Margherita Guarducci (1902 – 1999) è stata ed ancora è una figura fondamentale nell’ambito della Archeologia e dell’Epigrafia, il cui nome è legato indissolubilmente alla riscoperta delle vere reliquie di san Pietro. Fra l’ottava del Principe degli Apostoli e del suo compagno Paolo, vogliamao quindi riprendere una conferenza dell’illustre studiosa fiorentina sul Primato Romano, tenuta nel 1991 per il Centro Culturale Milano.

Ringrazio molto la prof.ssa Sordi per le sue cortesi parole e il dottor Fornasieri per le altrettanto gentili espressioni e ringrazio anche tutto il Centro Culturale San Carlo che mi ha permesso di parlare in questa sede così bella, così onorevole. Vorrei anche dire che ricordo con grande piacere l’incontro che ebbi l’altr’anno, proprio in questa stessa sede, e la simpatia con la quale fui accolta qui. Devo anche esprimere i miei ringraziamenti alla casa editrice Rusconi.
Devo premettere che io parlerò, come ho parlato l’altra volta, non facendo una conferenza; questo è lontano dalle mie intenzioni e dalle mie abitudini, ma voglio fare un racconto soltanto, un racconto di come sono arrivata a scrivere questo libro e quali sono a mio giudizio le cose più importanti, le cose più notevoli che sono venute fuori da questa mia fatica. Il libro è intitolato “Il primato della Chiesa di Roma – Documenti, riflessioni, conferme” ed è uscito l’anno scorso. Molti obietteranno che tanti libri sono stati scritti sul primato della Chiesa di Roma, che ci sono scaffali interi pieni di trattazioni sul primato della Chiesa di Roma. Io però aggiungo che questo mio libro è qualche cosa di nuovo. Posso dirlo perché,mentre gli altri scritti si limitavano soltanto e insistevano anzi per moltissime pagine sull’aspetto teologico e giuridico dalla questione che potessero lumeggiare questo problema. Credo che delle risposte, a volte anche impressionanti, ai miei quesiti sono venute appunto da quest’abitudine a studiare e a desumere elementi e argomenti da varie discipline. Sono delle voci che si confermano a vicenda e che rendono più viva la materia. Ho scritto nel titolo “Documenti, riflessioni, conferme“: infatti soprattutto io mi sono basata sui documenti, come era logico, come è stata sempre mia abitudine. I documenti: quello che è certo, quello che è attendibile, quello che è documentato, sempre, è ovvio e quasi superfluo dirlo, con doveroso rigore metodico.
Riflessioni: dai documenti nascono le riflessioni e o ne ho fatte parecchie di riflessioni. La conclusione è stata che si confermava in pieno la tesi del primato di Roma. Ora io ritorno col pensiero ai momenti in cui decisi di scrivere questo libro: perché ho scritto questo libro?
Intanto devo dire che avevo alle mie spalle le ricerche su Pietro in Vaticano, ricerche che ovviamente sono strettamente legate a questo tema; poi io già in anni passati mi ero occupata di due documenti che mi invogliavano a riprendere la ricerca. Tutte e due sono stati ricordati dalla professoressa Sordi. Nel 1971 e nel 1973 mi sono occupata della famosa “Iscrizione di Abercio“, nel 1977 mi sono occupata di un celebre passo di Sant’Ireneo, vescovo di Lione.
L’iscrizione di Abercio è una notissima e meravigliosa epigrafe della seconda metà del secolo secondo, più o meno all’età di Marco Aurelio, trovata nella lontana Frigia Salutaris a Ierapolis, in Asia Minore, e ora si trova nei Musei Vaticani. E’ stata offerta a Leone XIII in occasione del suo giubileo sacerdotale proprio dallo scopritore che fu il notissimo studioso inglese Ramsey; che cosa dice quest’iscrizione? Chi è Abercio? Abercio è un vescovo di Ierapolis, un dotto vescovo che, usando quello stile arcaneggiante caro alla società di quei tempi e agli studiosi di quei tempi, parla di un suo viaggio dicendo che “è venuto a contemplare il Regno e a vedere la Regina dalle auree vesti e dagli aurei calzari”. Questo viaggio gli è stato ordinato da Cristo stesso, dice Abercio. Che cos’è il Regno? Il Regno è la Chiesa, la Chiesa di Roma che viene considerata Regno, Regno di Cristo; e la Regina dalle auree vesti e dagli aurei calzari è la Chiesa di Roma. Tutto questo dimostra che un vescovo della lontana Asia Minore del II sec. considerava la Chiesa di Roma come preminente sulle altre, considerava già il primato della Chiesa di Roma.
Il secondo testo che avevo preso in esame è di Sant’Ireneo, vescovo di Lione. Ireneo, anche lui vissuto nella seconda metà del sec. II, nella sua grande opera contro le eresie parla della Chiesa di Roma e anche da lui si ricava lo stesso significato e la stessa conclusione. Si noti che Ireneo, vescovo di Lione, era però oriundo dell’Asia Minore, era alunno del santo vescovo Policarpo di Smirne e poi si trapiantò successivamente a Lione dove scrisse questa sua opera. Ireneo rappresenta senz’altro in sé l’Oriente e l’Occidente: cosa dice in sostanza Ireneo? Lui si propone nella sua lotta contro le eresie di considerare quelle che sono le vere origini del cristianesimo,esaminando le liste dei vescovi di ciascuna chiesa, per arrivare ad appurare quali sono le verità fondamentali che Cristo ha tramandate attraverso gli Apostoli.
Siccome – dice Ireneo- sarebbe troppo lungo, troppo difficile, mettersi a esaminare le liste di tutte le chiese, di tutti i vescovi di tutte le città, io mi limito a Roma, alla quale, e qui lui esprime dei concetti riguardo a Roma che sono molto significativi, attribuisce l’aggettivo di Maxima et Antiquissima che va inteso come “la più grande”, questo era fuor di dubbio, e non “la più antica”, ma “la più importante”, questo lo dimostrai, inoltre “da tutti conosciuta”,”fondata dagli Apostoli Pietro e Paolo”e questo è l’altro titolo di gloria che ha Roma, fondata da ambedue gli Apostoli, assoluta eccezione che riguarda soltanto Roma. Poi viene a parlare della necessità che ogni chiesa si riferisca, alla Chiesa di Roma nella quale le verità della Fede sono state tramandate da quelli che “sono da ogni parte del mondo”: questa è la novità della mia interpretazione, sono i Papi, i primi Vescovi di Roma, che vengono in realtà da ogni parte del mondo e che quindi rappresentano un concetto di universalità, che si innesta nella Chiesa di Roma. Difatti tutto il discorso di Ireneo, il quale conclude con il richiamo, con il riconoscimento di una potentior principalitas della chiesa di Roma, di una più potente preminenza da parte della Chiesa di Roma, è imperniato su questo concetto dell’universalità.
Roma è universale e la Chiesa, che è fondata a Roma, è universale, quindi ha il diritto di essere considerata la prima, la più potente in senso spirituale rispetto alle altre chiese. Dopo aver approfondito questi due testi di Abercio e di Ireneo passarono alcuni anni e a un certo momento mi incuriosii e mi sentii allettata a vedere se, per questi due testi, questo richiamo al primato della Chiesa di Roma trovava conferma o no in altri testi del cristianesimo primitivo, cominciando da Clemente Romano della fine del secolo primo. Mi convinsi che in realtà era così, che veramente la Chiesa di Roma veniva considerata almeno per i primi tre secoli come colei che deteneva il primato sulle altre chiese. Questo mi pareva incontestabile e questo era poi confermato da tante altre cose, tanti altri argomenti, tanti altri particolari, ad esempio i viaggi che si compivano a Roma, quasi come fosse un rito, da ogni parte dell’Impero.
Appurato questo, mi venne la voglia di seguire, di ripercorrere la storia della Chiesa, dal secolo III in avanti fino ai giorni nostri, per far vedere che cosa fosse avvenuto in questi secoli: se il primato reggeva oppure no. Dovetti arrivare fino ai nostri giorni, fino alla Conciliazione, fino al pontificato di Pio XII, al Concilio Vaticano II: mi convinsi che in realtà il primato era incontestabile, pure attraverso le vicende varie, perché la Chiesa ebbe a soffrire dolori, persecuzioni, ebbe a soffrire degli errori della Chiesa stessa.
Però ci furono eventi memorabili, tutta una successione e una concatenazione di cose e di avvenimenti i quali portavano a dimostrare che veramente questo primato non era morto attraverso i secoli e ancora durava. Di questo attuale primato, io, ripensando un poco, voglio proporre a loro un pensiero che mi pare che sia quasi lapalissiano e abbia una sua efficacia pratica: quando il Papa parla dalla loggia della Basilica Vaticana, in determinate occasioni (per esempio in occasione della Pasqua), come vescovo, pontefice di Roma, si rivolge “urbi et orbi“, alla città e al mondo e rivolge il suo saluto augurale in cinquantotto lingue, nelle principali lingue del mondo conosciute. Qual è quel capo di una comunità ecclesiale, quell’esponente di una qualsiasi religione che osa rivolgersi al mondo parlando in più di cinquanta lingue? Come può osare di fare una cosa simile uno qualunque? Lo può unicamente soltanto il Capo della Chiesa di Roma, perché parla dalla sede di Pietro. Allora, a questo punto – naturalmente sorvolo su tante altre osservazioni – mi accorsi che c’erano dei “primati” che riguardavano la sola Chiesa di Roma. Roma deteneva dei primati che nessuna altra chiesa possedeva. Allora cominciai a enumerarli dentro di me e poi sentii anche il parere di amici, studiosi e colleghi, i quali non avevano mai pensato a questo argomento, e a vedere il problema sotto questo aspetto. Mi accorsi che c’erano questi primati che facevano impressione tutti insieme: prima di tutto Roma detiene la più antica Basilica cristiana che si conosca, la Basilica Lateranense, la prima basilica sanzionata anche dall’autorità imperiale: questo poteva accadere solo a Roma dopo la battaglia di Ponte Milvio, dopo la vittoria di Costantino, dopo la pace dell’Impero con la Chiesa. Poi, Roma possedeva e possiede il più antico ritratto di Cristo che si conosca: intendo “ritratto” non nel senso della figura di Cristo che può comparire in un contesto narrativo (per esempio come nelle catacombe di Domitilla, quasi contemporaneo al grande ritratto di Cristo che si trova nella Aula cristiana di Ostia, fuori Porta Marina che è un ritratto eseguito ad opus sectile, un meraviglioso e impressionante ritratto dell’età più o meno di Sant’Agostino). Siamo verso la fine del IV secolo. Roma possedeva un altro primato: possedeva la più antica icona di culto che finora si conosca, cioè la icona di Maria nella Chiesa di Santa Francesca Romana, alias Santa Maria Nova, recentemente assegnata al Cardinale Sodano, nuovo segretario di Stato. E’ una Madonna dalla storia veramente straordinaria, suggestiva, che ha le sue radici a Costantinopoli e che è quasi un legame tra l’Oriente e l’Occidente; Infatti io intitolai il libretto che pubblicai al Poligrafico dello Stato: “La più antica icona di Maria, un prodigioso vincolo tra Oriente e Occidente“. A proposito, io ho scritto un articolo abbastanza lungo che uscirà nel 30Giorni del mese prossimo. Roma possiede un altro primato, quella della più antica statua cristiana che si conosca: la statua di bronzo di San Pietro, che appartiene a ragion veduta al tardo antico, cioè alla prima metà del V secolo, non, sia ben chiaro, ad Arnolfo di Cambio, come alcuni hanno voluto affermare e hanno creduto di poter dimostrare. Sta per uscire un mio libro intitolato “S. Pietro e S. Ippolito, storia di statue famose in Vaticano” e la prima di queste è appunto la statua di S. Pietro, la più antica statua che si conosca al mondo. C’è un ultimo primato, che secondo me è il più importante, il più impressionante di tutti: è il fatto che le uniche reliquie di un personaggio cristiano che abbia conosciuto Cristo personalmente, che abbia ascoltato la Sua Parola, che abbia assistito ai suoi miracoli, reliquie scientificamente dimostrabili, sono le reliquie di Pietro nella Basilica Vaticana. Quando ho studiato questo argomento, ho voluto fare tutta una ricerca per vedere in Oriente e in Occidente se per caso ci fossero altre reliquie sicuramente dimostrabili di altri Apostoli di Cristo: no, non ce n’è assolutamente nessuna, questa è di gran lunga più antica. Questa non è una cosa da poco, fa veramente impressione pensare che Pietro, quello sul quale Cristo ha voluto fondare la sua Chiesa, e queste sono parole esplicite, promettendo che le forze del mondo non avrebbero avuto la prevalenza su di esso, sono proprio le reliquie di Pietro in Vaticano. Questo è il grandissimo primato che ha Roma. A questo punto mi sono domandata: “Ma questa Roma che cosa aveva? Quale è stata la sua funzione nell’economia della Provvidenza?”. Ho voluto studiare la storia di Roma fino dalle origini per vedere se ci fossero veramente dei segni di qualche filo provvidenziale, di qualche avvenimento che ci confortasse in questo senso.
Intanto si comincia col dire che già dall’età molto antica del Cristianesimo, fin dagli Atti degli Apostoli, si era stabilito un legame fra Roma e soprattutto il suo Impero e il Cristianesimo: ripercorrendo lunghi secoli di storia ho voluto vedere se c’era qualche cosa che potesse confermare questa idea. Da questo piccolo borgo di pastori sulle rive del Tevere che diventa poi un grande Impero che si estende a tutto il mondo allora conosciuto ci sono dei passaggi che fanno impressione: c’è qualche cosa che determina, che guida certi avvenimenti; io parlo di un’impressione, e questa impressione l’avevano anche gli antichi cristiani: che ci fosse un legame provvidenziale tra il Cristianesimo e Roma e il suo Impero. Roma adagio adagio conquista su tre continenti tutto il mondo allora conosciuto e si va dalle rive dell’Oceano Atlantico, fino all’Eufrate, dalle regioni germaniche fino all’Egitto settentrionale: in questo vastissimo mondo è compresa un a terra piccola, ma di enorme importanza, la Palestina in cui nasce Cristo. Augusto diventa signore di questo grande Impero e nel 9 a.C. dedica in Campo Marzio la sua Ara Pacis, perché finite le guerre civili, vuole che questo suo impero viva e prosperi nel segno della concordia, della pace, del benessere. Poco tempo dopo, nasce nella grotta di Betlemme Gesù Cristo, e questo fa una certa impressione. Che cosa dette l’impero al Cristianesimo? L’impero era necessario per la diffusione del Cristianesimo. L’impero dette al Cristianesimo la sua universalità, in cui il genio romano aveva saputo aprire strade per terra e per mare che collegavano i punti più lontani al centro, a Roma; gli dette la sua perfetta organizzazione giuridica ed amministrativa, la sua lingua (nell’Impero romano c’erano due lingue: la lingua d’Oriente che era la koinè, la lingua comune greca nella quale vengono espressi i primi scritti cristiani, nell’Occidente c’era il latino, ma c’erano molti nell’Impero che conoscevano entrambe le lingue), un immenso patrimonio di cultura e anche di religiosità che,in parte,il Cristianesimo fece suo trasfigurandolo alla luce della nuova Fede. Questo dette l’Impero al Cristianesimo. E il Cristianesimo che cosa dette all’Impero? Gli dette un dono straordinario, cioè gli dette una vitalità perenne. L’Impero di Augusto era caduco e scomparve, Roma invece sopravvisse, sopravvive ancora e sempre sopravviverà. Ci sono tante città del mondo antico che sono nate, hanno culminato nel benessere e poi sono decadute, sono scomparse. Roma no, Roma fa eccezione alla regola, resta, perché il Cristianesimo le dà la sua vitalità perenne nel senso che l’Impero di Augusto si prolunga idealmente nell’Impero universale della Chiesa Cattolica di Roma, che è rimasta attraverso i secoli sfidando le usure del tempo e degli errori umani, perché c’è questa che la sorregge e che è la prosecuzione dell’antica universalità dell’Impero. Questo risulta da tutta l’indagine che io ho fatto e che credo sia stata condotta con assoluto rigore scientifico. Di grande rilievo, lo ripeto, è il fatto che a Roma esiste l’eccezionale tomba di Pietro ed esistono perfino le eccezionali reliquie dell’apostolo, l’unico che venisse a Roma e che ancora è il fondamento della Chiesa. Non è un argomento di semplice cultura, bensì un argomento vitale per la Chiesa. Ora vorrei fare una riflessione. Oggi si sente parlare tanto di ecumenismo e dello sforzo di riunire tutte le Chiese in un’unica grande famiglia e si dà anche un rilievo pratico a quello che si professa. Come orientarci davanti a questa presa di posizione? E’ certo che Cristo ha proclamato questa fratellanza di tutti gli uomini sotto la Paternità di un unico Padre Divino, per cui tutti gli uomini hanno il dovere di aiutare gli altri, di qualunque razza siano, a qualunque religione appartengano: questo è un precetto di Cristo che bisogna seguire. Quando poi si entra nel campo della Dottrina, allora le cose cambiano aspetto; quando si vuole mettere la religione Cattolica, religione fondata sulla tomba di Pietro, documentata, comprovata da tutta una serie di circostanze impressionanti, quando si vuole allineare questa religione ad altre che non sono cristiane, come si può arrivare a un dialogo che sia proficuo? Mettere questa religione allo stesso livello con religioni o che rinnegano Cristo o che non lo riconoscano per quello che è, cioè per quella Manifestazione unica nella storia che è, come si può arrivare a una conclusione proficua? Mi pare impossibile. Viceversa bisogna anche pensare che Cristo ha detto “Andate e predicate a tutte le genti, io sono con voi sino alla fine dei secoli” e altrove “Perché venga il giorno in cui ci sia un solo gregge e un solo pastore”: per questo ci sono tanti missionari che hanno offerto la vita, che hanno lavorato per secoli per portare la Buona Novella, con loro sofferenza, magari eroicamente, a tutto il mondo, a quelli che lo conoscevano. Questo dialogo con religioni che rinnegano Cristo, mi pare che non sia concepibile. Ci sono delle religioni cristiane e con queste il dialogo è possibile, ma non è lecito dimenticarsi che la religione Cristiana Cattolica Romana, fondata eccezionalmente sulla tomba di Pietro, è veramente la Chiesa, non bisogna mai dimenticarlo, non è una Chiesa, e quindi non si può mettere alla pari con altre religioni che, sì, riconoscono Cristo, ma non hanno quel sigillo divino che ha la religione Cattolica. Quello che la Chiesa deve sempre ricordarsi nei contatti con altre religioni, di essere la unica vera Chiesa che Cristo ha voluto fondare e che per sempre avrà la prerogativa di questo grande primato sulle altre, lo stesso primato che alla fine del II secolo i cristiani d’Oriente e d’Occidente riconoscevano a Roma.