di Giorgio Enrico Cavallo

Il 20 maggio 1506 moriva Cristoforo Colombo, il nobile scopritore dell’America che si può ben considerare come uno dei più importanti uomini della storia degli ultimi secoli. La sua cattolicità è nota: era un uomo di fede fervente. La sua religiosità era tanto ardente che egli decise di diventare terziario francescano e, in epoca recente, due pontefici centrali per la storia dell’epoca moderna – Pio IX e Leone XIII – hanno pure cercato di beatificarlo. A perorare la causa di canonizzazione di Cristoforo Colombo fu un gentiluomo francese, il conte Antoine Roselly de Lorgues, autore nel 1844 di un’opera di carattere storico-religiosa dal titolo La Croce nei Due Mondi. De Lorgues intendeva rivendicare l’importante ruolo svolto dal cattolico Colombo nella storia della scoperta delle Americhe, fino a quel momento taciuto dalle opere storiche che, scritte principalmente da protestanti del calibro di Washington Irving, poco o nessun peso davano alla fede dello Scopritore. Irving, a dirla tutta, fu anche uno dei maggiori propagatori di vere e proprie balle storiche, come quella della Terra piatta. La santità di Colombo era anch’essa una mistificazione della realtà?
I pontefici si dimostrarono estremamente cauti nell’avviare la causa di beatificazione. Su Colombo gravava il giudizio (critico) del mondo protestante ma soprattutto alcuni episodi della sua vita erano ancora poco chiari. Ad esempio: egli sposò, è pur vero, la nobile Filipa Perestrello, ma non ci risulta che abbia parimenti sposato la sua seconda compagna, Beatriz Enriquez de Arana, che fu anche la madre di suo figlio Fernando. In realtà, è stato fatto notare che nulla vietò a Colombo di sposare Beatriz Enriquez in quello che veniva definito “matrimonio di disparaggio”, simile al più noto matrimonio morganatico. La differente classe sociale dei due sposi può suggerire questa tipologia di unione; ma, a ben vedere, questa resta una ipotesi: non ci sono documenti che la provino e all’epoca il giudizio sui rapporti fuori dal matrimonio era severissimo.
A nulla valse la condotta davvero irreprensibile di Cristoforo, uomo dalla religiosità che rasentava il misticismo. Osservò il figlio Fernando che il padre, «se alcuna cosa aveva da scrivere, non provava la penna senza prima scrivere queste parole, Iesus cum Maria sit nobis in via; e di tal carattere di lettera, che con solo quello si poteva guadagnare il pane». Leggendo i Diari di Colombo, emerge la figura di un uomo tormentato dalla necessità di convertire non soltanto gli indios, ma il mondo intero. Il suo intento, condiviso dalla buona regina Isabella di Castiglia, era quello di organizzare l’ultima e la più grande delle crociate per liberare la Terra santa con l’oro delle Indie. Cristoforo morì, come raccontò ancora il figlio Fernando, mormorando: «in manus tuas, Domine, commendo spiritum meum», nota citazione evangelica da Lc 23, 46. Il 20 maggio 1506, l’Ammiraglio del Mare Oceano, lo Scopritore e primo viceré delle Indie, don Cristoforo Colombo, nella sua semplice casa di Valladolid, contemplava l’eternità.
I pontefici non si espressero mai sulla santità di Colombo; tuttavia, Leone XIII nell’epistola enciclica Quarto abeunte saeculo usò parole sorprendenti per lo Scopritore dell’America: «Colombo è uomo nostro. Per poco che si rifletta al precipuo scopo onde si condusse ad esplorare il mar tenebroso, e al modo che tenne, è fuor di dubbio che nel disegno e nella esecuzione dell’impresa ebbe parte principalissima la fede cattolica: in modo che in verità per questo titolo tutto il genere umano ha obbligo non lieve verso la Chiesa».

Giorgio Enrico Cavallo ha pubblicato coi tipi di Radio Spada “Risorgimento: Guerra alla Chiesa”, disponibile assieme ad altri tesi sul nostro e-commerce.