciute pregevoli qualità di governo, svolse anche varie legazioni diplomatiche a nome della Sante Sede o del suo Re, lavorando inoltre a sostegno della Unione di Brest, ossia al ritorno nella comunione con la Sede di Pietro da parte dei Vescovi della Metropolia di Kiev tra il 1595 e il 1596.
Portatosi a Roma per l’acquisto del Giubileo, vi morì da tutti compianto il 21 gennaio 1600 a soli 44 anni (si ritiene probabile l’avvelenamento da parte degli eretici), e fu seppellito nella Chiesa del Gesù.


[1] Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storicoecclesiastica da San Pietro sino ai nostri giorni, Volume LVI, Venezia, 1852, p. 153.


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