Abbiamo già trattato altre volte la questione dell’Institutio generalis Missalis Romani che precede il messale di Paolo VI, riprendendo le accuratissime analisi degli estensori del Breve esame critico del Novus Ordo Missae, ancora quelle del compianto Vidigal da Silveira, ed infine le difficoltà del numero 7 (poi 27) di questo testo. Oggi per fornire ulteriori nozioni sul tema riprendiamo questo studio pubblicato su fsspx.news.
Il 3 aprile 1969, Paolo VI pubblicò la Costituzione apostolica Missale Romanum. Questa promulgava l’Institutio generalis Missalis Romani – Istituzione generale del Messale romano (IGMR) – che accompagnava la nuova messa, il Novus Ordo Missæ (NOM).
Il testo della costituzione ricorda che la messa romana risale a San Gregorio Magno. Spiega che la riforma della messa risponde alle decisioni del Concilio Vaticano II. Questa riforma, continua il testo, è il risultato di una lunga e paziente ricerca ed elaborazione.
La costituzione indica quali modifiche sono state apportate e promulga l’IGMR e il nuovo Ordo Missæ. Questi due documenti entreranno in vigore il 30 novembre 1969, la prima domenica di Avvento. Prima di avvicinarsi al testo della nuova messa, è importante studiare questa Institutio generalis.
Un testo di presentazione per la nuova messa?
L’IGMR fu preparata dal Consilium, ma ricevette dal Papa il carattere e l’autorità di un documento pontificio. Comprende 341 articoli che descrivono e spiegano in dettaglio i nuovi riti, mentre danno i principi teorici e pratici della celebrazione eucaristica.
Nel maggio 1970, in occasione della pubblicazione della prima edizione tipica del nuovo messale, furono apportate modifiche più o meno evidenti al testo del NOM, ma soprattutto al testo dell’IGMR, di cui furono notevolmente rivisti alcuni articoli. La versione del 1970 include una prefazione sostanziale, intesa a rimediare alle gravi carenze della precedente edizione.
Il 5 settembre 1970, la Congregazione per il Culto Divino – che aveva assorbito il Consilium alla sua creazione, con il suo segretario, Mons. Annibale Bugnini – pubblicò una lunga istruzione per l’applicazione della Costituzione sulla Liturgia.
Nel 2000 verrà rilasciata una nuova versione dell’IGMR. Sarà aggiunto alla nuova edizione tipica del NOM il 22 febbraio 2002, oltre a 46 articoli.
Sorge una domanda preliminare: qual è il valore dell’IGMR? La domanda è legittima, da un lato perché si deve sapere quale sia la sua autorità per apprezzarne meglio l’importanza, e dall’altro perché diversi autori hanno variato il valore da attribuirle.
All’inizio, mons. Bugnini affermava senza battere ciglio: “Si tratta di principi teologici, norme pastorali e rubriche per la celebrazione della Messa” [1].
Tuttavia, di fronte alle critiche, la Congregazione per il Culto Divino sembrò rivedere il valore teologico di questa “Presentazione [2]”. Ma una volta passata la tempesta, lo ribadì: “La teologia e la disciplina dei sacramenti sono state chiaramente enunciate nel Prænotanda dei vari rituali pubblicati di recente. Per la Messa, l’IGMR è un resoconto ampliato dell’Eucaristia”[3].
Da parte sua, Papa Paolo VI dichiarò: “Il nuovo messale è preceduto da una Presentazione generale (Institutio generalis) che non è una semplice raccolta di titoli, ma piuttosto una sintesi di principi teologici, ascetici e pastorali essenziali sia per conoscenza dottrinale che per la celebrazione, la catechesi e la cura pastorale della messa” [4]. Ecco il verdetto.
Serie e profonde lacune
Questo testo, che afferma di fornire una sintesi teologica sulla messa, è chiaramente errato e insufficiente. Anzi, manifesta una concezione protestante della messa stessa. Vediamo.
Transustanziazione
L’IGMR non contiene una sola menzione di transustanziazione. Non si parla mai di presenza reale. Certamente viene spesso menzionata la “presenza” di Nostro Signore o i suoi misteri, ma la vaghezza è mantenuta tra questa presenza di Gesù nella parola di Dio, nell’Eucaristia o tra i cristiani riuniti. In tal modo:
N° 1. “In essa inoltre la Chiesa commemora, nel corso dell’anno, i misteri della redenzione, in modo da renderli in certo modo presenti“. Questa formulazione nasconde infatti una particolare concezione teologica.
N° 9. “Quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo”.
N° 28. “Terminato il canto d’ingresso, il sacerdote, stando in piedi alla sede, con tutta l’assemblea si segna col segno di croce. Poi il sacerdote con il saluto annunzia alla comunità radunata la presenza del Signore”.
N. 33. “Infatti nelle letture, che vengono poi spiegate nell’omelia, Dio parla al suo popolo[58], gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un nutrimento spirituale; Cristo stesso è presente, per mezzo della sua parola, tra i fedeli”.
N ° 35. “La stessa Liturgia insegna che si deve dare ad essa massima venerazione, poiché la distingue dalle altre letture con particolare onore: sia da parte del ministro incaricato di proclamarla, che si prepara con la benedizione o con la preghiera; sia da parte dei fedeli, i quali con le acclamazioni riconoscono e professano che Cristo è presente e parla a loro, e ascoltano la lettura stando in piedi”.
N. 48. “Nell’ultima Cena Cristo istituì il sacrificio e convito pasquale per mezzo del quale è reso continuamente presente nella Chiesa il sacrificio della croce, allorché il sacerdote, che rappresenta Cristo Signore, compie ciò che il Signore stesso fece e affidò ai discepoli, perché lo facessero in memoria di lui”.
N ° 60. “[Quando il sacerdote] quando celebra l’Eucaristia, deve servire Dio e il popolo con dignità e umiltà, e, nel modo di comportarsi e di pronunziare le parole divine, deve far percepire ai fedeli la presenza viva di Cristo”.
N ° 259. “L’altare, sul quale si rende presente nei segni sacramentali il sacrificio della croce, è anche la mensa del Signore, alla quale il popolo di Dio è chiamato a partecipare quando è convocato per la Messa; l’altare è il centro dell’azione di grazie che si compie con l’Eucaristia”. Questo è l’unico articolo dell’edizione del 1969 in cui appare il “sacrificio della croce”. Ma aggiunge subito dopo “mensa” e “centro dell’azione di grazie”.
Nel 1786, il sinodo di Pistoia omise il termine transustanziazione nella presentazione della dottrina della fede relativa alla consacrazione e mantenne la presenza reale, vera e sostanziale di Cristo sotto la specie. Fu condannato per questo come “pernicioso, in deroga all’esposizione della verità cattolica che toccava il dogma della transustanziazione, favorendo l’eresia” (DzS 2629). Il testo dell’Institutio del 1969 non parla nemmeno di una presenza reale! Questi due termini – transustanziazione e presenza reale – saranno aggiunti al preambolo con cui l’Institutio verrà fornito nella sua edizione del 1970 (nn. 3 e 7).
Il famoso N° 7
Il capitolo che descrive la “struttura generale della Messa” si apre con un articolo che ricorda una definizione: “La Messa o la Cena del Signore è una sinossi sacra, vale a dire il raduno del popolo di Dio, sotto la presidenza del sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore. Ecco perché questo raduno locale della santa Chiesa adempie in modo eminente la promessa di Cristo: “Quando due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono lì in mezzo a loro” (Mt 18:20)”.
Questa definizione fece reagire la parte sana del popolo cattolico, giustamente scioccato dall’ambiguità mantenuta sulla presenza di Nostro Signore, che qui appare come spirituale, ma anche dall’avvicinamento al protestantesimo il cui vocabolario è ripreso, ovvero termini come “assemblea”, “popolo di Dio”, “cena del Signore” e in particolare “memoriale del Signore”. Infine, ciò che è ovvio è l’assenza della parola “sacrificio” o della parola “propiziazione” [5]. È certo che questo articolo n° 7, se ritiene di dare una definizione della messa, è assolutamente contrario al Concilio di Trento.
Gli autori di questo misfatto hanno cercato di eludere le critiche negando che sia una definizione propria. Alla fine della XII sessione plenaria del Consilium, dove sono state studiate le obiezioni a questo articolo, Bugnini ha scritto: “I Padri [cardinali e vescovi, membri del Consilium] hanno preso in considerazione alcune difficoltà che sono apparse di recente riguardo ad alcuni punti dell’IGMR. Hanno ricordato che l’Institutio generalis non è un testo dogmatico, ma piuttosto una pura e semplice esposizione delle regole che ordinano la celebrazione eucaristica; non cerca di dare una definizione della messa, ma solo di presentare una descrizione del rito. Ciò che è Messa da un punto di vista teologico può essere dedotto da alcuni paragrafi dell’Institutio, e questo è ben noto a tutti da trattati teologici e documenti papali di carattere dottrinale” [6].
Questa spiegazione è un sotterfugio: l’Institutio contiene chiaramente principi dogmatici, come evidenziato da tutti i suoi protagonisti, compreso Paolo VI. Anche se non è una definizione essenziale, questo articolo 7 rimane inaccettabile. Questo è anche il motivo per cui è stato corretto nella nuova edizione, mentre il preambolo del 1970 ha reintrodotto le nozioni scandalosamente assenti.
Continua …
(Fonti: Arnaldo da Silveira – FSSPX. Actualités – 11/07/2020)
[1] Notitiæ 40, 1968, p. 181.
[2] « Modifications apportées à la Présentation générale du Missel romain », DC 1568, 2 août 1970.
[3] «Risposta per la Congregazione per il culto divino», Notitiæ 81, mars 1973, p. 101.
[4] «Lettre pontificale à la semaine liturgique d’Italie», DC 1594, 3 octobre 1971, p. 866.
[5] Il termine è assente nell’IGMR del 1969. Comparirà solo nel preambulo aggiunto nel 1970. Notiamo che il termine “soddisfazione”, che neanche compare,è stato aggiunto allo stesso punto.
[6] L’Osservatore Romano, édition hebdomadaire en langue française, 28 novembre 1969, p. 12.