La descrizione di uno dei riti più suggestivi che si celebravano in Settimana Santa nella Basilica di San Pietro con un fasto interrotto dalla occupazione di Roma del 20 settembre 1870.

Segue la cerimonia più maestosa che si faccia dopo mezzogiorno. È questa l’esposizione delle reliquie insigni. Essa ha luogo il mercoledì santo, il giovedì santo, e il venerdì santo finito il canto del Miserere. È quasi notte fatta, sono le sette e mezzo. Anticamente un lampadario di bronzo dorato a foggia di croce e di gigantesche dimensioni discendeva dalla cupola in San Pietro; l’illuminazione era splendida; ma i curiosi facevano allora di questa cerimonia una specie di passatempo: ne provennero alcuni inconvenienti e già da molti e molti anni questo uso del lampadario di bronzo è scomparso.
Le insigni reliquie si compongono della Lancia, del Santo Volto e della vera Croce, sono racchiuse nella cappella di Santa Veronica e questa cappella è situata in cima al pilastro sud-ovest della cupola, sotto all’arco del pennacchio della vòlta. Sul davanti della cappella, come anche negli altri angoli della cupola, fa sporgenza un balcone dal quale appunto i canonici di San Pietro, che soli hanno il diritto di penetrare nella cappella di Santa Veronica, mostrano le reliquie summenzionate. Nello stesso tempo i canonici espongono alla venerazione dei fedeli alcune altre reliquie importanti, ma io non mi occuperò che delle tre principali ed eccovi alcune succinte notizie su questo soggetto.
La lancia è quella di san Longino e san Longino è quel soldato che trafisse il costato di Gesù Cristo sulla croce; si narra che all’epoca della Passione Longino era cieco e che si fece aiutare per colpire Gesù; altri dicono che diventò improvvisamente cieco in punizione della sua barbarie. Checché ne sia Longino ricevette sulle sue dita alcune gocce del sangue di Gesù Cristo ch’era scolato lungo la lancia ed essendosi fregato gli occhi con quel sangue ricuperò la vista. Questo miracolo operò la sua conversione ed ei si fece eremita sui monti della Cappadocia. La lancia rimasta a Gerusalemme fu rinvenuta dall’imperatrice Elena madre di Costantino quando, nell’età di quasi ottant’anni, essa andò a Gerusalemme in traccia degli strumenti della Passione e del sepolcro di Gesù Cristo.
La vera croce secondo un antichissima leggenda sarebbe stata fatta col legno dell albero del bene e del male che, sradicato e trasportato dalle acque del diluvio, avrebbe ripreso radici sul Golgota allo scopo di misteriosi disegni. Sepolta con Cristo ed accanto a quelle dei due ladroni, la croce rimase lungamente ignorata. Quando sant’Elena andò a Gerusalemme ben si trovò il sito dov’erasi sotterrata la croce, ma si rinvennero anche le altre due croci e grande fu l’esitazione per iscegliere fra le tre. Un miracolo indicò la vera croce: un uomo morto il di prima risuscitò appena ne ebbe toccato il legno. Sant’Elena fece della croce due parti: ne lasciò una a san Macario, patriarca di Gerusalemme e portò seco l’altra a Costantinopoli. Particelle del pezzo rimasto a Gerusalemme vennero distribuite ai fedeli poi quel pezzo venne rapito dai Barbari. Eraclio lo fece restituire e lo ricollocò egli stesso nel proprio santuario; portò la croce a piedi scalzi e questo atto di umiltà diede origine alla istituzione della festa che si chiama l’Esaltazione della Croce. Per non più occuparmi di questa porzione rimasta a Gerusalemme aggiungerò qui che i Crociati ve la ritrovarono all’espugnazione di codesta città, ripartita fra i cristiani che l’avevano divisa e nascosta per sottrarla alle ricerche degli eretici.
La porzione portata da sant’Elena a Costantinopoli fornì il pezzo ch’è a San Pietro; da quella altresì Baldovino II verso 11 1200 prese il pezzo che inviò a Filippo Augusto; ciò che ne rimaneva a Costantinopoli era stato consegnato ai Templarii prima che i Turchi s impadronissero della metropoli dell’impero di Costantino.
Ricevendo la preziosa reliquia dalle mani della madre Costantino l’avea fatta collocare nella sua statua in cima a una colonna di porfido sulla piazza del palazzo ma già prima ne avea spedito un pezzo alla basilica di Santa Croce di Gerusalemme in Roma, dalla quale basilica provenne la porzione esposta a San Pietro durante la settimana santa. Il pezzo mandato da Costantino avea dicesi più di tre piedi di lunghezza.
Il santo Volto sarebbe secondo alcuni autori un ritratto di Gesù Cristo fatto da san Luca secondo; altri il volto di Gesù si sarebbe impresso su d’un pannolino per un potere miracoloso; ed ecco quest’ultima variante: Abgaro re di Edessa era colto da una terribile malattia cutanea; Anania suo fido che si recava in Egitto udì parlare dei miracoli operati da Gesù Cristo, si mosse dunque per pregarlo di recarsi a Edessa affine di guarirvi il suo signore; Gesù non poté mettersi in viaggio perché sentiva avvicinarsi la sua Passione, ma scrisse ad Abgaro ed accorgendosi che Anania tentava di ritrarre le sue fattezze preso un pannolino se lo applicò al viso e il pannolino ne serbò l’impronta. Questa reliquia consegnata da Gesù ad Anania guarì Abgaro e costui riconoscente distrusse gì’idoli. Ma i suoi successori ritornarono all’antico culto e il patriarca di Edessa dovette chiudere il santo volto in una edicola ignota delle mura della città. La reliquia protesse per lungo tempo Edessa quando la città fu espugnata. L’imperator Lecapeno ottenne dall’emiro che se n’era impadronito la restituzione della reliquia mediante un forte tributo e verso la metà del secolo decimo il santo volto fu collocato trionfalmente a Santa Sofia. Più tardi trasportato a Roma fu racchiuso nella cappella di Santa Veronica Si dice che il disegno ne è bruno debolmente indicato, ma che il volto è dolce e pieno di maestà. I viaggiatori del resto non possono mai vedere la reliquia altrimenti che quest’oggi o in qualche altra solenne esposizione.
Era venuta la notte; rimaneva appena qualche barlume che luccicava attraverso le finestre dell’abside appiè della statua di santa Veronica stava schierato in paramenti solenni e genuflesso il capitolo di San Pietro dietro a lui c’era il pubblico la cui massa si smarriva nell’ombra; si sentiva il sordo rumore della folla che rimbombava nel gran vaso della basilica; dal balcone della cappella superiore dove stavano per comparire i canonici, discendeva a capo di una lunga catena una enorme lanterna di cristallo il cui lume lanciava appena qualche raggio nello spazio all’intorno. Da basso erano accese alcune torce nel silenzio e in questo ambiente preparato cosi con mistero si aperse la cappella di Santa Veronica e i canonici presentarono per pochi e brevi momenti i reliquiarii che contenevano gli oggetti sovr’accennati. Poi si ritirarono; il capitolo di San Pietro, si alzò rientrò in sagrestia e il fracasso del pubblico calmato per un momento durante l’esposizione riempì San Pietro del suo abituale tumulto. L’effetto delle reliquie esposte cosi al chiarore oscillante di alcuni ceri, rimanendo tutto il resto di San Pietro cupo e misterioso, è potentissimo.
(La settimana santa a Roma ed a Gerusalemme. Lettere di Ludovico Celler, Milano, 1873, pp. 70-72. Testo raccolto da Giuliano Zoroddu)
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