Radio Spada è da sempre interessata alla riscoperta dell’inesauribile giacimento di tesori politico-culturali dell’intransigentismo, dell’integrismo e anche genericamente del clericalismo di lingua italiana, anche per creare un anti-canone della letteratura italiana, una vera e propria antologia alternativa a quella dei “vincitori” che si legge nelle nostre scuole. Oggi vi presentiamo un sonetto tratto dalle Lodi a Maria dell’abate reggiano Pellegrino Salandri (1723-1811) strutturate secondo lo schema delle Litanie Lauretane. Buona lettura!
Il lagrimar dell’alba rugiadosa,
Che a stille a stille arsa la terra beve,
Vario prende sembiante ed ostro in rosa,
In giacinto pallore in giglio è neve.
Grazia così che all’uman guardo ascosa
Da Maria piove vigorosa e lieve,
Nuovo veste costume ovunque posa,
E quasi umane qualità riceve.
Al debil piè stabil sostegno e fermo,
Al pauroso è ardir, freno all’audace
Speme all’afflitto, all’assalito è schermo;
Al freddo è vampa, al dubbio core è face,
balsamo odoroso al fianco infermo,
E ogni spirto ne bee letizia e pace
Grazioso sonetto. Peccato – al di là di un pajo di punti in cui la dizione è decisamente troppo macchinosa – per gli errori di metrica: il secondo verso è ipermetro o comunque, se anche si volesse postulare un’ardita sinalefe tra “stille” e “arsa”, avrebbe un erroneo accento di quinta, per giunta con due accenti in sillabe consecutive senza nessuna dieresi a separarli (dubito che Salandri abbia voluto recuperare il décasyllabe epico della poesia francese medievale, che invece ammetterebbe un verso simile); per far tornare il penultimo servirebbe invece postulare un’assurda dialefe tra “balsamo” e “odoroso”; infine bisognerebbe segnare la dieresi sulla “u” di “pauroso” al verso 10, altrimenti avremmo un ipometro. Il sonetto è stato per giunta qui riportato con molti errori di battitura (punti, virgole, apostrofi, majuscole mancanti).