di Giorgio Morganti
Mi è capitato, dopo il clamore mediatico scatenato attorno alla vicenda, di ascoltare Benigni dissertare sul Cantico dei Cantici della Bibbia, a Sanremo. A parte l’osceno prologo, in cui Benigni s’incarta più di una volta ripetendo, con le stesse parole, gli stessi concetti ciclicamente, ho trovato veramente dilettantesca la sua prova al di là dei contenuti a dir poco capziosi e puerili. Una prova degna di un teatrino di saltimbanchi di inizio novecento, in cui il conduttore, visibilmente emozionato di fronte a un pubblico seppur mediocre, s’impappina come un attorucolo alle prime armi. Orbene, questo sarebbe anche normale per un artista agli inizi della sua carriera, ma francamente non lo è per uno che percepisca centinaia di migliaia di euro per una esibizione di una manciata di minuti e sta sulla scena da oltre quarant’anni. Non serve essere degli esperti o psicologi per capire, quindi, che questo impaccio è dato principalmente dalla colpevole impreparazione conclamata sui temi biblici di Benigni stesso. Egli, digiuno completamente della materia e mediocre già di suo per via dei limiti imposti dal suo scarso intelletto, si addentra in un discorso più grande di lui e tenta, al suo interno, di barcamenarvisi alla meno peggio non senza denotare insicurezza e tentennamenti. Si scorge, dalla sua scarsa attitudine alla recitazione, che abbia imparato la lezioncina a memoria recitandola anche piuttosto male, con quell’inflessione toscana che stona con la tematica scelta. La sua àncora di salvezza, però, è rappresentata dal pubblico, ancor più mediocre di lui, che prende per oro colato le scemenze dette e lette in quella ventina di minuti. La chiara collocazione politica, poi, fa sì che molti suoi adepti ridano a ogni suo battito di ciglia, a prescindere dalle corbellerie che spara. Solo avendo a che fare con una platea di imbecilli, infatti, si riesce ad apparir acculturati e intellettuali pur avendo affatto padronanza della lingua italiana, che egli violenta almeno ogni dieci parole proferite. Ovviamente l’interpretazione della Cantica che gli è stata passata è del tutto inventata e tenta di ridurre a mera depravazione un significato profondo che né Benigni né tanto meno gli ascoltatori conoscono, benché plaudano fino a spellarsi le mani. La volontà di mescolare il sacro col profano è insita in quella parte di umanità che oramai è preda delle seduzioni del mondo e non riesce più a accettare nulla che non sia fisico o immanente. Ecco che allora persino un libro sacro, quindi ispirato da Dio, può diventare “trasgressivo” per la massa atea, che è disposta persino a credere nel soprannaturale purché Dio stesso accetti le proprie depravazioni e perversioni. Queste, per loro, sono l’unico motore che dovrebbe regolare un’umanità senza inibizioni e senza freni, imposti per oscure ragioni dal becero bigottismo di religiosi frustrati che sadicamente vogliono impedire il soddisfacimento dei sensi e, quindi, la beatitudine sulla terra. Nella empia parodia benignana, perciò, siamo di fronte all’ennesimo tentativo di riportare in auge teorie sessantottine già fallite miseramente anni fa. Si adombra, quindi, lo spettro di quella “repressione addizionale” marcusiana imposta dal dominio per ridurci tutti in schiavitù. Peccato, però, che l’esperienza nei millenni ha dimostrato l’esatto contrario. Nelle varie epoche storiche abbiamo assistito più volte a questo raggiungimento di un traguardo oggi presentato come nuovo in cui l’amore “fisico” si è potuto esprimere in tutte le sue forme, ma che in realtà è stato sempre teorizzato nei secoli passati da certe correnti di pensiero. Ebbene, ora come allora ciò ha condotto sempre le civiltà che adottavano queste condotte, alla rovina per via del lassismo e della decadenza che portavano intere culture alla dissoluzione. Si dev’essere ciechi per non osservare, oggi, il raggiungimento dei traguardi da sempre auspicati nelle teorie sessantottine retaggio della Scuola di Francoforte. Non vi è più, oramai, alcun impedimento imposto da questa società allo sfogo degli istinti e delle pulsioni. Pederasti e lesbiche si sposano, adottano figli e rivendicano con orgoglio la propria condizione. Maschi che si travestono da femmine e bimbi convinti persino dai genitori di essere nati nel corpo sbagliato. Ogni donna è libera di disfarsi a piacimento di una gravidanza indesiderata e le droghe, benché formalmente vietate, sono diffuse capillarmente tra le nuove generazioni che nella quasi totalità ne fa uso. Pertanto cos’altro vanno cercando, costoro, pervertendo il significato del Cantico dei Cantici in diretta TV visto che oramai i loro vizi e le loro perversioni sono accettate per legge e generalmente tollerate se non condivise dalla maggioranza della popolazione occidentale? In ogni caso l’ennesimo fallimento di tutta questa liberalizzazione è già scritto e sta riducendo l’umanità al rango di bestiame, ma i fautori di queste perniciose teorie si ostinano a portarle avanti benché sappiano che esse siano la causa della decadenza annunciata. Gli scopi quindi, sono altri, innominabili, che dovrebbero portare l’umanità alla sua estinzione. Non ci riusciranno, perché molte correnti ideologiche si sono affermate e sono morte e fallite nel corso dei secoli, ma la parola di Dio è l’unica verità che si ripropone sempre ed è sempre valida, nonostante gli attacchi feroci per tentare di pervertirla o cancellarla, invano, dalla storia. D’altronde persino il Diavolo, che è un fine teologo (per dirla con Ratzinger) infinitamente più preparato di Benigni e della sua accolita,ha tentato più volte nel corso dei millenni di pervertire le sacre scritture, come con Gesù nel deserto, senza per altro mai riuscire nel suo intento, poiché sta scritto: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24, 35).