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Il pezzo di Avvenire uscito il Venerdì Santo, a firma di Agostino Giovagnoli, sarebbe il solito minestrone circiterista servito con contorno bergogliano, insomma: il consueto mix di banalità tipica del quotidiano dei vescovi ex cattolici italiani. Lo sarebbe, dicevamo, se non avesse pure le apparenze (speriamo involontarie) di una malriuscita operazione di bassa cucina geopolitica.

Zigzagando nel testo tra i soliti arnesi del luogocomunismo si passa da un riferimento all’inflazionata «terza guerra mondiale a pezzi» di cui ha parlato tante volte papa Francesco, per arrivare all’irrinunciabile constatazione per cui evidente è la necessità di un grande sforzo congiunto per far ripartire l’economia mondiale. Ma dai, non mi dire.

Certi riferimenti alla Cina sono poi al limite della comicità (o dell’ipocrisia, o dell’ignoranza radicale). Sì, perché si parla di questo Paese omettendo di raccontare, per dirla con il buon Bersani, che c’è una mucca nel corridoio: è la mucca è la sfrontata persecuzione anticattolica cinese contro la Chiesa, peraltro certificata su base settimanale da agenzie come Asianews. Leggete qua e cercate di non ridere (o non piangere), grassettature nostre:

Anche la Cina si è mossa. Oltre a un team di esperti, molto materiale sanitario è arrivato da questo Paese anche in Italia, in parte a pagamento, in parte come donazione gratuita. C’è stata anche una significativa novità: molti cattolici cinesi (come padre Zhang di Jinde Charity e i vescovi Dang Ming–yan di Xian, Shen Bin di Haimen e Li Shan di Pechino) hanno potuto inviare direttamente mascherine, tute protettive e altro materiale sanitario alla Santa Sede, che ne ha donato una parte all’Italia, e a organizzazioni cattoliche italiane (Diocesi di Roma, Caritas ambrosiana, Comunità di Sant’Egidio…). Anche la Croce Rossa cinese ha inviato materiale sanitario alla Farmacia Vaticana: anche questa è una significativa prima volta. La Santa Sede ha apprezzato il «gesto generoso» e espresso «riconoscenza ai vescovi, ai fedeli cattolici, alle istituzioni e a tutti gli altri cittadini cinesi per questa iniziativa umanitaria », anche a nome del Papa. La Cina è preoccupata di un atteggiamento negativo nei suoi confronti diffuso in diversi Paesi. Anche in Italia, soprattutto nella fase inziale della pandemia, ci sono stati episodi di intolleranza e razzismo verso cinesi che non avevano e non hanno alcuna responsabilità in quanto sta accadendo.

Siamo alla fata turchina con gli occhi a mandorla vessata dai razzisti? Non siamo lontani.

Ma poi si arriva al propostone:

E la storia spinge quest’ultima a operare per il «di più di fraternità a livello globale» di cui c’è grande bisogno. Le radici dell’Unione Europea, infatti, affondano proprio nella situazione di un altro dopoguerra, quello dopo il Secondo conflitto mondiale. Allora, quando la ricostruzione era un’urgenza per tutti, furono poste le fondamenta di un nuovo ordine internazionale e furono creati nuovi organismi come l’Onu, la Fao, la Banca mondiale per realizzarlo. Malgrado il lungo inverno dalla “guerra fredda”, continuiamo ancora in parte a beneficiare dei frutti della collaborazione di allora. Anche l’unificazione europea è iniziata grazie a quel contesto e da allora gli europei hanno goduto ininterrottamente di una situazione di pace che ha favorito pure quella nel resto del mondo.

Gli Stati europei sono oggi molto impegnati ad affrontare la sfida di una maggiore solidarietà interna. Ma non dovrebbero trascurare ciò che possono fare per il mondo nel suo complesso, che è poi un modo per aiutare anche se stessi. Potrebbero, ad esempio, cogliere l’occasione per gettare, insieme a Stati Uniti, alla Cina e a tutti gli altri, le basi di un nuovo ordine internazionale, in grado di fermare la «terza guerra mondiale a pezzi» e molte sanguinose guerre locali, come ha chiesto il segretario generale dell’Onu Guterres e come invoca il Papa, facendo «ripartire il mondo» dopo il coronavirus.

Siamo alla solita filastrocca omissiva sulla “pace in Europa” puntulamente caratterizzata da amnesie realtive alle guerre che a poche miglia da casa nostra hanno massacrato interi popoli (si veda: ex Jugoslavia, bombardamenti umanitari del Kossovo, ecc), o che dai pacifici e paciosi Stati dell’Unione sono state condotte o appoggiate (lista troppo lunga: scriviamo “Libia” come promemoria immediato), oppure che hanno riguardato addiurittura realtà interne (si pensi al conflitto nordirlandese).

La filastrocca da sussidiario parrocchial-modernista non poteva che trasformarsi in opportunità, ovvero nella ripetizione del mantra sul “nuovo ordine mondiale”.

Qui però vi stupiremo, perché non ce la possiamo prendere con Avvenire, saremmo ipocriti. Sarebbe troppo semplice (oltre che falso) dar la colpa a Bergoglio, o all’articolista di turno per ciò che da decenni è l’obiettivo della gerarchia ormai ex cattolica, anzi anticattolica.

Il discorso di Paolo VI (inauguratore in liturgia del Novus Ordo Missae) all’Onu era sostanzialmente su questa linea, e con lui erano il globalizzatore ecumenico delle fedi Giovanni Paolo II (si veda Assisi ’86), per non parlare di Benedetto XVI. Vedere in generale l’apposita sezione su RS-Encyclopædia.

Insomma, il problema è vecchio quanto gli errori del Vaticano II. Anzi del Vaticano 2.0.

Il resto sono chiacchiere. Da bar curiale.