di Massimo Micaletti
Quando ho saputo, anche da parte di cari e stimati amici, di iniziative di resistenza contro il ddl Zan – Scalfarotto, sulle prime, mi sono messo a disposizione per come potevo per sostenerle: poi, però, letto il testo delle rivendicazioni e le parole di chi a quelle piazze lanciava la volata, beh, ho avvertito parecchio disagio. Disagio che è andato sempre crescendo via via che mi rendevo conto che si stava parlando esattamente la stessa lingua degli interlocutori, con le stesse categorie, dando per assodati concetti che non hanno alcuna cittadinanza nel vero (ormai, sono tali e tanti gli episodi di false aggressioni che più che di omofobia dovremmo parlare di omofobufale).
Sono tornato indietro di qualche anno, con la mente, alla battaglia per la famiglia naturale, battaglia che abbiamo comunque perduto e che postulava l’assoluta irrilevanza di questioni come divorzio, convivenza, nuove nozze e via dicendo: irrilevanza che, del resto, è sotto gli occhi di tutti almeno quanto al mondo cattolico. Così come la difesa tout cour della famiglia naturale impone la giustificazione del concubinato, dell’oltraggio al matrimonio, della pretesa dei genitori che si lasciano di essere compresi dai figli e via dicendo, così la difesa della libertà di espressione impone la possibilità di ogni forma di espressione fatto salvo – forse – quella che costituisce illecito penale ma non di certo quella che costituisce illecito morale. La libertà di espressione è il gay pride, è l’arte oscena o blasfema, è la manifestazione contro il Papa all’università ma è anche Giuseppe Cruciani che viene a difendere la Piazza di Verona e ciò che hanno detto e scritto e fatto fino a pochi giorni fa (e continueranno a dire e scrivere e fare) molti degli improbabili compagni di strada che si sono raggranellati in questa vicenda, compagni di strada che non difendono affatto le nostre idee quanto piuttosto le loro. Sentirsi dar ragione da Platinette non è molto rassicurante, per dirne una.
Il risultato lo abbiamo visto in queste ore: la Zan – Scalfarotto sarà legge ma con una modifica a tutela (appunto) della libertà di espressione. Quindi dovremmo essere contenti: e siamo contenti? Lo siamo davvero? Ci sta bene avere il permesso di dire che l’utero in affitto è un abominio mentre altri fanno l’apologia del matrimonio omosessuale? Libertà di espressione volevamo e libertà di espressione abbiamo avuto.
Fatto sta che la libertà di espressione –per come viene declinata dalla contemporaneità – è un concetto che non ci appartiene, un terreno sul quale non dobbiamo scendere. Non spetta ai cattolici difenderla, non è roba loro: non si tratta di essere favorevoli o contrari, si tratta di avere una visione del mondo altra rispetto a questo concetto. Non è un caso se nei Vangeli non si parla di libertà di espressione (o magari sì: mi viene in mente “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” o, ancor meglio, tutte le condanne di Nostro Signore allo scandalo). E’ la sorella laica della libertà religiosa, per esser chiari: e nei Vangeli non si parla nemmeno di libertà religiosa, se non per condannarla (“molti falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti”).
Non è più tempo di concetti neutri come la famiglia naturale per opporsi al matrimonio gay, la libertà di manifestazione del pensiero per contrastare una assurda legge sull’omofobia, la natalità per denunciare il male morale dell’aborto, la dignità del morente per condannare l’eutanasia: beninteso, sono tutte istanze di alto profilo ma sono ambigue, si prestano ad essere lette sia in maniera conforme alla retta ragione che in senso avverso.
E’ tempo che le iniziative a tutela della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e della bene dei bambini e della società siano chiare e dichiarate, senza espedienti che si sono puntualmente rivelati fatali, una maniera forse un po’ furbetta di aggregare anche chi resta e resterà lontanissimo dal pensiero cattolico, in un’ansia di vincere e subito e salvare il salvabile che non appartiene a chi sa che la lotta tra il Bene e il Male sarà finché esisterà questo mondo e che, comunque, queste battaglie non cominciano quando le si combatte e non finiscono quando le si perde.
Negli ultimi anni si è scelta la strada del… concetto ampio e come sono finite, quelle battaglie? Le abbiamo perse tutte una dopo l’altra ma, in più, non possiamo più affrontare i nodi e le radici che stavano alla base di quelle battaglie e di quelle emergenze. Non possiamo continuare a pensare di sostenere – non dico di vincere – il confronto sul matrimonio continuando a stare appresso alla famiglia naturale; non possiamo fermare l’ideologia LGBT brandendo la libertà di manifestazione del pensiero o la libertà di educazione. Non otteniamo nulla, e anzi arretriamo e perdiamo terreno: provate a parlare del male morale insito nel divorzio o nella convivenza in una conferenza in cui si difende la famiglia naturale e mi direte; provate ad andare ad un evento contro l’utero in affitto e denunciare l’occisività della fecondazione artificiale in sé e fatemi sapere.
Per quel che vale il mio parere, credo sia tempo di un approccio diverso, a viso aperto nella forma e nella sostanza: chiamando le cose col loro nome avremo forse meno compagni di strada ma sicuramente cammineremo sulla strada giusta.
E quale sarebbe la sua proposta? “Sia invece il vostro parlare sì sì e no no, il di più viene dal maligno” (MT 5, 37). Scusi, ma non ho capito la sua posizione.
Signora Mara, premesso che chi formula critiche non ha di necessità l’obbligo di avanzare alternative (immagini un medico che l’ha curata male che, alle Sue rimostranze, Le replicasse: “E allora? Lei che terapia avrebbe fatto?), va detto che la mia proposta è già nell’articolo. Si manifesta con chiarezza per i veli valori di fondo che si difendono e non per categorie strumentali. Questo dà la possibilità di continuare a combattere con coerenza fino a che il buon senso e gli eventi daranno la vittoria, dopo parecchio Purgatorio: ma se partiamo da concetti ambigui e categorie di compromesso, non solo perdiamo ugualmente ma ci precludiamo la possibilità di combattere ancora.
Dopo la battaglia sulla famiglia naturale, ha più sentito nessuno parlare di divorzio o convivenza? No. E nel frattempo abbiamo perso lo stesso.
Dopo la battaglia sull’utero in affitto o, anni prima, sulla fecondazione omologa, ha più sentito condannare la fecondazione artificiale in sé? No. E nel frattempo abbiamo perso lo stesso
Potrei continuare. Quindi la mia proposta è partecipare al confronto a viso aperto e con chiarezza, altrimenti non perdiamo solo oggi ma perderemo pure domani.
Anche se devo darle ragione su tutto, non credo che le manifestazioni contro il ddl Zan siano state così inutili. Cerco di spiegarmi. La signora Mara con estrema sintesi pone il problema fondamentale: non siamo capiti! Come seguace di Cristo nel solco della Tradizione vivo il dramma della incomunicabilità. Quasi tutte le persone che il buon Dio mi mette accanto parlano la lingua modernista, non possiedono le categorie del Vero, non sanno che la Verità precede la libertà. Che si fa allora? Parliamo da soli? Camminare sulla strada giusta avendo perso quasi tutti non so quanto sia gradito al nostro Superiore. Il problema è immane: demolire la concezione di un Cristo solo bontà e amore per mostrarlo misericordioso sì, ma anche giudice e Signore del tempo e della storia. Non si può che procedere lentamente e gradualmente come si fa con i bambini. Dicendo anche mezze verità, come sono appunto le iniziative Restiamoliberi, ma sono un primo passo per capire che la stucchevole omelia del proprio parroco non basta e occorre almeno cominciare a porsi qualche domanda in più. Come si dice dalle mie parti: “piutost che gnint l’è mei piutost”.
Il confronto a viso aperto è anche una manifestazione che grida “NO”, e se consideriamo che di manifestazioni “Restiamo liberi” ce ne sono state a decine, penso che il messaggio lanciato sia chiaro anche ad un cieco. Ma come, loro ammorbano l’Italia per due mesi e più con i loro osceni e spesso blasfemi “pride” (che ormai rientrano nel circuito “Ondapride” perché si moltiplicano), e noi non possiamo scendere in piazza, o siamo degli sfigati se lo facciamo? Certo, avere il sostegno del clero renderebbe più significativa l’iniziativa, ma poiché un cristiano è sentinella e non mero spettatore, dove non arrivano gli altri deve arrivare lui. Le persecuzioni insegnano, ma ci sarà una giustizia per questo, e un Vaticano o un parroco silente perderanno la loro battaglia prima o poi, così come l’hanno persa Don Abbondio e Ponzio Pilato. Noi non sediamo in Parlamento -dove ci sarà il viso aperto per eccellenza, perché l’ultima parola spetta a deputati e senatori-, ma possiamo chiedere alle associazioni di cui sosteniamo le iniziative di interloquire con il potere legislativo, cosa che tra l’altro già fanno senza sosta. Le racconto infine un aneddoto: seguendo le indicazioni di un noto sito gay che diceva “Scrivici, anche solo per dirci ciao!”, l’ho fatto. Ho scritto “ciao” e poi, pacatamente, ho chiesto se si potesse discutere su alcuni punti. Portando anche esempi concreti. Avete avuto delle risposte voi? Io no. Questo è il viso aperto di quella gente. Sarei tanto curiosa di sapere se avessero tutta questa sicurezza di sé se gli venissero a mancare i lauti finanziamenti di filantropi o presunti tali, associazioni e aziende (prima dei “pride” fanno il giro di tante aziende per reperire soldi, ve lo riporto come esperienza personale).