
di Massimo Micaletti
La Daytona 1000 RS è un tipica storia italia di successo mancato. Nella seconda metà degli Anni Ottanta, negli USA si affermano le gare per derivate di serie e, tra queste, la Battle of the twins (BOTT), un campionato per grossi bicilindrici. Nella categoria vengono presto impiegati da molti team i V2 Ducati ma anche, con qualche timore, i Guzzi: questi ultimi sono motori robusti ma anche pesanti e, a detta di molti, non competitivi. Tra le scuderie, però, ce n’è una che appartiene a un dentista (!), John Witteveen, il quale, invece, è convinto che anche i Guzzi possano dire la loro. Witteveen progetta un telaio del tutto particolare attorno al bicilindrico dell’Aquila e, con una sapiente preparazione, raggiunge numerose vittorie tanto che le Guzzi del “Dr. John” diventano le moto da battere, anche per le Ducati.
La Casa Madre inizia ad interessarsi alle imprese di questo geniale team manager e gli affida lo sviluppo della sua 1000, specificamente della versione 4 valvole, da tempo nel cassetto ma ferma per mancanza di risorse. Il Dr John ci si mette di buona lena e nel 1989 viene presentata la Daytona 1000RS, che fa tesoro delle esperienze delle corse che intanto il team inizia ad avere anche in Europa con ottimi risultati. Purtroppo però Guzzi naviga in pessime acque sicché la sportiva, pur avendo un ottimo potenziale anche di vendite – sono i tempi in cui Ducati spopola con le sue V2 851 e derivate, sicché il bicilindrico sportivo tira anche in concessionaria – resta congelata fino al 1992, quando ne viene presentata la versione di serie, molto più gradevole ed armoniosa esteticamente.

Bassa ed affilata, la Daytona evoca la grinta della moto sportive Anni Sessanta e mette in bella mostra il bicilindrico 4valvole. L’anima della moto è spiccatamente racing e, nonostante sia lunga e pesante, non è una moto da passeggio ed esige, anzi, una guida decisa: anche in questo è “vecchio stile” sicché gli appassionati di sportive guardano altrove. Sono bastati tre anni – dal 1989 al 1992 – per far invecchiare il progetto ed è un vero peccato ma nel frattempo Ducati ha evoluto la sua 851 fino alla 888 e quando, due anni dopo, nel 1994, presenta la 916, la Daytona in confronto sembra un dinosauro. La meccanica di base però è valida e Guzzi la riprenderà per altri modelli negli anni successivi.
Una moto come la Daytona oggi è un gioiello da appassionati – come la sua evoluzione 1100 Sport, forse meno evocativa ma affinata da tutti i punti di vista – e mantiene quotazioni elevate. Guidarla è accendere una sorta di macchina del tempo, tornare a un’epoca di moto lunghe, rocciose, con motori scorbutici e cupi, sempre di cattivo umore, lontanissime dagli aeroplanini di carta da 200cavalli che sono le sportive di adesso.
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