Christianorum copiae Tunetum expugnant ope et studio Pauli III Pont. Max. MDXXXV“. Questa l’iscrizione posta sotto l’affresco di Taddeo Zuccari raffigurante la presa di Tunisi che orna la parete meridionale della Sala Regia del Palazzo Apostolico. Si trattò di un grande trionfo per Carlo V che, partito da Cagliari, il 1° giugno del 1535 distruggeva la flotta del Dey ed il 15 successivo sbarcava sulle rovine di Cartagine. La fortezza della Goletta e Tunisi caddero poche settimane dopo il 14 luglio. L’imperatore trionfatore, sbarcato a Trapani il 20 agosto, compì un solenne viaggio cerimoniale per i suoi regni e si portò infine a Roma per celebrare la Pasqua ed incontrarsi con Paolo III, il quale aveva contribuito alla vittoria, come racconta il seguente brano.

Aveva Carlo V posta in punto una grossa armata per fare l’impresa di Tunisi e castigare il crudelissimo corsaro Barbarossa, che con una grossa armata e genti, che aveva avuto da Solimano il gran Turco, dopo di avere fatti infiniti danni alle marine d’Italia, di Sicilia e di Spagna, aveva cacciato il Re Muleasse di Tunisi e, occupato quel Regno, s’era anche arrogantemente posto in speranza, e già lo trattava, di dovere medesimamente occuparsi il Regno di Napoli. Ora per questa impresa di Carlo V fe’ Papa Paolo liberamente, a sue spese, armare in Genova nove galere, alle quali aggiunse le tre che sogliono ordinariamente servire in guardia delle marine di Roma. E diede a Carlo per le spese di questa guerra le decime della Spagna. Fe’ Capitano delle galere della Chiesa Virginio Orsino, perché con la nobiltà di questo Cavaliere, che desiderava di mostrarsi mondo, desse all’uffizio maggiore autorità. E gli diede per consigliere in tutte le cose sue Paolo Giustiniano Veneziano e nelle cose marittime eccellente. Concesse Paolo medesimamente le decime della Francia al Re Francesco perché, quando bisognato fosse, avesse da Marsiglia mandate galere in guardia del mare di Toscana e delle marine di Santa Chiesa. Ora, dovendo il Marchese del Vasto ch’era generale della fanteria condurre in Africa le genti Italiane e Tedesche, il Papa che aveva inteso ch’egli doveva toccare in Civitavecchia, per mostrare quanto egli avesse questa santa impresa a cuore, là se n’andò per benedire l’esercito e solennemente pregare col coro de’ Sacerdoti il benigno Dio e i suoi benedetti Santi che desse contra il nemico della santa fede nostra vittoria. E così in effetto fece da una alta torre, onde e le navi e le galere tutte scopriva. Diede ancora di sua mano il Papa solennemente in Chiesa il vessillo e lo scettro della religione cristiana a Virginio Orsino. Il dì seguente il Marchese, avendo prospero il tempo navigò prima in Napoli, poi in Sicilia, per poter indi passare ne’ lidi Africani. Poco avanti avea ancor il Papa mandato a donare al Principe Andrea Doria Generale in mare dell’Imperator Carlo V, e che quanto bisognava per quella armata con gran diligenza poneva in punto, uno stocco con solenni cerimonie consacrato; il quale aveva il manico ornato di gemme, il fodro artificiosamente iscolpito e la sua correggia co’ bottoni e ciappette d’oro assai bella; di più anche un cappello di velluto di perle, vagamente distinto. Questi due ornamenti si sogliono dal Papa mandare a donare ai gran principi che ne vanno ad oprar l’arme contra gl’Infedeli. Onde benchè fosse il vecchio Doria di glorie navali ricchissimo, non restava però e di desiderare di dover conseguire questa celebre e così fatta lode […] Ora avendo l’Imperator Carlo fatta una grossa armata in Italia e in Sicilia, si condusse finalmente nei lidi di Utica, e smontato a terra l’esercito, rotto Barbarossa, preso Tunisi fra pochi giorni e riposto con dure condizioni Muleasse nel regno perché lo fece suo tributario, fortificata ch’ebbe con buoni presidi di Spagnoli la Goletta e liberati 20mila schiavi Cristiani, che da vari luoghi erano stati da quel crudelissimo presi e condotti in misera servitù, se ne venne prima in Sicilia, poi in Napoli, dove con gran pompa e a guisa di trionfante entrò. Fu fatto per tutto di questa vittoria gran festa e il Papa, fattene solenni processioni e ringraziatone nostro Signore, mandò due Cardinali perché in suo nome si rallegrassero con Carlo V e furono Giovanni Piccolomini e Alessandro Cesarini […] Venutane aduaque la primavera del ’36, partì da Napoli ed entrando a’ 5 d’Aprile per la porta di San Sebastiano in Roma, vi fu da’ Cardinali, da’ Vescovi e dagl’altri Prelati e dalla nobiltà Romana con trionfal pompa ricevuto e accompagnato in San Pietro, dove sulle scale il Papa, secondo il costume antico, l’aspettò […] L’Imperatore fece in Roma il santo dì di Pasqua, nella qual festività in presenza di lui delle insegne Imperiali ornate celebrò il Papa solennemente Messa in San Pietro.

(Onofrio Panvinio, Le Vite de’ Pontefici, Roma, 1730, pp. 517-519. Testo raccolto da Giuliano Zoroddu)