Monsignor Antonio Martini (Prato, 20 aprile 1720 – Firenze, 31 dicembre 1809), Arcivescovo di Firenze, è noto per la sua traduzione in volgare della Bibbia secondo la Volgata. Quanto mai attuale è questo passo che estraiamo dalla Prefazione al Cantico dei Cantici.

Stabilito una volta il senso vero allegorico è egli necessario che io qui mi fermi a censurare la empietà e le sfacciate bestemmie di certi o Filosofi o Gnostici de’ tempi nostri li quali incapaci per usar la parola di Paolo di nulla intendere nelle cose dello Spirito s’ immaginarono di aver trovato nella lettera e in qualche frase od immagine di questo libro assai bella occasione di burlarsi della Religione e di insultare la Chiesa. Questi Filosofi, questi pensatori grandi non sono uomini come gli altri da’ quali possa a chiedersi ragione di quello che avanzano né che obbligare si possano a una rigorosa dialettica. Uno o due tratti che dian loro nell’occhio in qualche libro delle Scritture che sembrin loro a profitto per ridere e buffoneggiare non si prendono pena se dieci e cento altri passi non leghino anzi urtino e mandino in fumo le strane loro immaginazioni: non si prendon pena neppure se la lettera stessa ben considerata messa a confronto coi testi originali non dica né possa dire quello ch’essi vogliono farle dire. Noi potremmo con tutta evidenza mostrare che più volte l’empie derisioni appiccate da taluno di essi a qualche lungo di questo libro Divino non hanno altro fondamento che una perversa malizia congiunta con una vergognosa ignoranza; onde potremmo gettargli in faccia quel rimprovero del Savio: De mendacio ineruditionis tuae confundere. Ma noi scriviamo pei veri fedeli i quali amano e venerano le Scritture e da queste sono istruiti a non rendere occasione di scandalo dal vedere che della Parola di Dio la quale è Spirito e vita abusi l’empio talvolta e per propria sua perdizione la depravi come dice s. Pietro. Imperocchè qual è cosa santa e divina di cui lo spirito di menzogna e di superbia non sappia abusare? Tutto è puro per quei che sono puri; per gli impuri poi e per gl’infedeli niente è puro, ma è immonda la mente e la coscienza di essi (Tit. I, 5).