di Giuliano Zoroddu

La “virgula poenitentiaria” (bacchetta penitenziale) era un antico strumento riservato ai Penitenzieri – ossia a quei sacerdoti cui il Vescovo delega la facoltà di assolvere i peccati riservati – che con esso toccavano il capo dei penitenti.
Le origini della “virgula” e del rituale ad essa legato, vanno ricercate nella “manumissio vindicta“: l’uso romano cioè di affrancare gli schiavi con il colpo di una bacchetta chiamata appunto “vindicta“. Il penitente è schiavo di Satana a motivo dei peccati ed il colpo di bacchetta simboleggia la sua liberazione mediante il Sacramento di Penitenza.
Tale verghetta indicava, come riporta il Moroni, “in primo luogo l’autorità superiore a quella dignità degli altri confessori ordinari loro comunicata e secondariamente, escludendo qualsiasi timore dal cuore dei penitenti nell’accostarsi al gran sagramento della penitenza, rappresenta quell’interna divina consolazione che si comunica a’ medesimi che sottopongono il capo al tocco di essa, di cui sembra parlasse il Profeta: Virga tua et baculus tuus, ipsa me consolata sunt” [1].
Questa manumissio cristiana aveva lo stesso valore del segno di croce, dell’acqua benedetta e la benedizione sacerdotale: chi la riceveva con cuor contrito otteneva la remissione dei peccati veniali.
Non mancarono i Romani Pontefici di arricchire questa pratica di sante indulgenze.
Il Cardinale Penitenziere Maggiore ne faceva uso durante la Settimana Santa nelle Patriarcali Basiliche di San Pietro, del Laterano e di Santa Maria Maggiore. Con la virgula dorata toccava i penitenti lucrando egli ed essi 100 giorni d’indulgenza secondo quanto stabilito da Paolo V e confermato da Innocenzo XII nel 1695 e da Benedetto XIV nel 1744. Lo stesso Benedetto XIV nel 1743 concesse 20 giorni d’indulgenza ai penitenzieri come ai fedeli che con cuor contrito da quelli avessero ricevuto il tocco della virgula. Tali indulgenze furono confermate da Clemente XIV.
Quest’uso pietoso e suggestivo, precedente l’istituzione dei riti della Chiesa Romana e da questa assunto e sublimato, cadde vittima delle abolizioni montiniane il 29 aprile 1967.
[1] G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, Venezia, 1851, Vol. LII, p. 61. Vedi anche Idem, Dizionario … , Venezia, 1842, Vol. XVI, pp. 82-83.
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