Riflessioni sul tempo sprecato da una Chiesa contagiata

Di Francescoandrea Allegretti

Di davidosta da Pixabay

Che la Chiesa sia preda del modernismo è cosa risaputa. Che Essa sia assillantemente corteggiata dalla secolarizzazione, pure. Allo stesso modo non stupisce che proprio la somma bellezza della Chiesa, la Sacra Liturgia, la Celebrazione Eucaristica, sia preda di brutali attenzioni e intenzioni. Ma che i bruti in questione fossero manifestamente i prelati della CEI, affannosamente sostenuti da buona parte di cattolici, questo sì che sconvolge e aborrisce.

La quarantena da Covid-19 ha certamente palesato le turbe dei fedeli e la scarsa propensione a scorgere il Mistero (oscurato dall’orgogliosa ipocrisia del dirsi cattolici, anteponendo la prassi alla comprensione della prassi stessa), ha mostrato il volto deturpato e burocratizzato della Chiesa, ha discoperto l’incapacità da parte del popolo ecclesiale di autocomprendersi e la sua cecità e sordità dinanzi al pluriforme linguaggio di Dio.
Perché non vivere questo tempo di digiuno eucaristico per formare alla liturgia? Perché non pregare in questo tempo con il Breviario (questo sconosciuto)? Perché non vivere questo tempo come kairòs? Perché non comprendere questo tempo non come tempo di assenza ma come tempo fecondo? Perché non vivere questo tempo ascoltando la Parola? Perché non intendere questo tempo come tempo profetico, in cui Dio non tace ma parla, grida al cuore? Perché non approfittare per comprendere ciò che è l’Eucarestia? Perché non nutrirsi della Comunione Spirituale alla stregua di tanti grandi Santi della Chiesa, prendendo atto che, come ricorda san Tommaso d’Aquino, «Dottore Eucaristico» (Pio XI, Studiorum Ducem, 1923), la manducazione materiale del Sacramento è un’aggiunta a quella spirituale?

Il tempo di quarantena appena trascorso, anziché intenderlo come assenza e privazione, avrebbe dovuto ricordarci che il nostro Dio è il Dio della storia, per cui nulla è lasciato al caso: la smania di un ritorno frenetico alle celebrazioni ha però avuto l’effetto di smentire questa verità, rendendo evidente l’incapacità di scorgere Dio negli eventi, pensandoLo inferiore e impotente dinanzi ad un virus! Non si può di certo paragonare la ripresa delle Celebrazioni Eucaristiche alla riapertura dei bar o ai permessi per fare jogging: l’Eucarestia non è un diritto ma è una grazia! Purtroppo però, ciò è stato fatto, senza vergogna: la Chiesa ha smarrito sé stessa, la sua autorità, la sua sacramentalità, assoggettandosi ai capricci dell’opinione pubblica, adeguando sé stessa alle riaperture dei negozi, subordinandosi ad ordinanze civili.

Ecco dunque che l’accordo CEI-Governo svela ancora una volta il processo di secolarizzazione interna alla Chiesa, tradotta con la desacralizzazione dell’Eucarestia e con la democratizzazione delle celebrazioni liturgiche.
In ultimo, quali conclusioni trarre? Per ora, solo una: da ieri si è in definitiva assistito ad un nuovo modello cultuale, in cui la sanificazione ha prevalso sulla santificazione e ciò di certo non porterà a nulla di buono…