«Signasti, Domine, famulam tuam Ritam
signo caritatis et passionis tuae
»

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Era l’orazione di questa Beata Religiosa accompagnata sempre da un’altissima contemplazione ora delle cose celesti ora dei Divini Misteri operati dall’Incarnato Verbo in questa bassa terra e di quelli della sua atrocissima Passione quali distintamente aveva disposti sulle mura della sua Cella e li andava ad uno ad uno con tanta compassione meditando che ben era rapita in estasi dolorosa, la quale tant’afflizione le recava che talora le Monache mirandola la scorgevano ridotta a tal estremo che la stimavano di già passata all’altra vita, tanto rimaneva nel volto scolorita negli occhi, con le labbra smorte e languenti come se veramente fosse stata morta; e perché non poteva patire la stessa Passione e Morte di Cristo, perché non v’era per lei un tiranno che per amore del suo Gesù la martirizzasse, procurava ella di martirizzare se stessa con le molte e rigorose penalità, alle quali aggiungeva un digiuno quasi perpetuo di pane e acqua, oltre le tre Quaresime rigorosissime che ogni anno faceva, portando in oltre cucito nell’interno della Tonaca alcune spine che di continuo tormentavano la sua afflittissima umanità.
E qui mi torna in acconcio di riferire una grazia singolarissima che si compiacque Nostro Signore di fare a questa santa Madre in premio della sviscerata divozione che ella portava alla sua atrocissima Passione. Il caso nella seguente guisa passò. Aveva ella ascoltata una divotissima Predica della suddetta Passione fatta con gran fervore e spirito dal B. Giacomo della Marca dell’Ordine de Minori per la quale rimase ella tanto desiderosa di patire per amore del suo appassionato Signore che ritiratasi nell’Oratorio vecchio del Convento e prostratasi davanti l’Immagine di un divoto Crocefisso così gli prese a dire: «Deh mio Crocefisso, se voi patiste tanto senz’alcuna vostra colpa e peccato per amore dell’uomo che, non contento d’essere stato dagli Ebrei preso e legato nell’Orto di Getsemani e strascinato davanti ai Tribunali ove foste anche caricato con molte ingiurie e scherni e con molti schiaffi e percosse, voleste di vantaggio essere crudelmente flagellato e coronato di spine e permetteste d’essere crocefisso sopra un duro tronco di Croce, e perché non permettete che anch’io vostra indegna Serva ed Ancella, che fui cagione con i peccatori di tante vostre pene e tormenti, non venga parte della vostra Passione, giacché io la merito per le mie molte mancanze? Fatemi, o mio dolce Gesù, partecipe di tutta la vostra Passione, o almeno di una parte di quella. Io non pretendo già che voi imprimiate le vostre cicatrici nel mio corpo come già faceste nel Cuore del mio gran Padre Sant’Agostino e nel Corpo del Serafino d’Assisi, né tampoco vi supplico che stampiate nello stesso mio cuore la vostra Santa Croce come faceste in quello della mia Serafica Madre Santa Monica, né finalmente vi domando che inseriate tutto voi stesso Crocefisso nell’interno del mio cuore con tutti i Misteri della vostra Santa Passione come faceste nel generoso cuore della mia Santa Chiara da Montefalco: perché così alti favori non si devono ad una peccatrice quale sono io, ma solo per i meriti del vostro preziosissimo Sangue sparso per me vostra indegnissima Serva vi domando per carità una sola delle Spine che trafissero con tanto dolore e tormento il vostro sacratissimo Capo: non mi negate amoroso Signore questa grazia perché io non partirò di qui se né l’ottengo». Così disse la gran Serva di Dio e così concluse la sua richiesta ed ecco che non volendo più resistere il pietosissimo Signore a così umili e fervorose preghiere, scagliò all’improvviso dalla sua Corona una Spina pungente con tale impeto che cogliendo nel mezzo la fronte di Rita ruppe non solo la pelle e la carne ma l’osso istesso*, lasciando ivi una piaga che durò per tutto il tempo di sua vita; per qual colpo provò Rita un dolore eccessivo che pensò di morire nello stesso momento e morta sarebbe se lo stesso Iddio che il gran colpo aveva fatto, non l’avesse con perpetuo miracolo serbata in vita. Dopo aver dunque ricevuto dalla Divina Mano un favore così grande come non capiva in se stessa per soverchia gioia, così non mai cessava di momento in momento di renderne le dovute grazie a Sua Divina Maestà.
E perché la detta Piaga della fronte senz’essere medicata venne ben tosto ad infracidarsi così cominciò anche a tramandare un gran fetore che non solamente aggiungeva in lei tormento a tormento ma recava altresì molto travaglio all’altre Monache, laonde fu necessario che la buona Abbatessa da quelle la separasse.
Occorse intanto che essendo giunto l’Anno Santo del 1450, ebbe desiderio la Santa Madre di passarsene in Roma per fare acquisto di quella grande Indulgenza, perché in questi tempi non era così rigorosa la Clausura delle Monache; chiese pertanto la buona Serva di Dio licenza dall’Abbatessa di fare quel divoto pellegrinaggio in compagnia d’un’altra Religiosa, ma la suddetta Madre le negò la licenza apertamente dicendole che giammai gliel’aurebbe concessa se prima non l’avesse veduta risanata da quella piaga- Lieta per tanto di così fatta risposta la B. Rita si andò a gettare genuflessa ai piedi del suo amato Crocefisso istantemente pregandolo a volere con la sua divina Virtù risanare quella piaga che si era degnato di farle con quella sua adorata Spina nella fronte, fintantoché fosse andata e ritornata da Roma e subito ottenne la grazia perché di tal sorte disparve l’accennata piaga che non vi rimase neppure un minimo segno d’esservi stata; andò dunque nel nome del Signore con la sua buona compagna a Roma e dopo avere acquistato quel santo Giubileo e visitati tutti quei Beati Santuari di quella gran Città con estremo contento e consolazione dell’anima sua, fece ritorno al suo monastero, nel quale non così tosto ebbe posto il piede, che subito con nuovo miracolo tornò ad aprirsi la piaga e a produrre i soliti effetti di tormento e di fetore come prima.

(da Secoli agostiniani, Bologna, 1682)

* NdRS: La esistenza di siffatta piaga è stata pienamente confermata dalle ricognizioni mediche del corpo incorrotto della Santa compiute nel 1972 e nel 1997.