Eccoci dunque all’abituale pagellone radiospadista. I nostri voti ai politici in relazione alle regionali appena concluse. A cura del Guelfo Rosa.


Di Maio. Voto: 2

Non basta dimettersi dal proprio ruolo a qualche giorno dal voto per mettere una pezza al disastro. Il partito degli urlatori grillini è quasi sparito, tanto in Emilia quanto in Calabria. Nel corso degli anni ha detto tutto e il contrario di tutto ma una cosa dovrebbe averla chiara: gli italiani si son stancati dello spettacolo. Un partito di sistema che si sta autorottamando. Speriamo concluda presto il ciclo.

Zingaretti. Voto: 3

Se Salvini non gli avesse dato l’opportunità di cantar vittoria sull’ovvio, non avrebbe nulla da festeggiare. Ha perso in Calabria e ha “tenuto” in una roccaforte storica. Poco presente in campagna elettorale, ha incarnato il ruolo dello sportivo vincente non per merito proprio ma per la caduta dell’avversario che, tirando troppo alto, scivola e finisce fuori. Si conferma il (quasi) nulla politico.

Bonaccini. Voto: 6

La sua vittoria è anche di stile. Ha capito che è meglio apparire l’uomo forte con la barba ordinata e gli occhiali d’oro (un po’ notabile di Caracas, un po’ palestrato di provincia) piuttosto che l’arruffapopolo-baciasalami venuto da una regione confinante. Sia chiaro: resta alla testa di una coalizione disastrosa che combatte tutto ciò in cui crediamo. In ogni caso: partiva avvantaggiato ma ha saputo “reggere” una campagna complicata.

Salvini. Voto: 5

Salvini è passato dalla devozione cattolica con cui ha vinto le europee alla devozione verdiniana con cui ha perso le regionali emiliano-romagnole. Da “fuori dall’Euro” all’Euro “irreversibile”, dalla lotta ai tecno-burocrati a “Draghi presidente della Repubblica, perché no?”, da sostenere Assad ad applaudire l’omicidio del generale Soleimani (che ha combattuto dalla parte di Assad). Il tutto farcito di strafalcioni politico-ideologici su una malintesa idea di libertà in filosofia e di cristianità in storia (si vedano le penose irrisioni del Medioevo che di tanto in tanto appaiono sui suoi social). In Emilia, poi, ha fatto due errori strategici seri.

Primo: scegliere dalle amministrative 2019 in poi candidati debolucci e liberalotti, tremuli o conniventi con il peggio del pensiero unico. Nella primavera scorsa i due candidati-sindaco a Reggio e Modena (che hanno partecipato, con grande povertà di contenuti, ad attività di confronto in ambiti legati al movimento LGBT) sono stati duramente sconfitti; a Ferrara il sindaco leghista (vincente) è invece andato a incontrare gli esponenti del gay pride locale poco dopo essersi insediato. Stesso errore fatto con la scelta della Borgonzoni (candidata sostanzialmente liberale, debole nei contenuti e nel carisma, di cui parleremo dopo).

Secondo errore, strategicamente gravissimo: ha messo l’asticella alta, molto alta. “Stravinceremo in Emilia!”, “Andremo a suonare a Conte!”, “Liberiamo la regione!” e via di countdown per la data fatidica. “Meno 5, 4, 3, 2, 1!”. Risultato: ha perso di 8 punti ed è riuscito a trasformare una sconfitta potenzialmente routinaria presso una roccaforte nemica in un trionfo del PD. Un atto di incapacità politica che gareggia con la crisi di governo al Papeete (o come si chiama), che ci ha regalato il bell’esecutivo giallo-fuscia che oggi abbiamo. In Emilia-Romagna ha puntato tutto su una carta difficile e ha perso. Gli abbiamo dato 5 perché resta tra i meno desolanti nel panorama politico e uno dei più sopportabili nel circo parlamentare italiano. Però andiamo male forte, Salvì.

Borgonzoni: 4-

Non doveva essere candidata, al punto che sulle pagine di RS ci siamo chiesti se corresse per vincere. Idee deboli, tendenzialmente liberali. Non ha fatto quasi campagna su un tema che scalda il cuore come l’opposizione alla legge regionale omotransnegatività. Su Bibbiano è arrivata, ma forse troppo tardi. Si è lasciata oscurare da Salvini che tra un selfie e la foto a un tiramisù sbilenco, l’ha fagocitata. Risultato sotto le aspettative.

Meloni. Voto: 6 +

Più equilibrata e prudente di Salvini. Ha fatto meno, dunque ha fatto meno errori. Voti cresciuti in Emilia-Romagna. Di strada da fare ne ha ancora tanta ma esce da questa tornata meglio di altri. Per il resto rimangono molti dei problemi su “liberalismo & affini” riscontrati nel suo omologo leghista.

Berlusconi. Voto: non pervenuto.

Che si deve dire? La sua candidata in Calabria ha vinto ma Forza Italia nel complesso è messa peggio dei 5 stelle. In Emilia-Romagna è a livello di lista civica.