
>>> Intervista con Marco Manfredini autore de La Destra* necessaria – Manifesto reazionario per il XXI secolo, prefazione di Massimo Viglione <<<
RS: Ho dato un’occhiata al suo curriculum, e devo dire che non promette nulla di buono: tanto per cominciare lei è padre di famiglia numerosa, il che significa che contribuisce in modo irresponsabile all’inquinamento del pianeta, alla deforestazione e al buco dell’ozono.
MM: Mi dichiaro felicemente colpevole.
RS: Di certo allora non avrà preso nemmeno in considerazione una “conversione ecologica”, come auspica il…
MM: Una conversione cosa?
RS: Fa nulla. Mi dicono che collabora con quel pessimo esempio di rivistaccia digitale chiamata Ricognizioni.
MM: Non posso negarlo.
RS: Per non dire del giornaletto Mondopiccolo.
MM: Finché il direttore non mi caccia…
RS: Ha già pubblicato l’irriverente libercolo “Ecclesialmente corretto”.
MM: Peccati di gioventù.
RS: Ma se è uscito l’anno scorso?
MM: Infatti sono ancora giovane. O perlomeno mi sento tale.
RS: Ma se ha tutti quei figli, quando la sera torna dal lavoro perché non si occupa un po’ anche di loro anziché imbrattare dei fogli?
È ciò che mi dice sempre anche mia moglie, ma non posso farci niente: un vizio dovete lasciarmelo. C’è chi va al bar, chi fuma la pipa, chi segue il calcio, chi scommette, chi si ubriaca, chi assume sostanze, chi si assembra, chi guarda la D’Urso, chi vota le primarie del PD… io ogni tanto butto giù due righe. Tutto sommato poteva andare molto peggio.
E poi vorrei far notare che combattendo la buona battaglia dal punto di vista – mi si passi il termine – “culturale”, mi occupo indirettamente non solo dei miei figli, ma anche di quelli degli altri.
RS: Va beh, veniamo al dunque: parliamo del libro. Con un titolo come “La destra* necessaria” non posso esimermi dalla domanda: per caso lei è fascista?
MM: Non scherziamo, questa domanda non ha senso, per diversi motivi. Primo fra tutti, il fascismo è morto settant’anni fa; se è sopravvissuto qualche nostalgico si tratta di casi isolati, di residuati bellici. Il vero problema attuale è che più il ricordo del fascismo si allontana più si rafforza l’antifascismo. Roba da non credere.
Un altro motivo che non si ricorderà mai abbastanza è che Mussolini nacque, e per buona parte della sua vita fu, socialista. Quindi di sinistra.
In conclusione no, non lo sono, anche se quando leggo la Murgia o sento Gad Lerner… beh, la tentazione è forte. La sensazione è che prima o poi, a forza di evocarne il fantasma, saranno proprio loro a farlo rinascere. Meglio lasciar stare i defunti.
RS: Perché c’è un asterisco dopo la parola “Destra”?
MM: A dire il vero è stata un’idea dell’editore. Siccome si tratta di un termine di quelli facilmente equivocabili, ci teneva ad evidenziare che qua non si parla di una destra qualsiasi, ma di una destra ben precisa. L’asterisco è un invito a valutare il contenuto prima di esprimere giudizi affrettati, anzi pre-giudizi, senza sapere cosa si intende esattamente con il termine in questione.
RS: Spera in questo modo che nessuno si scandalizzi per il fatto che lei sostiene la tesi che vi sia ancora bisogno di una destra?
MM: Non proprio. Ammesso che qualcuno abbia la bontà di prendere in considerazione l’opera, lo scandalo a quel punto verrà in automatico. Quando, dopo aver superato il disgusto che la parola destra provoca nella classe “intelligente”, l’incauto lettore si accorgerà che non si tratta di una destra addomesticata, quindi una destra né moderna né europea, né inclusiva né civile secondo i criteri dell’attuale inciviltà, allora verosimilmente non resterà che un democratico rogo.
Posso unicamente confidare che sulla graticola vi finisca solo il libro.
RS: Nel testo compaiono nomi, cognomi, ed anche soprannomi. Non teme che qualcuno degli intelligenti di cui sopra se ne abbia a male?
MM: Sì, lo temo. Ma ormai la pubblicazione è stata stampata e me ne assumo la responsabilità. Avevo iniziato ad elaborare un piano di fuga verso paesi più normali come l’Ungheria o la Russia, poi è intervenuto il Covid e finché non riaprono le frontiere non posso espatriare. Se Orban o Putin non mi accolgono posso accontentarmi anche di Johnson o Trump.
RS: Mi par di capire che dalle sue parti tira aria di sovranismo antieuropeista. Si tratterà mica una destra da Italexit?
MM: Le par di capire giusto. D’altronde c’è anche il detto: il sovranismo è il profumo della vita!
Quanto a Italexit devo confessare che la parola non mi piace affatto: da tempo insospettabile ho sempre parlato di Exitaly, una crasi molto più efficace ed elegante. Il concetto comunque è il medesimo, ovvero la risposta ad una domanda: cosa ci stiamo ancora a fare in questa Unione quando tutte le disgrazie che si paventavano se non fossimo entrati si sono verificate proprio perché vi abbiamo aderito? La risposta: perché i governanti non sanno quello che fanno. O almeno me lo auguro, perché se fossero anche consapevoli la loro deprecabilità aumenterebbe esponenzialmente; se vi fosse del dolo in ciò che sta accadendo sarebbe gravissimo.
In realtà sappiamo che il dolo c’è, ma ai piani di sopra. Quelli che noi chiamiamo governanti al massimo hanno la responsabilità di un cameriere, come diceva il vecchio Pound. E non lo dico per scusarli, anzi, mi scuso con i camerieri per il paragone degradante.
Ma non vorrei fare del qualunquismo.
RS: Partiti o leader politici di riferimento?
MM: Non ne ho. Anzi, con sprezzo della modestia preferirei che qualche leader politico prendesse il mio testo come riferimento. La politica comunque viene dopo, è una conseguenza, anzi, dovrebbe essere la conseguenza di un pensiero, altrimenti parliamo di vuoto pneumatico, come il PD da una parte e FI dall’altra insegnano in modo esemplare.
A tal proposito tengo a chiarire che per quanto nel libro mi sia occupato anche di bassa, talvolta bassissima politica, l’idea che ambisco a promuovere è quella che mi piace definire come “destra antropologica”. Un sistema di pensiero, una concezione del mondo che trae spunto dalla realtà delle cose, dalla natura cartesianamente intesa e tomisticamente perfezionata, quindi dall’evidente superiorità ontologica dell’uomo su tutto il creato, senza però dimenticare la sua necessaria inferiorità rispetto al Creatore.
Niente di nuovo, per carità. Potrei anche dire, col rischio di fare una pessima pubblicità, che si tratta di una “destra dell’ovvio”.
Ma non mi nascondo nemmeno dietro un dito: è chiaro che le formazioni politiche che meglio incarnano – mi correggo: meno tradiscono – l’idea di destra antropologica sono quelle che non nascondono le proprie posizioni sovraniste e populiste, in senso buono.
RS: C’è quindi un populismo buono e uno cattivo?
MM: Sì. Quello dei Cinque Stelle ad esempio è un populismo cattivo. Sembrava fossero dalla parte del popolo (ma solo all’osservatore distratto), poi nel momento della vera prova hanno dato vita ad uno dei governi più euroschiavisti e pareggiobilancisti che abbiamo mai visto, e lasciamo stare la gestione pandemica per carità di patria. Ma non sono gli unici: per quanto Berlusconi sia stato negli anni novanta l’inauguratore di questa nuova stagione populista, quello di Forza Italia è già da diversi anni un populismo defunto, trasformatosi in un demoliberalcretinismo finto conservatore. Quello di Lega e Fratelli d’Italia ogni tanto esprime qualcosa di sensato, ma spesso frammisto a balordaggini che con la destra non hanno nulla a che vedere (ad esempio la riapertura dei bordelli di Salvini), che lasciano intravedere quanta poca sostanza ci sia anche sotto ai leader meno peggiori.
RS: Torniamo indietro un attimo. Cosa intende esattamente per “destra dell’ovvio”?
MM: Laddove il nemico può essere visto come latore cronico di una “sinistra dell’improbabile”, è assolutamente necessario rimettere un po’ d’ordine, tornando a ciò che fino a qualche decennio fa era considerata l’unica opzione possibile, senza discussioni, né tavoli sindacali, né consessi sinodali. Per fare qualche esempio, la “destra dell’ovvio” sostiene che due più due fa ancora quattro. Che l’acqua bagna e il sole asciuga. Che per mettere al mondo un bambino occorrono un padre e una madre; per crescerlo idem. Che se quel bambino viene ucciso prima di vedere la luce trattasi di infanticidio. Che se smetti di somministrare nutrimento o ossigenazione ad un malato questo muore di fame o soffocato. Che uno stato ha il dovere di difendere i suoi cittadini, cosa impossibile da farsi senza erigere confini e farli rispettare. Che sempre il medesimo stato deve governare “i mercati”, non esserne al servizio. Che le varie parti del corpo umano sono state progettate per uno scopo ben preciso e, se utilizzate impropriamente, il minimo che possa accadere è che l’intero organismo ne venga danneggiato.
Sì, la verità fa male subito, poi però guarisce. A lungo andare fa molto più male la menzogna, la fede nel progresso, la sottomissione a falsi idoli.
RS: Perché allora uno dovrebbe acquistare un libro contenente trecento pagine di ovvietà?
MM: Ad esempio perché sono scritte in modo godibile. Ad esempio perché c’è l’elenco con i quattrocentosessantacinque motivi per essere di destra, tra aforismi originali e citazioni brillanti. Ad esempio perché c’è il test finale per misurare quanto sei radical-chic. Ad esempio per la ragguardevole prefazione di Massimo Viglione, che approfitto per ringraziare.
RS: Perché tiene tanto alla parola “reazionario”, esibendola impunemente, quasi fosse un pregio?
MM: Perché laddove la sinistra, consapevolmente o meno, è “rivoluzione” nel senso più metafisicamente sovversivo del termine, occorre vi sia una reazione uguale e contraria per ristabilire l’ordine naturale delle cose.
“Reazione” quindi come controrivoluzione o riparazione, come salvezza dalla dissoluzione, o anche ritorno alle origini. Come dico in uno dei motivi del libro: “Reagisco, ergo sum”.
RS: Ci può dire allora qualcun altro di questi famigerati motivi per cui sarebbe opportuno essere di destra?
MM: Ad esempio perché “esistono idee giuste, idee opinabili, e idee di sinistra”. Oppure perché “il centro scivola sempre nelle braccia della sinistra”. Ancora? È meglio essere di destra perché “se la carne è debole, almeno che il pensiero sia forte”. Oppure, citando Flaiano, perché “Quelli di sinistra si battono per l’Idea, non avendone”.
È solo un piccolo assaggio. Ma vorrei ribadire che questo essere di destra non si risolve necessariamente in un automatico voto al partito più di destra che c’è. Per paradosso – sottolineo: per paradosso – potrebbe persino venire il momento in cui per rimanere di destra sia necessario votare a sinistra. O perlomeno starsene a casa, a seconda di quello che suggerisce lo stomaco. Perché lo stomaco, nel segreto dell’urna, non va sottovalutato. E d’altra parte è sempre meglio votare di stomaco che votare col…
RS: Va bene, va bene, non è necessario proseguire. Qualche esempio di personaggi di destra e di sinistra, secondo i suoi canoni?
MM: Spaziando un po’ mi viene da dire Donoso Cortés, Giovannino Guareschi, Mel Gibson, da una parte.
Dall’altra… tutti gli altri! Scherzi a parte, c’è veramente l’imbarazzo della scelta: Giangiacomo Rousseau, Carlo Marx, John Lennon, Bill Gates. A proposito di quest’ultimo: ormai è noto che i grandi ricchi votano a sinistra. C’è qualche problema ad essere ricchi? No, il problema è votare a sinistra.
RS: Ma destra e sinistra non sono categorie un po’ obsolete?
MM: Questo è il solito luogo comune, è da almeno un secolo che le danno per spacciate. In ogni caso visto che anch’io mi sento un po’ obsoleto, se proprio devo scegliere…
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