Dal libro 80 miracoli che han fatto la storia – Segni indelebili della veracità della Chiesa in 20 secoli volentieri offriamo ai lettori questo assaggio:
Caso orribile, per cui S. Brunone si risolve d’intraprendere un’austerissima vita nell’eremo.
L’ anno di Cristo 1082.
Pervenuti erano gli anni di nostra salute al numero di 1082 o circa, quando un maestro di teologia, tenuto in credito per scienza e per bontà di costumi, sen cadde gravemente infermo, e già sentendosi egli vicino al termine del viver suo, prese i sacramenti della Chiesa, e assistito dai sacerdoti fra poche ore di questa vita si dipartì. Quest’uomo esser santo dicevan tutti ad una voce, quasi che avesse con buone ed ottime operazioni la sua vita infra il merito e la virtù direttamente ognor condotta.
Oh come i giudici degli uomini sono fallaci! Posto adunque essendo sopra una bara il cadavere nella propria casa per indi poscia trasferirlo alla chiesa, ove preparato era il tutto affin di fargli un pomposo e magnifico funerale, e intervenuto un gran numero di amici a motivo di suffragarne l’anima con le preci e di venirlo accompagnando alla sepoltura, non prima il clero si fu presso a levarlo, che il cadavere alzatosi dalla bara in cui giacea, e mandando un orribil grido esclamò: Justo Dei judicio accusatus sum.
Ciò detto si rimis’egli tosto sul cataletto com’era prima. Quali allora si restassero in ciò vedere ed udire i circostanti, ognuno da sé medesimo il può comprendere. Impauriti e con lo smarrimento nel cuore guardaronsi attoniti gli uni cogli altri. Venne tosto interrotta la sacra cerimonia, e non potendosi dalle parole udite aver sicurezza del come riuscita fosse l’accusazione all’infallibile divin giudizio, si prese consiglio di rimettere al giorno vegnente il mortorio e l’ecclesiastica sepoltura. La fama intanto di quel successo avanzossi a volo per le contrade della città, sicché il popolo in molto numero corse alla casa per veder ciò che di nuovo avvenisse, e ciò che volesse il Signore di nuovo manifestare. Ritornati adunque nella mattina vegnente in abito lugubre gli amici ed il clero, non così tosto si venne dopo le preci a levare il cadavere, che il defunto rialzò di nuovo il capo dalla sua bara, e con voce assai più terribile gridò: Justo Dei judicio judicatus sum, e tornò subito come prima a giacere nel cataletto.
Chi può giammai esprimere non che immaginare l’orrore da cui rimase allora ingombrato l’animo di ciascuno? Ma perché da tutto ciò nemmeno inferir potevasi qual fosse l’esito di questa causa, deliberossi di prolungare alla seguente mattina la terza volta il lugubre accompagnamento. Se nei due passati giorni fu numeroso il concorso del popolo, fullo in questo al più ch esser mai potesse. Cessarono le amministrazioni del Foro e delle pubbliche cose, e tutti furono alla casa del morto dottore in sì gran folla, che non bastò ella a contenere in menoma parte que’ tanti che desiderio avevano di udire a qual fine riuscir dovesse questa tragedia. Replicandosi dunque la cerimonia dai circostanti con più assai di aspettazione e di timore che nel giorno antecedente, e venutosi al tempo di portare alla chiesa il cadavere, ecco il defunto, che alzatosi di nuovo sul cataletto e spirante di nuovo fiamma infernale esclamò: Justo Dei judicio damnatus sum, e non prima egli ebbe così gridato, che ritornossi a giacere sopra la bara.
S’impresse per tal modo nel popolo l’orridezza dello spettacolo, che tutti pallidi e tremanti senza più dir parola ne ritornarono alle loro abitazioni. Il cadavere dell’infelice maestro, avendo egli stesso ad alta voce manifestato di aver perduta l’anima sua con gli empi, non fu già sepolto in luogo sacro; ma estinti i lumi che l’attorniavano, e tralasciate le ecclesiastiche cerimonie, venne portato altrove, ed ebbe come il re Gioachimo la ignominiosa sepoltura di un vil giumento. Ecco in qual modo fu conosciuto questo servo infedele. Ecco in qual modo ne fu egli ributtato da quel gran Dio che, avendo disposte in lunga ordinanza nel suo cospetto tutte le nostre iniquità, manifesta i consigli stessi del cuore, e traendo di mezzo alle tenebre le cose occulte, pone in luce la stessa ombra di morte. La più comune opinione si è ch’egli fosse uno di quegl’ipocriti che hanno già ricevuta la lor mercede, e che somigliano a’ sepolcri, belli al di fuori, ma non aventi al di dentro che aride ossa e che putredine. Parve bensì agli occhi degli uomini e giusto e retto il suo vivere; ma egli ebbe solo una giustizia vana e sterile, che appunto è quel seme che gittato e sparso dagli empi ne perirà. Moltissimi che presenti furono a questo orrendo spettacolo e che sortito avevano un cuor docile e facile a lasciarsi volgere ove a Dio piaceva, se ne valsero in lor profitto, e rivolgendosi al Signore col pentimento dei loro peccati, ritrovarono nell’aiuto e tempo opportuno la grazia sua.
S. Brunone che vide e udì tali cose in quel maestro, cui già per suo grande amico e per santo tenuto avea, rimanendogli nell’animo impressa una così lagrimevole immagine, tornato a casa ne pianse amaramente, considerando di quale orrore abbia ad essere il cader nelle mani d’un Dio vivente. Non altro facendo egli che pensare a ciò notte e giorno, e contristato dalle grida e dalla tribolazione di quel peccatore, in cui Dio terribilmente veniva magnificato, si risolse insieme ad alcuni amici e discepoli di ritirarsi alla solitudine, di prepararsi alla tremenda ora di morte con intraprendere un austerissimo tenor di vita. E da qui ebbe principio il venerabile e santissimo Ordine Cartusiano[1] (certosino), che tanto bene sempre arrecò alla società, alle lettere e alla religione.
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[1] Ercole Maria Zanotti, Storia di S. Brunone patriarca del sacro Ordine Cartusiano, capo VI, pag. 30, 31, 32 e 33, Bologna 1741. – Il dotto ed eloquente autore alla pag. 254 fa l’ apologia di questo miracoloso fatto. Molti poi sono gli autori che parlano di questo vero e strepitoso avvenimento. – Henric Gran German. Magnum Speculum exemplor. dist. IX, pagina 618; ed altri.