di Massimo Micaletti

La Stratos è una delle automobili che hanno lasciato il segno e tanto ci sarebbe da dire (e ci torneremo) : eppure, rischiava di non nascere o di essere parecchio diversa da come la conosciamo.

Nel 1970, Lancia, ormai entrata nel Gruppo FIAT, inizia a pensare ad un’erede della Fulvia HF per correre nei Rally e concepisce un’idea rivoluzionaria: una coupé a motore centrale, espressamente concepita per le corse, per giunta costruita con una struttura del tutto innovativa ossia con l’abitacolo come una scatola cui sono agganciati due telai, uno per la parte anteriore e una per la posteriore (ecco uno degli argomenti da riprendere prossimamente). Sin dalla nascita del progetto, si pensa al motore Ferrari V6 da 2.000 o 2.400 centimetri cubi, che Ferrari monta sulla sua piccola, la 206 GT / 246 GT “Dino” (perché “Dino”? anche di questo parleremo più in là) e che ha già concesso alla FIAT per una bella coupé che si chiama anch’essa “Dino”. Enzo Ferrari però si mette di traverso, comprensibilmente geloso dei suoi motori: montarli su una vettura non Ferrari è fuori discussione e già l’eccezione fatta per la FIAT doveva restare un caso unico, dovuto a logiche industriali ed economiche del tutto diverse da quelle alla base del progetto Stratos. Da Maranello arriva dunque un secco “no!”. Gli ingegneri Lancia iniziano allora a sondare soluzioni alternative: riprendere il V4 della Fulvia, magari portandolo al limite fisico di cilindrata (circa 1800cc) e forse sovralimentandolo; oppure bussare a una delle rivali storiche della Ferrari, la Maserati, che fa un gran bel V6 anche se meno compatto del “Dino”; in ogni caso tutta la parte posteriore avrebbe dovuto essere rivista e la macchina sarebbe stata assai differente da come era stata concepita, tanto che si parla di ripartire da un foglio bianco. A quel punto, qualcuno ha il guizzo che sblocca l’impasse: FIAT fa sapere a Ferrari che la Stratos avrebbe avuto un propulsore Maserati. La reazione di Ferrari è immediata: piuttosto che regalare a Maserati una commessa da trecento motori (tante le Stratos che avrebbero dovuto essere costruite, in realtà si arrivò a quasi cinquecento), il Commendatore toglie il veto e acconsente alla fornitura.

Al debutto nei Rally nel 1973, la Stratos si presenta dunque con il prestigioso V6 di Maranello: nato per le autostrade, le piste e le passeggiate in souplesse sui lungomare più esclusivi, questo splendido propulsore si farà valere anche su terra, neve e fango, regalando alla Stratos i mondiali ’75, 76 e ’77.