
Tutti abbiamo avuto contezza della blasfema interpretazione data da Roberto Benigni al Cantico dei Cantici. Ne riprendiamo alcuni stralci pubblicati da Avvenire
“Il Cantico esalta l’amore fisico. E’ la vetta della poesia di tutti i i tempi. L’amore è visto dal punto di vista della femminilità – dice Benigni – Ben 2400 anni fa una donna potrebbe avere scritto il libro più santo, più bello della Bibbia. È un erotico sacro. La Bibbia è piena di espressioni di dolore e violenza, quando si arriva al Cantico dei Cantici si arriva all’amore. C’è l’amore, la dolcezza, l’erotismo”. Benigni sottolinea la bellezza di un testo dove “l’amore è visto come frammento d’Infinito. L’amore è l’infinito messo alla portata di tutti noi. Non esiste nessuna vita che per almeno un momento non sia stato immortale – e aggiunge con entusiasmo coinvolgente – . Che bello che siamo al mondo, uno scherzo glorioso ci hanno fatto. Lo hanno fatto per amore”.
“Il Cantico rappresenta tutte le coppie che si amano, l’uomo che ama la sua donna, la donna che ama la sua donna…” [Avvenire, 6 gennaio 2020]
Anche il giornale della CEI fa notare che en passant che l’attore “finisce per tradire non solo la lettera ma il significato profondo del Libro biblico”, ma ovviamente solo per la parte omofila. Infatti per Avvenire il “celebre libro biblico … narra l’amore fra un ragazzo e una ragazza”.
Mica perché la Chiesa ha condannato nel Concilio Ecumenico Costantinopolitano II (non Vaticano II, perché altrimenti l’avrebbero saputo d certo!) l’interpretazione naturalistica della Cantica, rigettata per di più già dalla Sinagoga, che ha sempre ritenuto per verace (come del resto la Chiesa) l’interpretazione allegorica! No di certo.
E del resto chi leggesse certe affermazioni di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in materia di Cantico dei Cantici non troverebbe certamente quella limpidezza di spiegazione che per esempio dava lo Spadafora: “I commentatori cattolici che riconoscono nella Cantica l’unione di Iahweh e d’Israele, hanno esteso questa allegoria applicandola a Gesù e alla Chiesa; a Gesù e a ciascuna anima fedele; in modo particolare alla Vergine SS. (da Ippolito, Origene a s. Bernardo ecc.)” [vedi qui].
Infatti alcuni testi, altamente ambigui (per voler essere gentili) dei due papi citati rivalutano la visione naturalistica, materialista, corporea, erotica e profana del testo sapienziale.
Benedetto XVI nella Deus Caritas est diceva espressamente:
Secondo l’interpretazione oggi prevalente, le poesie contenute in questo libro sono originariamente canti d’amore, forse previsti per una festa di nozze israelitica, nella quale dovevano esaltare l’amore coniugale .
Altro che allegoria della fedeltà tra l’Israele tornato dall’esilio e Dio, allegoria non arbitraria ma fondata nei Profeti e ripresa nei Vangeli …
E ancora più esplicite certe catechesi del predecessore che vi individua il riferimento al “gran sacramento” del matrimonio ma più (se non eslcusivamente) nella sua versione ad hominem che nella sua scaturigine, ossia le mistiche nozze fra Cristo e la sua Chiesa: Sacramentum hoc magnum est: ego autem dico in Christo et in Ecclesia dice San Paolo.
“L’analisi del testo di questo libro ci obblighi a collocare il suo contenuto al di fuori dell’ambito della grande analogia profetica … Già i primi versetti del “Cantico” ci introducono immediatamente nell’atmosfera di tutto il “poema”, in cui lo sposo e la sposa sembrano muoversi nel cerchio tracciato dall’irradiazione dell’amore. Le parole degli sposi, i loro movimenti, i loro gesti, corrispondono all’interiore mozione dei cuori. Soltanto attraverso il prisma di tale mozione è possibile comprendere il “linguaggio del corpo”, nel quale si attua quella scoperta a cui diede espressione il primo uomo di fronte a colei che era stata creata come “un aiuto che gli fosse simile” (cf. Gen 2, 20.23) … Perfino un’analisi sommaria del testo del Cantico dei cantici permette di sentire esprimersi in quel fascino reciproco il “linguaggio del corpo”. Tanto il punto di partenza quanto il punto d’arrivo di questo fascino – reciproco stupore e ammirazione – sono infatti la femminilità della sposa e la mascolinità dello sposo nell’esperienza diretta della loro visibilità. Le parole d’amore, pronunciate da entrambi, si concentrano dunque sul “corpo”, non solo perché esso costituisce per se stesso sorgente di reciproco fascino, ma anche e soprattutto perché su di esso si sofferma direttamente e immediatamente quell’attrazione verso l’altra persona, verso l’altro “io” – femminile o maschile – che nell’interiore impulso del cuore genera l’amore” [Udienza Generale del 23 maggio 1984].
“Nel Cantico dei cantici il “linguaggio del corpo” è inserito nel singolare processo della reciproca attrattiva dell’uomo e della donna, che viene espresso nei frequenti ritornelli che parlano della ricerca piena di nostalgia, di sollecitudine affettuosa (cf. Ct 2, 7) e del vicendevole ritrovarsi degli sposi (cf. Ct 5, 2) … Dunque alcune strofe del Cantico dei cantici presentano l’eros come la forma dell’amore umano, in cui operano le energie del desiderio” [Udienza Generale del 6 giugno 1984].
Certamente il livello non è pari alla lascivia andata in scena sul palco dell’Ariston ma in parte il pensiero coincide nell’affermazione che la Cantica riguardi l’amore carnale e non solo ed esclusivamente quella carità perfetta per cui la Chiesa-Sposa è indissolubilmente congiunta in mistiche nozze a Cristo-Sposo.
così come distorta è la loro vita…Riescono a distorcere e quindi imbrattare la sublimità del cantico dell’amore divino per la sua Chiesa, commentanto il quale, invece, il Dottore Angelico, tornava allo Sposo divino, sul letto di morte all’ Abbazia di Fossanova. Questi qui leggendolo al loro modo empio, si può immaginare quale tipo di abbraccio sia loro destinato. Se poi aggiungiamo alla compagnia lo spiritato Benigni, anche lui maestro in distorsioni, allora siamo al tripudio della follia…
Peccato non si sia puntato l’indice su : “Non esiste nessuna vita che per almeno un momento non sia stato immortale – e aggiunge con entusiasmo coinvolgente “
che il Cantico sia allegorico lo si comprende dal contenuto e la struttura stessi! la forma letteraria – sempre restando, si badi,nell’ambito della più stretta ortodossia – è stata oggetto di molti studii: è dialogata, quasi teatrale? c’è un coro che interviene? Chi sono i protagonisti? In alcune parti sembrano essere semplici pastori, in altre altolocati; e per esempio la figura di Salomone che ruolo ha nella vicenda? La coppia deve scontrarsi con opposizioni di familiari? come mai lei perde di vista lui (e non gli ha aperto la porta) e lo cerca anche con pericolo? poi stanno per sposarsi fra il plauso di tutti? Fosse una fiction lascerebbe non pochi punti interrogativi! Appunto, solo l’allegoria può spiegare: come è chiaro dagli spunti che ne hanno tratto S.Teresa d’Avila e S.Giovanni della Croce, i quali inoltre si soffermano soprattutto sull'”uscita”, sulla “ricerca”, aspetto su cui, per incidens, Benigni non si è invece trattenuto…