«Quando Morton [teologo inglese e penitenziere a Roma, ndr] ch’egli stesso aveva mandato in Inghilterra ne ritornò annunciando ch’era venuto il tempo d’agire, allorquando lettere d’Inghilterra assicurarono che quei cattolici non davano allora di piglio alle armi contro Elisabetta solo perché questa non era ancora stata dichiarata eretica e deposta per sentenza della Sede Apostolica, Pio non differì più a lungo ad aprire in piena forma il processo contro la «pretesa» regina d’Inghilterra (5 febbraio 1570). Dodici profughi dimoranti a Roma furono citati e interrogati se potessero giustificare che Elisabetta avesse usurpato l’autorità di capo della Chiesa inglese, che avesse deposto e carcerato vescovi cattolici affidandone l’ufficio a scismatici e laici, esercitato il diritto di visita su ecclesiastici, introdotto un giuramento e leggi contro la Sede Apostolica; inoltre se per autorità di essa si predicassero eresie, se essa stessa vivesse da eretica e se fosse in potere di lei estirpare l’eresia. Queste domande riferivansi a cose chiaramente note a tutti, ma la produzione delle prove avvenne tuttavia secondo tutte le forme del diritto. Addì 12 febbraio erano terminati gli interrogatorii e sotto la data del 25 una bolla pronunziava solennemente la sentenza su Elisabetta … Pel governo inglese la bolla non fu per nulla senza pericoli. Se anche sotto il rispetto politico essa ebbe appena conseguenze, pure dopo la insurrezione dell’anno precedente vi era tuttavia abbondante fermento fra il popolo … Sebbene si desse l’aria di disprezzare la sentenza papale, Elisabetta tuttavia per mezzo dell’imperatore Massimiliano II fece lavorare presso il papa per il ritiro della bolla» (L. von Pastor, Storia dei Papi, vol. VIII, Roma, 1929, pp. 412-413).
Pio Vescovo
Servo dei servi di Dio
A perpetua memoria
Colui che regna nell’alto dei cieli, a cui è stato dato ogni potere in cielo ed in terra, ha affidato la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica, al di fuori della quale non c’è salvezza, ad uno solo in terra, cioè al Principe degli Apostoli Pietro, e al successore di Pietro, il Pontefice Romano per essere da questi governata nella pienezza della potestà. Questi solo è stato costituito principe di tutte le genti e di tutti i regni, per sradicare, demolire, disgregare, disperdere, impiantare e costruire, perché possa preservare il suo popolo fedele, stretto dal legame reciproco della carità, nell’unità dello spirito, e presentarlo salvo ed incolume al suo Salvatore. Obbedendo a tale dovere, Noi chiamati dalla bontà di Dio al governo della suddetta Chiesa, non tralasciamo alcuna fatica, adoperandoci con ogni sforzo, affinché la stessa unità e religione cattolica – il cui Autore per provare la fede dei suoi e correggere noi, ha permesso venisse provata con così tante tribolazioni – sia conservata integra. Ma il numero degli empi è cresciuto talmente che nessun posto al mondo è rimasto che questi non tentino di corrompere con le loro pessime dottrine; fra questi Elisabetta, serva di persone ignobili, pretesa regina d’Inghilterra, presso la quale come si trattasse di un rifugio inviolabile hanno trovato asilo pessime persone. Occupato il regno, sta usurpando, con atti mostruosi, il supremo comando della Chiesa in tutta l’Inghilterra nonché la sua più alta autorità e giurisdizione, riconducendo lo stesso regno, che era stato da poco riportato alla fede cattolica e alla retta via, ad una misera condizione. Proibendo con violenza la professione della vera religione – già una volta destituita dall’apostata Enrico VIII ma poi ripristinata, coll’aiuto di questa Sede dalla regina legittima Maria di gloriosa memoria, seguendo ed abbracciando gli errori degli eretici – ha alterato il consiglio reale, rappresentante della nobiltà d’Inghilterra, riempiendolo di oscuri uomini eretici, ha represso i cultori della fede cattolica, sostituendoli con improbi imbonitori e ministri di empietà. Ha abolito il sacrificio della Messa, le preghiere, i digiuni, il celibato ed i riti cattolici. Ha disposto che in tutto il regno venissero distribuiti libri contenenti manifeste eresie; che gli empi misteri ed istituti di Calvino, da lei accettati ed osservati, venissero seguiti anche dai suoi sudditi. Ha osato espellere vescovi, rettori di chiese e altri sacerdoti cattolici dalle loro chiese e benefici, per conferire queste e altre cose ecclesiastiche agli eretici e determinare la causa spirituale. Ha vietato ai prelati, al clero e al popolo di riconoscere la Chiesa Romana nonché di ottemperare ai suoi precetti e sanzioni canoniche; ha obbligato molti a giurare di sottomettersi alle sue leggi immonde e di abiurare l’autorità e l’obbedienza del Pontefice Romano, riconoscendo solamente lei come signora nelle cose temporali come spirituali. A coloro che si sono dichiarati non disposti ad obbedire ha inferto punizioni e supplizi e le stesse cose ha preteso da quelli che hanno perseverato nell’unità della fede e nell’obbedienza. Ha messo in prigione i vescovi cattolici ed i rettori delle chiese dove, infliggendo loro a lungo grande dolore e tristezza, hanno miseramente terminato la loro vita. Essendo tutti questi fatti ben palesi e noti a tutte le nazioni e comprovati da pesantissime testimonianze di molti, cosicché non è rimasto più spazio per giustificazioni, difese o temporeggiamenti, dinnanzi all’empietà e ai crimini moltiplicati senza fine, nonché alla persecuzione dei fedeli e al tormento della religione, per lo stimolo e l’opera di detta Elisabetta, ogni giorno sempre più gravi; poiché vediamo il suo animo così rigido ed indurito che ella non solo ha ignorato le pie preghiere e le ammonizioni di salvezza e conversione a lei rivolte dai principi cattolici, ma non ha neppure permesso ai nunzi a lei inviati a tal fine da questa Sede di raggiungerla in Inghilterra, siamo costretti dalla necessità a levare contro di lei le armi della giustizia, non potendo placare l’indignazione, a ciò essendo addivenuti con quell’unica consapevolezza, che gli avi della società cristiana, con così mirabili opere, hanno guadagnato. Sorretti dunque dalla autorità di colui che volle collocarci su questo supremo trono di giustizia, nella pienezza della apostolica potestà , dichiariamo Elisabetta eretica, nonché fautrice di eretici; e i suoi seguaci, per essere incorsi nella sentenza di scomunica, distaccati dall’unità del Corpo di Cristo. In aggiunta, dichiariamo la medesima Elisabetta, in virtù del predetto diritto, privata del regno, così come di ogni dominio, dignità e privilegio; e solleviamo i nobili, i sudditi ed i popoli di detto regno, e tutti gli altri uomini, e coloro che hanno in qualche modo prestato giuramento, e noi stessi con la presente autorità, dal rispettare ogni altro suo potere, fedeltà e debito, in perpetuo. Raccomandiamo ed ordiniamo a tutti e singoli nobili, ai sudditi, ai popoli e agli altri già detti, di non obbedire ai suoi ordini né alle sue leggi. Coloro che agissero diversamente, li includiamo nella sentenza della stessa scomunica. Poiché sarebbe in realtà troppo difficile che la presente venga portato ovunque sarebbe necessario, vogliamo che le copie di questi, fatte da un pubblico notaio e sigillate con il sigillo di un prelato ecclesiastico di questa curia, abbiano validità in ogni procedura giuridica, e in qualunque località presso qualunque popolo, nel caso siano esibite o esposte.
Dato a Roma presso San Pietro, nell’anno dell’incarnazione del Signore 1570, il 25 febbraio, nel quinto anno del Nostro pontificato.