Dall’Ufficio del Corpus Domini
È necessario, dilettissimi, di conoscere la meraviglia dei nostri santi misteri, ciò che essa è, il suo fine e la sua utilità. «Noi diveniamo un corpo solo: delle membra, dice egli, formate della sua carne e delle sue ossa». Noi che siamo iniziati, osserviamo ciò ch’è detto. Affine dunque di diventarlo non per la carità soltanto, ma anche in realtà, uniamoci intimamente a questa carne: e ciò si ottiene per mezzo del cibo ch’egli ci ha largito, volendo mostrarci l’ardente amore ch’egli ha per noi. Perché s’è unito lui stesso a noi, ha confuso il suo corpo col nostro, così che noi siamo una sola cosa con lui, come un corpo congiunto col suo capo; e ciò è proprio di quelli che amano ardentemente.
Ritorniamo dunque da questa mensa come leoni spiranti fuoco, divenuti terribili al demonio, occupandoci collo spirito del nostro capo e dell’amore che ci ha mostrato. Talvolta i genitori affidano a nutrire ad altri i loro figli: io invece, egli dice, non fo così, ma vi nutro colle mie carni e vi dono me stesso in cibo, volendovi tutti generosi e offrendovi la buona speranza delle cose future: e se qui io ho dato me stesso a voi, lo farò molto più nell’avvenire. Io ho voluto farmi vostro fratello, per voi ho preso una carne e un sangue comune con voi: e a mia volta vi dò questa stessa carne e sangue per cui son divenuto vostro fratello.
Possessori dunque di siffatti beni, vegliamo su noi stessi, o dilettissimi: e allorché ci venisse voglia di dire qualche parola sconcia o ci sentissimo trasportati dall’ira o da qualche altro simile vizio, consideriamo di quali beni siamo stati fatti degni; e questa riflessione reprima i nostri disordinati movimenti. Quanti dunque partecipiamo a questo corpo, quanti gustiamo questo sangue, riflettiamo che gustiamo quello stesso che è adorato dagli Angeli seduto nell’alto dei cieli, alla destra invincibile. Povero me! quante vie di salvezza per noi! Egli ci ha fatti suo corpo; ci ha comunicato il suo corpo: e niente di tutto ciò ci distoglie dal male.
(San Giovanni Crisostomo, Omelia 61 al popolo d’Antiochia. FONTE divinumofficium.com)