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L’anno santo, che si sta svolgendo, Ci ha recato già più di un motivo di gioia e di consolazione. A Roma, da cui irradia inalterata, fin dalle origini della chiesa, la luce dell’insegnamento evangelico, sono affluite moltitudini di fedeli da ogni parte del mondo. Esse sono venute alla sede di Pietro, non solo per riscattare le proprie colpe, ma anche per espiare i peccati del mondo e per implorare il ritorno della società a Dio, dal quale solo può nascere la vera pace del cuore, la civile concordia e il benessere delle nazioni. E sappiamo che questi primi gruppi di pellegrini sono come le avanguardie di quelli che giungeranno più frequenti e numerosi durante la buona stagione. È lecito sperare, quindi, che da ciò si raccoglieranno frutti ancor più abbondanti e salutari.
Nondimeno, se questi spettacoli Ci hanno dolcemente sollevato, non mancano ragioni di ansia e di angustia che contristano il Nostro animo paterno. E in primo luogo, sebbene sia quasi dovunque cessata la guerra, non è giunta tuttavia la desiderata pace, una pace stabile e sicura che possa felicemente conciliare i molti e sempre crescenti motivi di discordia. Molte nazioni si ostacolano a vicenda; e come viene meno la fiducia si fa a gara nel correre agli armamenti, lasciando trepidi e sospesi gli animi di tutti.
Quel che Ci sembra non solo il male più grave, ma la radice di ogni male, è questo: non di rado alla verità si sostituisce la menzogna, che viene adoperata come strumento di contesa. Da non pochi la religione viene trascurata, come cosa di nessuna importanza, e altrove addirittura proibita nell’ambiente familiare o sociale come rimasuglio di vecchie superstizioni; si esalta l’ateismo privato e pubblico, in modo che, abolito Dio e la sua legge, i costumi non hanno più alcun fondamento. La stampa anche troppo spesso insulta volgarmente il sentimento religioso, mentre non esita a divulgare le più turpi oscenità, eccitando e attirando al vizio con incalcolabile danno, specialmente la tenera fanciullezza e la gioventù tradita. Con false promesse si inganna il popolo che è incitato all’odio, alla rivalità, alla ribellione, specialmente se si riesce a svellere dal suo cuore la fede avita, unico sollievo in questo esilio terreno. Si organizzano e si fomentano serie violenze e tumulti e sollevazioni che preparano la rovina dell’economia e che recano un danno irreparabile al bene comune.
Più ancora dobbiamo deplorare con immensa tristezza che in non poche nazioni vengono offesi e calpestati i diritti di Dio, della chiesa e della stessa natura umana. I sacri ministri, anche se insigniti di alte dignità, o sono cacciati dalle proprie sedi, esiliati e imprigionati, o impediti in modo da non poter esercitare il ministero loro affidato. Nell’insegnamento scolastico, sia esso inferiore o universitario, come nelle pubblicazioni della stampa o non si dà facoltà di esporre e difendere la dottrina della chiesa o essa è talmente coartata e sorvegliata dalla censura ufficiale che sembra eretto a principio l’arbitrario proposito che la verità, la libertà e la religione devono stare unicamente sottomesse e docili all’autorità civile.
Poiché questi innumerevoli mali derivano, come dicemmo, da un’unica fonte, dal ripudio di Dio e dal disprezzo della sua legge, è necessario, venerabili fratelli, innalzare a Dio fervide preghiere e richiamare a quei principi da cui soltanto può venire la luce alle menti, la pace e la concordia agli animi, un’ordinata giustizia tra le varie classi sociali.
Come sapete, tolto il sentimento religioso, non può esservi società bene morigerata e bene regolata. Di qui l’urgenza di spronare i sacerdoti, sotto la vostra guida, perché, specialmente durante l’anno santo, non risparmino fatiche affinché le anime a loro affidate, deposti i falsi pregiudizi e gli errati convincimenti, spenti gli odi e pacificate le discordie, si nutrano della dottrina dell’evangelo e partecipino alla vita cristiana affrettando l’auspicato rinnovamento dei costumi. E poiché non a tutti, né a tutto può giungere il sacerdote, né sempre la sua opera può adeguatamente sopperire a ogni necessità, coloro che militano nelle file dell’Azione cattolica devono prestare l’aiuto della propria esperienza e della propria operosità. A nessuno è lecito essere svogliato e pigro, mentre sovrastano tanti mali e tanti pericoli, mentre quelli che sono dall’altra parte così alacremente lavorano per distruggere le basi stesse della religione cattolica e del culto cristiano. Non si verifichi mai che «i figli del secolo siano più prudenti dei figli della luce» (Lc 16, 8); non sia mai che questi siano meno attivi di quelli.
Ma le forze umane sono inefficaci, se non sono corroborate dalla grazia divina. Vi esortiamo perciò, venerabili fratelli, a iniziare quasi una crociata di preghiere tra i vostri fedeli, per chiedere dal Padre delle misericordie e dal Dio d’ogni consolazione (cf. 2 Cor 1, 3), gli opportuni rimedi ai mali presenti. Vivamente desideriamo che insieme con Noi si facciano pubbliche preghiere il 26 marzo corrente, domenica di passione, quando i sacri riti della chiesa cominciano a commemorare le acute sofferenze con le quali il divino Redentore ci ha liberato dalla schiavitù del demonio ridonandoci la libertà dei figli di Dio. È nostro proposito discendere in quel giorno nella Basilica di San Pietro, per unire le nostre preghiere a quelle non solo dei presenti, ma – come speriamo – di tutto il mondo cattolico. Coloro che per infermità o vecchiaia o altro motivo non potranno recarsi in chiesa offrano a Dio, con animo umile e fiducioso, i loro dolori e trepidazioni, affinché unica sia la preghiera, unico l’anelito e il voto di tutti.
Uniti a Noi nella preghiera, chiedano tutti alla divina misericordia che dall’auspicata restaurazione dei costumi sorga il nuovo ordine informato dalla verità, dalla giustizia e dalla carità. Sia illuminato dal lume celeste l’intelletto di coloro che hanno nelle mani i destini dei popoli: riflettano essi che come la pace è opera della saggezza e della giustizia, così la guerra è frutto della cecità e dell’odio; e pensino che dovranno render conto un giorno non solo alla storia, ma anche al giudizio eterno di Dio.
Coloro che a piene mani gettano i semi dell’invidia, della discordia, della rivalità, coloro che di nascosto o apertamente eccitano le masse e provocano le rivolte, coloro che illudono con vuote promesse la folla facile ad agitarsi, devono pure capire che alla giustizia richiesta dai principi cristiani, fautrice d’equilibrio tra le classi sociali e di concordia fraterna, si arriva non già con la forza e la violenza, ma con l’applicazione del diritto. Guidati dalla luce suprema, impetrata dalla preghiera collettiva, si persuadano tutti che soltanto il divin Redentore può comporre le molteplici e formidabili contese; soltanto Gesù Cristo, diciamo, che è la via, la verità e la vita (cf. Gv 16, 6), il quale dà la celeste chiarezza alle menti ottenebrate e la forza divina alle volontà dubbiose e pigre. «Senza strada non si cammina, senza verità non si conosce, senza vita non si vive».(De Imitatione Christi, 1. III, c. 56, v. 5.) Egli soltanto può reggere con giustizia gli avvenimenti terreni e comporli nell’amore; egli soltanto può avviare all’eterna felicità gli animi degli uomini, congiunti dal vincolo della fratellanza.
Con fede, amore e speranza indirizziamo dunque a lui la nostra preghiera. Guardi egli con indulgenza, specialmente nel corrente anno santo, l’umanità oppressa da tante sventure, battuta da tanti timori e dai flutti di tante discordie. E come un giorno placò con il suo divino cenno la tempesta sul lago di Galilea, così acquieti oggi le umane sventure.
Siano palesate dalla sua luce le menzogne dei cattivi; sia umiliata la torva arroganza dei superbi; i ricchi siano indotti alla giustizia, alla generosità, alla carità; i poveri e i miseri prendano a modello la famiglia di Nazaret che, anch’essa, si procurò il pane con il quotidiano lavoro; coloro infine che hanno il governo della cosa pubblica si convincano non esservi base sociale più solida dell’insegnamento cristiano e della tutela della libertà ecclesiastica.
Desideriamo, venerabili fratelli, che facciate conoscere queste cose ai fedeli affidati alle vostre cure, e che li esortiate perché con Noi preghino fervorosamente il Signore.
Nella fiducia che tutti corrisponderanno con volenteroso amore alle Nostre esortazioni, con effusione di animo impartiamo a ciascuno di voi e a tutti i vostri fedeli l’apostolica benedizione, pegno della Nostra benevolenza e auspicio dei celesti favori.

Roma, presso San Pietro, 12 marzo dell’anno 1950, XII del Nostro pontificato.

PIO PP. XII



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