Gregorio XVI nel condannare il commercio degli schiavi si poneva sulla gloriosa scia dei suoi Predecessori, nominatamente Paolo III ed Urbano VIII. Ecco di seguito il testo del documento scritto da quest’ultimo in materia.

URBANO PAPA VIII
Al diletto figlio Collettore Generale degli spogli e dei diritti dovuti alla Camera Apostolica nei regni del Portogallo e dell’Algarve
Diletto figlio, salute ed apostolica benedizione
Il ministero dell’officio del supremo apostolato, affidatoci dal Signore, richiede che, non considerando aliena dalla nostra cura la salvezza di alcun uomo, non solo sui cristiani, ma anche su coloro che ancora versano fuori del seno della Chiesa nella superstizione gentile, diffondiamo l’affetto della nostra paterna carità; e, per quanto possiamo nel Signore, ci sforziamo di rimuovere ciò che possa essere d’ostacolo a che giungano alla conoscenza della fede e della verità cristiana.
Altre volte papa Paolo III di felice memoria, nostro predecessore, volendo consolare lo stato degli Indiani occidentali e meridionali, che aveva saputo esser stati ridotti in schiavitù e privati dei loro beni e per queste ragioni impediti dall’accoglimento della fede di Cristo; a tutti e singoli, di ogni dignità, stato, condizione e grado, sotto pena di scomunica latae sententiae, dalla quale da alcuno se non da lui stesso o dal Romano Pontefice pro tempore regnante, eccetto in articulo mortis e previa soddisfazione, si potesse essere assolti, proibì, e comandò di proibire, di ridurre in schiavitù i detti Indiani o che si presumesse di spogliarli in qualsiasi modo dei propri beni; ed altre volte, come nella lettera in forma di breve dello stesso nostro predecessore Paolo, spedita il 29 maggio 1537. il tenore della quale teniamo fermo.
Poiché, come abbiamo saputo, le cause che produssero le lettere del suddetto nostro predecessore Paolo ancora oggi persistono; noi, seguendo le orme del medesimo nostro predecessore Paolo, volendo reprimere l’ardimento di uomini empi che allontano con atti inumani i suddetti Indiani dalla fede di Cristo, mente invece è necessario siano indotti ad abbracciarla con tutti gli uffici della cristiana carità e mansuetudine; a te, per mezzo delle presenti, affidiamo e comandiamo: che, per mezzo tuo o di altro o altri, difenda tutti gli Indiani, così nel Paraguay e nelle provincie del Brasile, e in quelle del Rio della Plata, come in tutte le altre regioni e luoghi delle Indie occidentali e meridionali; e a tutte e singole le persone, tanto secolari quanto ecclesiastiche, di qualsiasi stato, sesso, grado, condizione, dignità, anche degni di speciale nota e menzione, di qualsiasi ordine, congregazione, società, istituto, mendicanti e non, e monaci regolari, sotto pena di scomunica latae sententiae per i contravventori, da cui se non da noi o dal Romano Pontefice pro tempore regnante, fuorché in articulo mortis e previa soddisfazione, possano essere assolti, inibisca dal ridurre in schiavitù i detti Indiani, venderli, comprarli, scambiarli, donarli, separarli dalle mogli e dai figli, privarli delle loro cose e beni, condurli e trasportarli altrove, privarli in qualsiasi modo della libertà, tenerli schiavi; nonché prestare a chi fa tali cose, consiglio, aiuto, favore ed opera, con qualsiasi pretesto ed intenzione; di predicare o insegnare che ciò sia lecito e che altri presumano ed osino cooperare a quanto detto.
Sui contravventori e i ribelli e coloro che a te non si assoggettano in quanto sopra, dichiarandoli incorsi nella pena di scomunica, etc. ti diamo piena, amplia e libera facoltà e potestà. Non ostanti etc …
Dato a Roma, presso san Pietro, sotto l’anello del pescatore, il giorno 22 aprile 1639, anno sedicesimo del nostro pontificato.
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