di Miguel

Cari Amici di Radio Spada,

ho aspettato qualche giorno a scrivervi: ho lasciato che la polvere dei sentieri amazzonici si depositasse e gli animi si sedassero. Ora è il momento di movimentare un po’ la situazione, ovviamente cercando di aderire alla realtà.

Non tornerò su quanto già detto dal Guelfo Rosa (“Esortazione, colpo da maestro modernista: (quasi) tutti cantano vittoria e la rivoluzione avanza”) in quanto l’ennesimo avanzamento del modernismo è evidente. Un avanzamento più lento? Può essere, ma non mi farei illusioni: la rivoluzione, in ogni caso, non ha un moto rettilineo uniforme.

Non tornerò neppure sulle reazioni dei progressisti (Marx, Hummes, Spadaro, Fernandez) e non ripeterò puntualmente il disastroso contenuto dell’esortazione (Tutto il peggio di “Querida Amazonia”).

Ciò che mi interessa è altro: ovvero è fare un punto della situazione non più a caldo ma nemmeno a freddo. Potremmo dire “a semifreddo”, a cinque giorni dalla pubblicazione del testo bergogliano. E in questo focus volgere lo sgurardo ai “conservatori” conciliari. Alcuni di questi in verità nemmeno possono essere definiti in questo modo ma solo “non-ultra-progressisti”.

L’orizzonte che si scorge è, come prevedibile, devastante. Partiamo dai più morbidi e spingiamoci più in là.

Müller, come noto, si è lasciato andare a dichiarazioni penose (Gravissime dichiarazioni del card. Müller su “Querida Amazonia”), prontamente applaudite dallo stesso Bergoglio (Come volevasi dimostrare: Bergoglio plaude allo scandaloso intervento di Müller su Querida Amazonia).

L’articolessa mulleriana del resto era stata pubblicata sullo stesso (conservatore) NCRegister che poi ha lasciato la parola a Mons. Charles Pope. Quest’ultimo ha visto bene di produrre un testo in cui si diceva che siamo stati preservati da un grave errore in Querida Amazonia come lo siamo stati con Humanae Vitae e che nell’esortazione bergogliana si vedeva una “risposta alle nostre preghiere”. Certo, con qualche messa in guardia ma non senza uno spirito da scampato pericolo. No, non sto scherzando: potete verificare.

Non meno stupefacente il titolo a caldo di ChurchMilitant (blog conservatore americano piuttosto seguito e, va detto, non privo di meriti) che il giorno stesso dell’uscita di QA, titolava: Pope Vetoes Women Clergy, Affirms Christ as ‘Sole Redeemer’. Sì, certo, il testo sotto specificava altri aspetti ma una presentazione così risulta un po’ troppo ottimistica, per usare un eufemismo.

Non parliamo poi di una buona fetta della blogosfera italiana di stampo ratzingeriano o antiprogressista, tutta pronta a celebrare presunte frenate bergogliane e a sottolineare delusioni dei settori più scalmanati dell’estrema sinsitra pseudocattolica. Un metro di giudizio davvero strampalato: i laici-sinodali tedeschi non sono soddisfatti di QA? E ci mancherebbe! Questi vogliono l’ecatombe nucleare del Cattolicesimo, ogni segno di vita per loro è troppo! Detto in altri termini: a metter l’asticella troppo in basso si rischia di festeggiare per tutto: “Evviva! Evviva! Ho preso 3 in matematica, aveste visto la faccia di quelli che han preso 2!”

Se a tutto aggiungiamo l’assordante e prolungato silenzio (almeno fino ad ora) di tanti vescovi e cardinali notoriamente critici del bergoglismo e la preoccupante uscita di Massimo Franco sul Corriere della Sera – che inseriva nel titolo dedicato alla pace scoppiata tra Bergoglio e Müller la dicitura: “disgelo con i tradizionalisti“) – ebbene: il quadro è quello di un conservatorismo debole al punto di evaporare.

Il paradosso sapete in cosa consiste? Che Bergoglio passi quasi per un tutore dell’ordine. Del resto come diceva, in modo un po’ colorito, il Guelfo Rosa rispondendo alle domande dell’intervista: “Proprio qui sta il capolavoro della rivoluzione. Ha portato a casa il grande risultato: li ha fatti cornuti, mazziati e pure contenti. Da standing ovation“.

Nessuna volontà di offendere i singoli di cui presumiamo buona fede (e, a tratti, le buone opere), ma – parlando di sistemi e non di persone – l’aria è un po’ questa: un conservatorismo bastonato e fragile, senza bussola, che rischia se non di svanire, almeno di diventare irrilevante. O peggio: in alcuni casi (certamente non in tutti) di assumere il ruolo di stampella di un bergoglismo finito da oltre un anno sul piano dell’entusiasmo popolare.

I motivi li sappiamo e non c’è bisogno di sviscerarli nuovamente: un conservatorismo conciliare è un progressismo in ritardo. Sgradito a Dio e ai nemici Suoi.

I cattolici non si siedano dunque: si alzino in piedi, si incontrino, si guardino negli occhi, se necessario dibattano. Ma qualcosa facciano.

Credo che la data di sabato 25 aprile 2020 debbano fissarla in agenda (vedere sotto).

Hasta luego!