
Sintesi della 606° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo causa epidemia di coronavirus. e postata nella festa di Santa Maria Maddalena Penitente. La conferenza si riallaccia ad una conferenza di Piergiorgio Seveso, la numero 84, tenuta il 10 dicembre 2009. Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).
Talvolta accade che alcune date storiche assurgano a particolare suggestione e carica simbolica, condensando in sé delle coincidenze significative di eventi, probabilmente non casuali. Ad esempio, il 1909 è l’anno in cui nasce lo scrittore e drammaturgo francese Robert Brasillach, in cui Charles Peguy si converte al cattolicesimo e compone i Misteri della Carità di Giovanna d’ Arco (vedremo che non si tratta di un’opera composta ex novo, ma di un profondo ritocco e sistemazione di un opera composta nel 1897). Il 1909 è inoltre l’ anno in cui Giovanna d’ Arco, la “pulzella” d’ Orléans, processata e martirizzata per causa di Cristo Re, viene beatificata (la canonizzazione avverrà invece nel 1920 ad opera di papa Benedetto XV).
La riflessione sulla forte carica simbolica di una data, appunto il 1909, mi ha spinto a questo studio mirato a rintracciare analogie, affinità a livello di sensibilità e condivisione di valori tra Charles Peguy e Robert Brasillach (cui la nostra aula di studio e battaglie culturali-militanti all’Università del Sacro Cuore di Milano si pregia di essere intitolata) e anche di rimarcare alcune sostanziali differenze a livello di sentire, di stile, ma altresì a livello di visione ideologica, che non possono passare sotto silenzio per ragioni di scrupolosa obiettività di analisi.
Luciano Lanna mi ha preceduto nell’approfondimento di questo filo neanche molto sotterraneo che lega l’ autore dei Misteri della Carità di Giovanna d’ Arco a Robert Brasillach, dedicandoci un articolo sul sito Arianna il 23 marzo 2010.
A ragione egli scrive: “Molti aspetti accomunano i due scrittori francesi, il poeta e il drammaturgo, il poeta morto in combattimento all’inizio della prima battaglia della Marna il 15 settembre 1914 e il poeta, narratore, giornalista, drammaturgo fucilato il 6 febbraio 1945 per ” collaborazionismo” a soli 36 anni.
Innanzitutto c’ è indubbiamente il comune riferimento a Giovanna d’ Arco, la pulzella d’ Orléans, l’eroina nazionale francese, che riunificò il proprio paese risollevandone le sorti durante la guerra dei Cent’anni, guidando le armate francesi contro quelle inglesi”.
Aggiungo che la ” pasionaria” fu catturata dai borgognoni, consegnata agli inglesi e arsa sul rogo alla sola età di 19 anni, dopo un processo sommario. La canonizzazione di Giovanna d’ Arco del 1909 rinvia per simbolica associazione a Peguy e a Brasillach, entrambi estimatori dell’epopea della martire. Non solo il fatto di avere entrambi dedicato un’opera a Giovanna d’ Arco , ma anche altri fattori accomunano i due scrittori: il fatto di essere morti entrambi giovani (e in tenerissima età peri’ la pulzella d’Orléans), il livore polemista, la mistica che permea il loro socialismo nazionale (Ricordiamo che Benito Mussolini dedicò particolare attenzione agli scritti del Brasillach ed ebbe a definire Charles Peguy indiscutibilmente precursore del “fascismo”). Dopo aver dedicato un’analisi ai “Misteri della Carità di Giovanna d’ Arco” e a “Donremi” approfondirò quell’orizzonte di socialismo nazionale che lega i due scrittori.
“Ciò che conta è lo stupore” con questa frase di imperitura bellezza Charles Peguy pubblicava nel 1909 i “Misteri” , non senza aver sfilato in una parata del suo reggimento ad Orléans, città natia, passando davanti alla statua di Giovanna d’ Arco. Dalla sua pubblicazione diverrà tradizione tenere nella città ogni anno una rappresentazione teatrale in onore dell’eroina francese. All’età di 23 anni Charles Peguy l’aveva celebrata in una poesia teatrale, considerandola, con giovanile esuberanza, una “socialista ante litteram”.
I ” Misteri”, come già anticipato, non sono che un profondo ritocco a un’opera del 1897. In quest’opera, composta quando ancora Peguy era socialista agnostico, figurava soltanto il dramma, nei ” Misteri” il dramma universale del male assurge e appartiene al Mistero, si traduce in Mistero, è permeato dal Mistero. Questa è la fondamentale inversione di rotta apportata dalla conversione al cattolicesimo (sia pur in forma irregolare e incompleta) avvenuta in quel 1909. Il Male morale può essere redento solo a condizione di affidarsi al Mistero di Dio, misconoscendo il quale ” la Salvezza sempre perderà” e “la perdizione sempre vincerà”.
È l’ingratitudine a Dio a generare disperazione e perdizione e in questo caso nessuna consolazione.
Si tratta di tre Misteri in prosa musicale; Madame Gervasie è la protagonista e, di fatto, dopo l’ esordio del poema con la preghiera di Jeannette, terrà anche nei due Misteri successivi una sorta di monologo. Il suo ammonimento alla piccola Jeannette non è buonismo dolciastro, è una severa sferzata permeata da sollecitudine caritatevole. Colui che ama veramente non deve aver tema di ” offendere” al fine di orientare sulla retta via. Solo in questo modo si “serve” la persona amata al cospetto di Dio. Invece chi si limita a una “pacca sulla spalla”, in fondo ” lascia nel guado” le persone amate, non le aiuta a redimersi e in una ultima analisi le ” tradisce”.
A giudizio di Peguy nella concezione di Madame Gervasie si condensa l’autentico magistero cattolico. Ella proclama nel primo dei tre Misteri, rivolgendosi alla piccola Jeannette” preferisco offenderti, ma servirti davanti a Dio, piuttosto che non offenderti, ma tradirti”.
L’ epopea della ” Pulzella d’Orléans” ha suggestionato anche Robert Brasillach che vi dedicò l’opera giovanile Domremy, ispirata nel titolo con ogni probabilità alla località di nascita, Pulcelle-Domremy.
Da Luciano Lanna apprendiamo che fu tradotta in italiano per i tipi della Settimo Sigillo grazie ad un’ elegante edizione di Mario Merino e Rodolfo Sideri e fatta precedere da due eccellenti saggi critici sulla concezione del Brasillach. Egli scrisse l’opera alla tenera età di 23 anni, allorché frequentava l’ Ecole Normale assieme a Maurice Bardeche (che curerà l’edizione del “Processo a Brasillach” edita per Ritter) e a Thierry Maulner; in questa opera la “pasionaria” non solo non è al centro delle vicende, ma di fatto rimane costantemente sullo sfondo, dal momento che sono amici, famigliari e il podestà del villaggio stesso, Domremy, a raccontarne le vicissitudini.
Frà Francois, uno dei principali interlocutori dell’opera è il portavoce della visione del Brasillach, una sorta di suo “alter ego”. È possibile evincere uno strale polemico verso ogni declinazione in senso protestante dell’ idea di Salvezza. I Santi sono necessari alla società, ma è insostenibile l’idea del conseguimento della Salvezza come una sorta di affare privato che il singolo debba trattare con il Signore. Non è possibile salvarsi da soli e colui che pretendesse di farlo, figurerebbe come un “lievito non tradotto in pasta” e perciò destinato ad ammuffirsi. È bensì vero che ciascuno ha un ruolo di responsabilità non intercambiabile, ma è altresì vero che solo il contributo di tutti al bene comune in una dimensione comunitaria produrrà quella “pasta ricca e compatta” sub specie della quale il mondo sarà presentato a Dio alla fine dei tempi (Luciano Lanna).
Il fatto di disporre di una traduzione in lingua italiana di Domremy può essere considerato un fatto quasi eccezionale, se si pensa che la pubblicistica italiana del secondo dopoguerra è stata a dir poco refrattaria a pubblicare opere di Robert Brasillach (basti pensare che si è dovuto aspettare il 1970 per avere la traduzione di “Sette Colori” per i tipi del Borghese ad opera di Orsola Nemi). A giudizio di Giano Accame e di Stenio Solinas questa titubanza a pubblicare e divulgare le opere di Robert Brasillach sarebbe dovuta al suo atteggiamento “gioioso” e “fiducioso” verso la vita (fierezza e speranza erano le virtù “cardinali” per eccellenza dello scrittore di Domremy) ; Celine, Drieu la Rochelle, sempre a giudizio di questi critici, erano destinati a trovare meno ostacoli alla divulgazione nella misura in cui la loro impostazione pessimista e “disperata” meglio rispondeva alla fashion nel dopoguerra; a mio avviso è d’ uopo aggiungere che Robert Brasillach era uno scrittore molto più “scandaloso” e “politicamente scorretto” rispetto a quelli poc’anzi citati, di conseguenza creava molto più intralcio e imbarazzo.
L’ eredità dell’ autore dei “Misteri “nell’opera di critica letteraria di Robert Brasillach è comprovabile con buoni argomenti e , al di là della comune suggestione nei confronti della Pulzella d’Orléans, gli articoli di critica letteraria stessa attestano una generale benevolenza nei confronti di Charles Peguy, mentre non altrettanto si può dire nei confronti di Mauriac verso cui Brasillach nutrì costantemente scetticismo, né nei confronti di Gide verso cui provò una vera e propria insofferenza.
Jacques Isorni, inoltre, già avvocato difensore del Brasillach nel corso della requisitoria del Reboul, nonché suo affezionato amico, intuì nello stile e nell’ incanto delle parole del suo assistito “un filo magico che unisce Racine e Girandoux, Corneille e Peguy”.
Sul piano ideologico tanto Charles Peguy che Robert Brasillach si inquadrano, al netto di tutte le differenze e peculiarità, nell’orizzonte del socialismo nazionale; a giudizio di Drieu la Rochelle, il fascismo francese , prodotto del sodalizio tra nazionalismo e socialismo, approdato al ” collaborazionismo” e all’ appoggio del governo di Vichy, sarebbe maturato non solo a partire dal movimento dell’ Action francaise ( in cui peraltro militavano numerosi monarchici-socialisti) ma anche dalla pur nebulosa concezione patriottica e socialista dell’ autore dei Misteri.
Charles Peguy non era che uno degli innumerevoli giovani che, animati dall’ amore per l’eroismo, combattevano due aspetti deteriori della “democrazia borghese” ovvero il capitalismo e il socialismo parlamentare (1).
Inoltre, aspetti come l’atteggiamento antintelletualista, il primato affidato dunque all’ intuizione e alla mistica rivoluzionaria, il rifiuto del primato di Mammona e del regno della quantità, sono importanti aspetti che accomunano la generazione dei nazionalisti francesi dell’ultimo decennio del XIX secolo a quella protagonista del periodo compreso fra le due guerre mondiali. Si tratta in ultima analisi del rifiuto da parte degli intellettuali nazionalisti francesi di tutto l orizzonte del parlamentarismo .
Brasillach è sostanzialmente dunque benevolo verso Peguy e peraltro considera i suoi Misteri “l’opera più pura e commuovente” della lingua francese.
Nondimeno, questa “benevolenza” incontra anche tangibili limiti e infatti per ragioni di obiettività non posso fare a meno di rimarcare le differenze fra i due autori, a livello stilistico, di accento e sensibilità, e infine anche sotto il profilo ideologico.
In ” Domremy” Giovanna d’ Arco ( che non compare mai come interlocutore) è esaltata come depositaria di valori spirituali, fierezza e sacrificio, modello da contrapporre a tutte le tare della democrazia borghese, utilitarismo, crasso materialismo, primato della “maggioranza” e del “Regno della quantità”. Ma un atmosfera di ottimismo permea l’ opera del Brasillach, estranea tutto sommato ai “Misteri “.
Certamente, in seguito alla conversione al cattolicesimo, il dramma universale del male nel mondo assurge a Mistero e tuttavia la plumbea atmosfera della perdizione e il lacerante senso del Peccato, lo spettro della dannazione permeano di fatto i tre Misteri, a cominciare dalla preghiera di Jeannette con cui l’ opera si inaugura. Quindi l’impressione è che, mentre Robert Brasillach nel suo Domremy attribuisca funzione pedagogica tout court a Giovanna d’ Arco narrata attraverso amici e familiari, Charles Peguy attribuisca piuttosto ruolo pedagogico a Madame Gervasie. Alla sua amorevole filippica nei confronti della piccola Jeannette.
Da un punto di vista stilistico in Domremy non risulta traccia del peculiare e inconfondibile stile peguyano su cui si basa la prosa musicale dei “Misteri”(2).
Per quanto la disposizione di Robert Brasillach verso lo scrittore dei Misteri fu sostanzialmente benevola e rispettosa non risparmiò lui critiche, ad esempio per quanto riguarda la concezione del patriottismo: a parere del Brasillach, lo scrittore morto in occasione della prima battaglia della Marna avrebbe trattato nelle sue opere del patriottismo in maniera “semplicistica” (3), sicché l’opera di Charles Peguy costituirebbe una sorta di introduzione o “infanzia del patriottismo francese”, passibile di ulteriori chiarimenti e approfondimenti in questa direzione.
Una sostanziale divergenza ideologica tra i due scrittori risiede nella opposta valutazione dell’Action francaise e del suo leader Charles Maurras; mentre Charles Peguy prese da subito le distanze da questa ideologia, ne fu estraneo, considerando l ‘ opera di Maurras tronfia di becero conservatorismo borghese, invece a Robert Brasillach non dispiacque. Infatti lo scrittore di Domremy , pur non partecipando mai a conferenze politiche organizzate dall’ “Action francaise”, vi collaborò per dieci anni come critico letterario. Capitò inoltre lui di tenere in provincia conferenze affini ideologicamente all’ Action francaise. Proprio a causa di questa estraneità al movimento di Maurras , Charles Peguy ” pur conservando a una frangia importante del nazionalismo il suo genio universalistico”, come scrive Zeev Sternhell (4), troverà incomprensione presso Brasillach e non sarà granché valorizzato da intellettuali quali Rochefort, Drumont, Le Bon e Barres .
Infine, ricordo una sostanziale disparità di vedute tra Peguy e Brasillach nell’orizzonte della concezione della ” patria” francese e del suo destino.
Charles Peguy fu sostanzialmente germanofobo secondo la tendenza del partito dreyfusardo cui apparteneva, invece Brasillach, sostenendo il governo collaborazionista di Vichy, intese porre le due patrie, quella francese e quella tedesca su un piedistallo di fraternità e di uguaglianza morale, posizione ideologica del resto vicina a quella di Rebatet e di Bertrand de Jouvenel.
Dunque non è che Brasillach disperasse del destino della patria francese e confidasse solo in quella tedesca; né auspicava l’assoggettamento tout court della Francia alla Germania hitleriana; auspicava un incontro della cultura francese con quella tedesca e una cooperazione su di un piano di fraternità.
Cari amici di Radio Spada e della C.A.P, ,vi auguro una buona lettura e mi riprometto di affrontare in un futuro prossimo studi di ulteriore approfondimento del rapporto tra questi due fieri patrioti francesi.
Note
(1) la considerazione di Drieu la Rochelle viene citata da P. Andreu in ” Fascisme 1913″, ” Combat”, febbraio 1936
(2) ad esempio, seguendo questo canone stilistico, Charles Peguy ricorre spesso alla successione di due proposizioni in cui il soggetto identico è legato dal predicato a sostantivi del medesimo campo semantico; una terza proposizione funge da endiade, unisce cioè le due proposizioni precedenti in un contesto simbolico unitario. Ad esempio egli fa dire a Madame Gervasie, in merito al sacrificio di Nostro Signore Gesù
“Lo stesso sacrificio crocifigge il medesimo corpo, lo stesso sacrificio fa spargere il medesimo sangue
Lo stesso sacrificio immola la medesima carne, lo stesso sacrificio versa il medesimo sangue”
(3) così il commissario del governo Reboul rimproverò a Brasillach nel corso della requisitoria un atteggiamento sarcastico, avendo egli paragonato il patriottismo del Peguy a una sorta di “fabbrica di figurine di Epinal”.
(4) il riferimento è nella celebre opera dello storico israeliano sulle origini del fascismo francese ” Ne destra, né sinistra”, edita per Baldini e Castoldi, pag 93
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