a cura di Mattia Spaggiari
Nel ridente villaggio di Oberammergau, sulle Alpi bavaresi, da quasi quattrocento anni con cadenza decennale si tiene una celeberrima rappresentazione della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Correva infatti l’anno 1633 quando, mentre stava imperversando una terribile epidemia di peste bubbonica, il Consiglio comunale del paese fece a Dio un solenne voto: se Egli li avesse liberati dal terribile flagello che li stava decimando, ogni dieci anni i paesani avrebbero messo in iscena, sia pur coi loro poveri mezzi, la Passione di Suo Figlio. Nulla di inconsueto, se si pensa che altre Sacre Rappresentazioni analoghe nacquero proprio in quel secolo in tutto l’Orbe cattolico, tra cui – per fare solo un esempio – la Processione che ogni Giovedì Santo tuttora si snoda per le strade di Marsala. Fatto sta che i contagi cominciarono subito a calare e nel giro di pochi mesi l’epidemia era terminata. E così l’anno successivo, il giorno di Pentecoste, gli abitanti di Oberammergau mantennero la promessa e tra la chiesa parrocchiale e l’antistante cimitero allestirono il primo Passionsspiel. Obbedienti al voto, essi continuarono a rappresentare la Passione di Cristo ogni dieci anni, salvo anticipare l’edizione del 1684 al 1680 in modo da far coincidere le recite col compimento di ciascun decennio. Dalla metà del Settecento quest’evento, ormai ben più spettacolare e articolato che alle origini, cominciò a richiamare sempre più pellegrini, fedeli, turisti, semplici curiosi dalle località circostanti e già ad inizio Ottocento era la più celebre rappresentazione della Passione del Signore in tutto il mondo. Proprio in quegli anni si pensò di costruire un teatro in legno per accogliere gli ormai numerosi spettatori, sostituito poi dalla presente struttura in muratura risalente al 1930. Oggi i Passionsspiele, nonostante siano ancora curati dagli abitanti del villaggio bavarese e da quelli delle immediate vicinanze, sono ormai contornati da un giro d’affari decisamente redditizio: non è più sufficiente una sola rappresentazione, ma si è ritenuto opportuno moltiplicare le repliche fino a superare il centinajo – le rappresentazioni si svolgono da maggio a ottobre – al fine di far lievitare il numero degli spettatori (profumatamente paganti) e con essi gli introiti.
Anno 2020: come di norma negli anni terminanti colla cifra “0”, è previsto un ciclo di 102 rappresentazioni della Passione, ma proprio quando alla preparazione dello spettacolo non mancano che gli ultimi ritocchi, inaspettatamente scoppia una pandemia globale di Coronavirus, che per giunta tra tutti i Länder tedeschi colpisce con particolare violenza proprio la Baviera. Che fare? Chiedere aiuto a Nostro Signore Gesù Cristo invocando la fine della pandemia con lo stesso sublime mezzo utilizzato dai loro avi in una situazione analoga? Sembrerebbe logico, no? E invece le autorità circondariali hanno deciso di sospendere le prove e di rimandare tutte le 102 rappresentazioni al 2022.
Ora, ad essere onesti bisogna dire che non si tratta del primo caso di slittamento. La prima violazione della cadenza decennale fu quella del 1770, quando il Consiglio spirituale del Duca Massimiliano III, nell’ambito della politica anticlericale che caratterizzò il periodo illuminista, vietò qualsiasi Sacra Rappresentazione della Passione di Cristo sul suolo bavarese; sempre a causa di un veto anticlericale posto dal Governo dell’illuminato di Baviera Maximilien von Montgelas, la rappresentazione del 1810 slittò all’anno successivo, ma per farla approvare fu necessario sostituire il testo barocco con uno radicalmente nuovo scritto da un benedettino dell’abbazia di Ettal e intitolato, più genericamente “Il grande sacrificio di Gesù sul Golgota ovvero Storia della sofferenza e della morte di Gesù”. La recita del 1870 fu rinviata al 1871 a causa della leva dei bavaresi, chiamati alle armi nella guerra franco-prussiana. Anche nel 1920, a causa della devastazione economica e sociale portata dalla Grande Guerra più che per l’ultima debole e ormai declinante ondata di influenza spagnuola, si decise di spostare la rappresentazione al 1922; ed infine nel 1940 i Passionsspiele non ebbero luogo a causa della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1970 la Sacra Rappresentazione avvenne comunque nonostante la disapprovazione della Santa Sede, la quale, dopo il Concilio Vaticano II – ma tu guarda! – aveva deciso di assecondare le accuse di antisemitismo provenienti dal mondo giudaico, auspicando un’ampia revisione del testo dei Passionsspiele – revisione risolutamente rifiutata dalla cittadinanza di Oberammergau. Mi pare inutile commentare questa pietosa vicenda, ma basti dire, a riprova del fatto che chi vuol far l’ecumenista s’attira le ire dei suoi fedeli (ammesso che i suoi fedeli conservino alla lunga un qualche barlume di raziocinio) senza per questo entrar nelle grazie dei “fratelli maggiori”, che nonostante i lunghi lavori di “aggiornamento” del testo cominciati negli anni ’70 miranti a minimizzare le colpe della Sinagoga e a ridurre quanto più possibile le riflessioni sulla nostra Redenzione per mezzo della Croce del Signore – valorizzando invece la luminosità del trionfo di Cristo sulla morte –, i giudei non cessano ancor oggi di lamentarsi e di puntare il dito contro gli autori e gli organizzatori dei Passionsspiele.
Detto ciò, alla luce dell’evidente emergenza sanitaria che stiamo vivendo, ci pare comprensibile la decisione di rinviare la lunga –e danarosa – teoria di rappresentazioni al 2022; ma intanto, in questi mesi di sofferenza e di prova, non sarebbe forse stato il caso di chieder soccorso a Dio mettendone in iscena una, una soltanto, anche sine populo se necessario? Dopotutto non è importante che il teatro sia pieno, perché il Solo spettatore che veramente non può mancare è in Cielo, in terra e in ogni luogo. Vero è che a decidere la sospensione non sono certo state le autorità cittadine, ma comunque sembra che, salvo qualche sparuta voce di dissenso, quasi nessuno si ponga il problema, tantomeno il regista, Christian Stückl, che in un intervista ha affermato di non credere ad un Dio che punisce i peccatori inviando loro castighi. Perché allora invocarLo chiedendogli clemenza in un giudizio di cui Egli non sarebbe Giudice?
E mentre è ormai palese che l’opera di fede degli abitanti di Oberammergau del secolo XVII è diventata per molti una mera attrazione turistica o poco più, la gente continua a morire senza che venga invocata la Divina Misericordia, almeno non nelle spettacolari modalità previste dalla tradizione locale. All’Eterno l’ardua sentenza…
Piccola curiosità: come mai la cit. sulla processione del Giovedì Santo di Marsala?
Si tratta soltanto di un altro esempio di Sacra Rappresentazione della Passione di NSGC nata nel ‘600. Al giorno d’oggi se dovessimo fare un ex voto, un Passionsspiel non sarebbe probabilmente la prima idea che ci verrebbe in mente, anche per via dell’individualismo oggi imperante che fa declinare sempre più le forme pubbliche di culto; ma all’epoca tutto ciò era piuttosto comune e anzi il gusto barocco amava molto queste manifestazioni spettacolari. Ho citato la Processione di Marsala perché ho pensato che potesse essere nota a qualche lettore, ma avrei potuto fare altri esempi.