
A dire cose semplici e chiare ci si fanno nemici. Se poi queste cose semplici e chiare fanno traballare le mezze certezze di un mondo in fibrillazione, allora i nemici diventano particolarmente focosi.
Da qualche tempo l’arcivescovo Viganò è arrivato ad una dura condanna del vaticansecondismo e delle sue conseguenze (tra cui la messa montiniana): nell’analisi dei fatti – inevitabilmente – è giunto a comprendere il carattere problematico (usiamo questo eufemismo) dell’ermeneutica della continuità, ovvero – aggiungiamo noi – di uno degli spompatissimi cavalli di battaglia ratzingeriani.
Chiunque abbia un paio d’occhi e la conoscenza dell’abc della Dottrina Cattolica sa che non vi è e non vi può essere nessuna continuità tra le dottrine vaticansecondiste e quelle della Chiesa. Inoltre, chiunque abbia una blandissima infarinatura di nozioni di dinamica rivoluzionaria sa bene che la rivoluzione, al netto delle intenzioni di chi la compie, ha una marcia più veloce (ermeneutica della rottura) e una marcia più lenta (ermeneutica della continuità) per risultare idonea a più scenari (e gusti) possibili.
Roba vecchia e nota: ricordate il Termidoro in Francia? La normalizzazione post-staliniana in URSS?
Ora Viganò ha capito il gioco e – per il momento senza far troppi nomi – ha capito pure che uno dei problemi della partita sta proprio nella marcia lenta. Che Ratzinger da qurant’anni sia l’interprete primario di questa marcia, del resto, è fatto noto a tutti.
Apriti cielo: il gioco si è rotto.
“L’arcivescovo Viganò è sull’orlo dello scisma“, tuona dal suo blog (del gruppo L’Espresso, qui), il vaticanista Sando Magister. Vediamo qualche estratto, con grassettature nostre:
Benedetto XVI nel 2011 lo promosse a nunzio apostolico negli Stati Uniti. Il mite papa teologo non poteva certo immaginare, nove anni fa, che l’arcivescovo Carlo Maria Viganò – dal 2016 tornato a vita privata ma tutt’altro che nascosta – l’avrebbe oggi incolpato d’aver “ingannato” la Chiesa intera dando a credere che il Concilio Vaticano II fosse immune da eresie e, anzi, andasse letto in perfetta continuità con la vera dottrina di sempre. Perché proprio questa è la vetta a cui è arrivato Viganò in questi giorni, in capo a un crescendo martellante di denunce delle eresie della Chiesa di questi ultimi decenni, con alla radice di tutto il Concilio, da ultimo in un botta e risposta con Phil Lawler, direttore di CatholicCulture.org. Attenzione: non il Concilio male interpretato, ma il Concilio in quanto tale e in blocco. Nei suoi ultimi interventi pubblici, infatti, Viganò ha respinto come troppo timida e vacua persino la pretesa di alcuni di “correggere” il Vaticano II qua e là, nei suoi testi a loro giudizio più smaccatamente eretici, come la dichiarazione “Dignitatis humanae” sulla libertà religiosa. Perché ciò che deve essere fatto una volta per tutte – ha ingiunto – è “lasciarlo cadere ‘in toto’ e dimenticarlo”. Naturalmente con la parallela “cacciata dal sacro recinto” di tutte quelle autorità della Chiesa che, identificate come colpevoli dell’inganno e “invitate ad emendarsi”, non si ravvedessero. Secondo Viganò, ciò che dal Concilio in poi ha snaturato la Chiesa è una sorta di “religione universale di cui fu prima teorizzatrice la Massoneria”. E il cui braccio politico è quel “governo mondiale fuori da ogni controllo” perseguito dai poteri “senza nome e senza volto” che ora piegano ai loro interessi anche la pandemia del coronavirus. […] Ma tornando al temerario atto d’accusa sferrato da Viganò contro Benedetto XVI per i suoi “fallimentari tentativi di correzione degli eccessi conciliari invocando l’ermeneutica della continuità“, è doveroso ridare la parola proprio all’accusato. L’ermeneutica della continuità – o con più esattezza: “l’ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto Chiesa” – è infatti la chiave di volta dell’interpretazione che Benedetto XVI ha dato del Concilio Vaticano II, nel memorabile suo discorso alla curia vaticana della vigilia di Natale del 2005, primo anno del suo pontificato. […]
Segue fumisteria ratzingeriana.
E noi prepariamo i pop corn.
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