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di Giuliano Zoroddu

Senza che vi siano state particolari e pressanti richieste governative, la Conferenza Episcopale Italiana, seguita a ruota da quelle delle varie regioni, ha drasticamente messo in atto il Decreto del presidente del consiglio per far fronte all’emergenza Coronavirus. Pertanto – con una diligenza quasi superiore a quella dei preti della Securitate – in virtù del medesimo decreto ha sospeso ogni forma di culto pubblico.

Certamente noi sappiamo che ogni atto sacro della Chiesa, specialmente la messa, è un atto pubblico e sociale, ma sappiamo anche che nella messa nuova questo concetto è molto intaccato, in quanto la “cena del Signore” è celebrata dal “popolo di Dio sotto la presidenza del sacerdote”, per cui l’atto di sospenderla nell’assistenza da parte dei fedeli, se di suo può anche essere giustificato per motivi igenico-sanitari, nel contesto dei riti montinian-bugniniani assume ben altro significato.

E curiosamente – o provvidenzialmente? – tali tragici avvenimenti capitano proprio nel cinquantesimo della messa nuova. Che sia un segno dei tempi da interpretare? La domanda la rivolgiamo ai modernisti… che di segni dei tempi si proclamano esperti. Ma la totale mancanza di senso soprannaturale, forse, glielo renderà un po’ ostico.