di Massimo Micaletti
È di pochi giorni fa la notizia che il Capo di stato ungherese, Viktor Orban, ha proposto di rendere gratuita la fecondazione artificiale nell’ambito delle misure volte ad accrescere la natalità[1].
Il fatto ci insegna (almeno) tre cose.
La prima è purtroppo ormai assodata: non esiste nessun politico, al di là o al di qua dei nostri confini, che porti avanti seriamente e con coerenza valori cristiani. Si può obiettare che Orban si impegna da tempo per accrescere le nascite e sta ottenendo buoni risultati, in netta controtendenza rispetto al generale declino europeo (e italiano in particolare) : ma la natalità in sé non è un valore cristiano, non ha molto a che vedere colla nostra Fede. La “natalità” secondo Orban (ma potremmo indicare un qualunque nome di politico che fa della crescita demografica un punto di programma) è lo strumento per avere lavoratori e contribuenti e consumatori, un mezzo efficace e relativamente banale per far quadrare i conti pubblici nel medio lungo periodo. Si tratta di un approccio pragmatico derivante dalla necessaria presa d’atto che uno Stato senza figli è condannato a morte. Credere quindi che la tutela della natalità, di questi tempi, sia promozione di valori cristiani è commettere lo stesso errore di chi ritiene che nella 194/78 ci siano “parti buone” perché in alcuni passaggi essa sembra favorire la maternità: così come la maternità della 194 non comprende il dato biologico ed etico della gravidanza come fenomeno che coinvolge tre vite (madre, figlio, padre) ma indica, invece, una forma di sviluppo della personalità della donna; così la natalità oggi da molti propugnata non ha nulla a che vedere colla protezione del concepito o col guadagnare anime e famiglie cristiane. Tanto ciò è vero che in nessuno dei programmi per frenare la crisi demografica si parla di vietare o limitare l’aborto, né l’altra pratica che fa strage di concepiti anche più dell’interruzione volontaria di gravidanza: la fecondazione artificiale.
Veniamo dunque al secondo profilo. La fecondazione artificiale è una tecnica che di necessità distrugge decine di esseri umani concepiti per arrivare alla gravidanza, che peraltro nella grande maggioranza dei casi si risolve con un aborto o una nascita prematura. I dati della relazione 2019 sulla Legge 40[2], relativi al 2017, ci dicono che in quell’anno sono stati effettuati 77.195 cicli; di questi oltre settantasettemila cicli, oltre quattordicimila sono stati interrotti prima ancora del trasferimento in utero, con distruzione di tutti gli embrioni; quando invece c’è stato il trasferimento, si è arrivati a 51.651 cicli, ossia circa 87.129 concepiti trasferiti. Qui è necessario fermarsi un attimo: il numero degli embrioni trasferiti nel corpo della donna (che si evince dalla tabella a pag. 149 della relazione) ma esso non indica il totale degli esseri umani prodotti. Da questo punto di vista, si può solo andare a spanne perché per la Legge 40 il concepito è tanto “importante” che viene indicato il numero di cicli avviati ma non quello degli embrioni prodotti, sicché si può adottare come criterio di computo il numero medio di circa tre embrioni prodotti per ciclo, giungendo a circa 200.000 embrioni per 77.195 cicli; sul numero totale dei CICLI, solo in 51.651 casi si è arrivati al trasferimento nel corpo della donna ma ogni trasferimento può interessare uno, due, tre, quattro o addirittura cinque concepiti (guardare ancora la tabella a pag. 149) sicché avremo, stando alla suddetta tabella, 87.129 embrioni trasferiti. Da questi oltre ottantasettemila embrioni, si è arrivati a 14.604 gravidanze, da cui sono nati 10.844 bambini. Duecentomila esseri umani prodotti, ottantasettemila impiantati, undicimila nati, dei quali oltre il 20% prematuri. Numeri da far impallidire l’aborto volontario. Ora, si può dire che questa tecnica sia un modo cristiano di fare figli? Una procedura che distrugge necessariamente e scientemente decine di concepiti per arrivare a un nato, è rispettosa della vita e della famiglia, che per un cattolico – ma anche per una persona di buona volontà e retta ragione – sono dimensioni fondanti della tanto invocata natalità? Certamente no.
Arriviamo
dunque al terzo e forse più grave aspetto. Si è totalmente perduta la
consapevolezza della differenza tra la generazione naturale e la produzione
dell’Uomo per via artificiale: si è persa la consapevolezza della sua
occisività, se mai la si è avuta, sebbene i dati siano chiari e disponibili e
solo chi si ostinasse a vedere nel concepito qualcosa di diverso da un essere
umano potrebbe negare che la fecondazione artificiale è un’ecatombe di vite
umane. La fecondazione artificiale è la sorella pessima del già cattivo aborto
ed ha gli stessi genitori: la negazione della dignità della vita umana e la
perdita della speranza. Ma l’evidenza e il buon senso prima ancora della Fede
ci insegnano che ogni vita umana ha immenso valore, ancor più se innocente e
che ogni vita è germoglio di speranza, dal concepimento alla morte naturale. Pensiamo
un attimo, invertendo i ruoli e le proporzioni: sarebbe ammissibile una tecnica
che ogni 10.844 nati vivi uccidesse oltre centomila gestanti? Sarebbe
finanziata dal Servizio Sanitario Nazionale? Farebbe la felicità dei genitori?
E quegli undicimila scarsi nati vivi, sarebbero giustificazione per il
centinaio e passa di partorienti decedute nel tentativo di portare avanti la
gravidanza? Potete rispondere come volete ma fatevi almeno la domanda. Ora, per
Viktor Orban come per Giorgia Meloni o Matteo Salvini o qualunque altro
esponente che ponga il tema della natalità non c’è alcuna differenza tra il
concepimento naturale e quella roba lì, non c’è nessuna consapevolezza di base
sulla dignità del concepito e nessuno di questi intende far nulla per
modificare le leggi sull’aborto. Al più, si vuol mettere la gestante nelle
condizioni di poter effettivamente scegliere tra avere un figlio e far
distruggere il concepito, ma – al di là degli intenti – l’ottica di base resta
quella della scelta sulla vita altrui, che vede il nascituro come oggetto e non
come soggetto. La natalità per costoro è, come ho già detto, un modo di dar
braccia allo Stato quando non, tragicomicamente, per tentare di riaffermare una
“identità nazionale” che è una
parodia di ciò che per secoli ha retto l’Italia e l’Occidente.
Per coloro che lo avessero dimenticato, faccio presente che Orban non è cattolico, bensì calvinista. Come, del resto, anche il vecchio J.M. LEPEN che è ugonotto, quindi calvinista pure lui.