>>> Storia d’Italia <<<
Perché lo odiano tanto? Un estratto dalla Storia d’Italia di San Giovanni Bosco:
[…] Nel secolo di cui parliamo già si erano fatte molte scoperte marittime specialmente dai Portoghesi. Si erano scoperte le isole Canarie, le Azzorre, la Guinea ed alcuni erano già pervenuti fino alla estremità meridionale dell’Africa, che ricevette il nome di Capo di Buona Speranza. Nonostante ciò fino al 1492 non si aveva notizia di una parte del mondo, la quale in estensione uguaglia quasi le tre altre parti già conosciute. La gloria di questa maravigliosa scoperta è dovuta ad un nostro italiano di nome Cristoforo Colombo. Ascoltate le belle imprese che ho a raccontarvi di lui.
Egli era nato in un villaggio detto Cogoleto vicino a Genova, da uno scardassiere di lana e suo padre voleva ammaestrarlo nell’arte che egli stesso esercitava. Ma Colombo era dalla Provvidenza destinato a cose più grandi e all’età di soli quattordici anni diede prova di essere un bellissimo ingegno. Il buon genitore osservando la lodevole condotta del figliuolo gli somministrò mezzi e tempo da potersi applicare allo studio dell’aritmetica, della geometria e di altre scienze che giovano alla navigazione.
La scoperta di varie terre e di varie isolette fatta poco prima dai Portoghesi formava il soggetto delle conversazioni di tutti ed aveva acceso l’animo del giovanetto Cristoforo. Nato in paese marittimo, sentiva ardersi della brama di acquistare anch’esso gloria sul mare, perciò studiò con impegno la nautica sia coi libri, sia viaggiando per mare. Intanto postosi agli stipendi di un Genovese, celebre capitano di mare, andò con lui a combattere contro i Turchi e contro i Veneziani: sostenne fieri combattimenti, arrischiò la vita fra le burrasche, si acquistò un poco di denaro, cognizioni e fama di giovine valorosissimo. Avvenne sulle coste del Portogallo, che il suo capitano attaccò una zuffa con alcune galee veneziane e nel furore della mischia si appiccò il fuoco al vascello genovese. Colombo, scorgendo ogni cosa fatta preda delle fiamme, si gettò in mare e nuotando giunse a grande stento alla riva. Si ricoverò in Lisbona senza un soldo e senza robe. Ma gli uomini dotti e virtuosi trovano presto benefattori. Le sue belle maniere e le sue cognizioni gli procacciarono l’amicizia di alcuni mercanti suoi compaesani, i quali lo provvidero di quanto era necessario per dimorare in quella città. Allora egli si diede col massimo ardore a’ suoi prediletti studi e tanto progredì in scienza, che giunse a congetturare esservi ancora moltissime terre lontane da scoprire. Questa idea vaga da principio divenne per lui a poco a poco una certezza, sicché andava dicendo con tutti: C’e un nuovo mondo, e voglio andarlo a scoprire.
D’allora in poi Cristoforo non provò più pace, finché non ebbe i mezzi d’introdursi in mari non ancora navigati. A questo fine chiese navi da prima alla repubblica di Genova sua patria, poi al Portogallo: ma parendo a tutti che il pensiero di Colombo fosse privo di fondamento, niuno gli diede ascolto.
Lo credereste? Tante ripulse non avvilirono l’animo di Colombo. Saldo nella sua idea si avvia in Spagna e va a presentarsi al re di nome Ferdinando, soprannominato il Cattolico, gli propone di scoprire nuove terre, purché esso lo fornisca delle navi necessarie. Anche qui Colombo sulle prime fu tenuto per un visionario e come tale fu dalla corte congedato. Il peggio è che il popolo, vedendolo aggirarsi per la città sempre immerso in profonde meditazioni, lo riputava pazzarello.
Cinque anni aveva speso in viaggi, in preghiere, in raccomandazioni per far adottare il suo progetto. Fatiche inutili, parole sparse al vento! Disperando di ottenere le navi richieste, si preparava ad uscire dal regno per recarsi di nuovo in Inghilterra, quando un dotto monaco di nome Perez, di lui amico, riuscì ad ottenergli dal re le navi e le provvigioni necessarie per quella singolare spedizione.
Colombo tutto pieno di giubilo promise al re che le nuove terre, di cui sembravagli sicura la scoperta, sarebbero appartenute alla Spagna. Dal canto suo Ferdinando promise al coraggioso genovese che egli e i suoi eredi le avrebbero governate in qualità di viceré. Quindi colla massima prestezza raccolta la sua gente nella città di Palos, fece benedire le sue navi e pose tutto l’equipaggio sotto alla protezione dell’augusta Regina del Cielo, volendo che la maggiore delle sue navi si chiamasse Maria. Ciò fatto, sciolse le vele alle tre navi, andando in cerca del nuovo mondo, il 3 agosto 1492. Dopo due settimane di viaggio fra mari sconosciuti, fra tempeste e sotto nuovi climi, né ancora scorgendosi spiaggia alcuna, il timore di morire di fame assalì l’animo di tutti.
I lamenti ripetuti tra gli stessi marinai si cangiarono a poco a poco in imprecazioni e congiure. Al fine crescendo ogni giorno i pericoli, quella gentaglia si ammutinava: morte, gridavano inferociti, morte a chi volle pazzamente sacrificare tanti bravi!
Colombo non si smarrì a queste voci da forsennati ma indusse i meno temerari a star cheti, punì i pertinaci, placò tutti e con coraggio irremovibile andò incontro a maggiori disastri. Viaggiarono ancora un mese e mezzo e continuavano a non vedere altro che cielo ed acqua. Ben sapevano Colombo e i suoi compagni che essi erano divisi dalla patria da un immenso tratto di mare; laonde questi ultimi piangevano disperando di rivedere i loro parenti. Colombo li confortava e andava innanzi. Per buona sorte non passarono molti giorni che egli vide volare uccelli di una specie nuova e sconosciuta, poi scorse un insetto vivo fra alcune erbe galleggianti: erano questi sicuri indizi, che la terra non poteva essere molto discosta. Tutto allegro additò l’insetto e gli uccelli ai malcontenti e parvero alquanto rincorati ma, scorsa una settimana, e non vedendosi ancora altro che cielo ed acqua, le doglianze si cangiarono in minacce: la ciurma passando dai detti ai fatti, era in procinto di gittar nel mare il condottiere ostinato, a fine di rivolgere la prora verso la Spagna.
Colombo allora aduna intorno a sé i più valorosi: Ebbene, egli dice, se fra tre giorni non iscopriamo terra, vendicatevi pure, gettatemi in mare. A queste parole pronunziate con mirabile fiducia quegli uomini rozzi stupirono e si acquetarono; il viaggio fu proseguito. Passò un giorno e la terra non si scopriva: venne la sera e molti vegliavano agitati dalla speranza e dal timore. Non era ancora mezzanotte, quando parve a Colombo d’intravedere da lontano un lumicino e lo accennò a due ufficiali spagnoli che gli stavano dappresso. Tutti e tre infatti videro, che il lume si andava movendo come fiaccola, che altri portasse di luogo in luogo. Erano in queste congetture, quando dalla nave più avanzata udirono gridare lietamente: Terra! Terra! Ed invero allo spuntar dell’alba si mostrò alla distanza di cinque miglia un’isola verdeggiante di boschi e praterie. I marinai e i volontari spagnuoli, che avevano minacciata la vita del condottiere, si prostrarono a’ suoi piedi, chiedendogli perdono. Quell’italiano, a cui poco innanzi non volevano ubbidire e che trattavano con disprezzo, allora pareva loro il più grand’uomo del mondo: l’eccesso della gioia li portava ad una specie di adorazione verso di lui. Era venerdì giorno 12 ottobre 1492.
Colombo discese nei battelli coi soldati; fece spiegare le bandiere al vento e precedere la banda militare in bella ordinanza e a remi sforzati gli Spagnuoli si avvicinarono alla costa. Uno stuolo d’isolani copriva quella spiaggia, ivi attirati dalla novità della cosa. Colombo fu il primo che mise i piedi a terra, tenendo in mano la spada sguainata; dietro a lui venivano i suoi compagni a schiera a schiera. Appena toccata quella terra, gli Spagnuoli vi innalzarono un Crocifisso; tutti caddero ginocchioni davanti alla sacra immagine e ringraziarono Iddio pel felice termine del loro pericoloso viaggio e per avere conceduto di essere guidati dal glorioso Colombo a scoprire nuove terre e nuovi popoli. […]
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