Dal libro 80 miracoli che han fatto la storia – Segni indelebili della veracità della Chiesa in 20 secoli volentieri offriamo ai lettori questo assaggio:


Miracolo strepitoso e inaudito fatto da Dio per distruggere e rendere vani gli sforzi di Giuliano Apostata e degli Ebrei, di volere rifabbricare il tempio e la città di Gerusalemme.

L’anno di Cristo 363.

Era tanto l’odio che l’apostata imperatore Giuliano avea concepito e contro Cristo e contro i Cristiani, che cercava tutte le occasioni e per avvilire i Cristiani, e per farsi gabbo de’ miracoli e delle profezie del Salvatore. E affin non si avverasse l’adempimento delle profezie di Cristo, risolvette di rifabbricare la città e il tempio di Gerusalemme sopra gli antichi lor fondamenti. Questo imperatore apostata dicea nella lettera che egli indirizzò agli Ebrei: Io voglio riedificare la santa città di Gerusalemme, che voi avete da sì lungo tempo desiderato di vedere abitata, e voglio farvi la mia dimora.

Incominciò egli adunque a fare innalzare il tempio in cui solamente i Giudei dovevano offerire i loro sacrifici e le loro preghiere; ma il braccio di Dio obbligò ben tosto gli operai ad abbandonare questa infelice intrapresa. La cosa vien raccontata da Ammiano Marcellino, autore pagano contemporaneo, versato nello studio della filosofia, suddito fedele, e ragguardevole ufficiale dell’ esercito di Giuliano:

«Desiderando Giuliano di propagare la memoria del proprio impero con grandi edifizi, meditava di rifabbricare con immenso dispendio il grandioso tempio di Gerusalemme, che appena dopo molti e mortali combattimenti (nell’assedio fatto da Vespasiano, e poscia da Tito) s’era potuto espugnare: e dell’adempimento di questo consiglio aveva incaricato Alipio Antiochese, che una volta avea governata la Britannia in qualità di vice-prefetto. Mentre pertanto costui fortemente attendeva all’impresa, e la favoriva anche il governatore della provincia, spaventevoli globi di fiamme tratto tratto erompendo dalle fondamenta, fecero inaccessibile quel luogo agli operai, de’ quali alcuni rimasero abbruciati: e così quell’impresa cessò, impedita ostinatamente dal fuoco»[1].

Questa testimonianza di un autore pagano su tale portentoso avvenimento è per noi Cattolici di uno inestimabile valore.

Ma udiamo il racconto di questo miracolo più alla lunga di un autore parimente contemporaneo, il celebre Rufino, siccome viene eloquentemente tradotto dal valente ed erudito abate G. O. Marzuttini in questa foggia: [… continua]

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[1]  Le Storie di Ammiano Marcellino tradotte da Francesco Ambrosoli, con note, volume II, libro XXIII, cap. I, pag. 59. Milano, per Antonio Fonlana 1830.

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