Come noto, l’accordo sino-vaticano di marca bergogliana è uno dei tanti frutti del delirio generalmente dottrinale e specificamente ecclesiologico causato dall’ideologia anticattolica tipica del Vaticano II (vedere apposita sezione in RS-Encyclopædia). Che si trattasse di un patto vergognoso era fatto acclarato da tempo, ora si aggiungono dettagli inquietanti. A darci qualche notizia è AsiaNews, grassettature nostre:


P. Huang Jintong, 60 anni, parroco di Saiqi, è scomparso nelle mani della polizia. Il 3 aprile scorso le forze di sicurezza lo hanno prelevato e portato in una località sconosciuta. […]

P. Huang è uno dei circa 20 sacerdoti che non accettano di firmare l’adesione alla “Chiesa indipendente”. Con ogni probabilità egli sarà sottomesso a sessioni politiche e lavaggio di cervello per strappargli la firma dell’adesione.

Dopo la firma dell’accordo provvisorio fra Vaticano e Cina, il governo ha lanciato una campagna per azzerare le comunità non ufficiali esigendo da ogni sacerdote di firmare un documento con cui aderiscono alla “Chiesa indipendente”, rifiutano rapporti con stranieri, proibiscono l’educazione religiosa ai giovani minori di 18 anni, limitano le attività religiose negli stretti confini delle chiese.

Per molti sacerdoti, firmare il documento di appartenenza alla “Chiesa indipendente” significa rinnegare il rapporto con il papa e la Chiesa universale e diventare dei funzionari di Stato: oltre a esibire la bandiera cinese sugli edifici sacri, si deve collaborare alla società socialista e sostenere il Partito comunista cinese e il suo leader supremo Xi Jinping. […]

Con la firma dell’accordo sino-vaticano, la diocesi di Mindong doveva essere una specie di “progetto pilota” per la sua attuazione. Su richiesta di papa Francesco, il suo vescovo, mons. Guo, ha accettato di essere retrocesso a vescovo ausiliare per lasciare la sede di ordinario a mons. Zhan Silu, vescovo ufficiale, a cui il pontefice – come parte dell’accordo – ha cancellato la scomunica.

Ma mons. Guo, non avendo firmato l’adesione alla Chiesa indipendente non è stato riconosciuto dal governo. Nei mesi scorsi ha rischiato di essere un senzatetto: il 15 gennaio l’Ufficio affari religiosi gli aveva dato lo sfratto dall’episcopio e casa del clero di Luojiang. Per timore della pubblicità che il gesto poteva suscitare, gli hanno poi permesso di abitare ancora in casa, ma gli hanno tagliato acqua, luce e gas.

Ora, tutti i giorni, mons. Guo prende l’acqua da un rubinetto a terra fino al quinto piano dove si trova la sua camera, che gli serve da luogo di preghiera e di studio.