Sintesi della 611° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo causa epidemia di coronavirus. preparata nella festa di San Bartolomeo apostolo e postata nella festa di San Luigi IX Re di Francia. Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).

L’ attualismo gentiliano nel suo esito ultimo nichilista e antimetafisico ( che il mio studio si prefigge di descrivere in alcuni fondamentali aspetti) ha certamente una connotazione peculiare rispetto le varie forme di pensiero debole antimetafisico contemporaneo ( pragmatismo, situazionismo, latitudinarismo, esistenzialismo ateo, psicanalisi, strutturalismo): queste consapevolmente rigettano la metafisica, proclamano la sentenza del suo tramonto, mentre alla base della concezione gentiliana soggiace una sorta di eterogenesi dei fini.

L’ esito nichilista dell’attualismo di Giovanni Gentile fu conseguentemente fondato, al di là delle sue intenzioni e aspettative, proprio nel tentativo di poter inverare nell’antirealista “metafisica del soggetto” la filosofia cristiana.

Qui concordiamo con il giudizio di Vittorio Possenti che scrive “il suo antirealismo volle certificarsi come la forma più matura della moderna filosofia cristiana. Pretesa singolare, in cui del cristianesimo, aboliti senza residuo i concetti di Trascendenza, Grazia, Redenzione, Salvezza, Rivelazione, rimane solo l’ idea di Creazione, riportata però all’io trascedentale (1).

Del resto, possiamo considerare Giovanni Gentile a pieno titolo l’ ultimo esponente della galassia dei riformatori moderni della filosofia cristiana, riforma risultata eterodossa rispetto il magistero cattolico, né accettabile per il protestantesimo. Giovanni Gentile prosegue, anzi accentua il percorso di immanentizzazione della filosofia cristiana intrapreso da Gioberti, dopo aver espunto dal sistema attualista Grazia e Rivelazione il cristianesimo viene inevitabilmente circoscritto al piano di ” etica cattolica”( peraltro inevitabilmente relativistica, in quanto è pur sempre arbitrio del soggetto stabilire e produrre il bene e il male).

Nella svolta attualista dell’idealismo filosofico che assegna il primato all’atto puro trascedentale e autoctico la valorizzazione dell’idealismo fichtiano è maggiore di quello hegeliano; infatti nel primo è in nuce una dialettica dello spirito pensante, mentre l’ idealismo assoluto hegeliano sviluppando la dialettica sul piano dell’oggetto pensato ( e non già del soggetto pensante) non riesce a oltrepassare le tare del naturalismo.

Per quanto paradossale possa sembrare, il sistema hegeliano rimarrebbe, a giudizio di Gentile, inficiato dal naturalismo: infatti Hegel contrappone dualisticamente filosofia dell’idea (scienza logica) e filosofia della natura, anche se poi pensa di trovare il superamento di detta contrapposizione e la riconciliazione di idea e natura nella filosofia dello spirito.

La “riforma della dialettica” gentiliana richiede che il processo dialettico stesso si svolga esclusivamente sul piano del soggetto; l’atto puro trascedentale tutto produce e fagogita in sé, né sopporta alcun dato obiettivo, alcuna natura fuori di sé.

È palese la differenza di posizione rispetto a Husserl (almeno rispetto la prima fase husserliana, che precede le Meditazioni Cartesiane), perché mentre Husserl insiste sulla nozione di intenzionalità a fondamento della gnoseologia, per cui la coscienza intenzionale è costitutiva di senso del noema, non già ” produzione” dell’oggetto, invece per Gentile l’intera realtà non è che produzione autoctica dell’ atto puro .

Vittorio Possenti ha giustamente parlato di atteggiamento ontofobico, per quanto riguarda l’ attualismo, nella misura in cui “l’essere, anziché valere come fonte di ogni intelligibilità, si presenta come qualcosa di completamente muto per il pensiero” (2).

La realtà autentica infatti in questa prospettiva appartiene soltanto al pensiero come atto puro, la trascendentalità non si predica dell’ ens ( come voleva la metafisica classica), ma dell’atto puro di pensiero.

Mi soffermo ora sulla decostruzione gentiliana della metafisica naturale stessa, segnatamente attraverso la critica e l’oltrepassamento dei principi della logica classica ( identità e non contraddizione), del concetto di ” sostanza”, della visione intellettuale.

È più che dubbio che Giovanni Gentile abbia avuto una conoscenza approfondita della metafisica classica tomista; nonostante questo, l’attualismo di fatto ricacciò nel ” calderone” del naturalismo la tomista filosofia dell’essere, quasi che la nozione metafisica classica di “actus essendi”, legame trascendentale di essenza ed esistenza, debba essere interpretata in senso naturalistico.

Andrò per ordine; la nozione di identità viene da Gentile ” confutata”, perché nell’ottica dell’attualismo rinvia a una sostanza naturale individua “staccata” dallo spirito e da questa ” confutazione “deriva l ‘impossibilità di accettare ogni forma di metafisica pluralista della Persona, nonché di fondare qualsiasi Personalismo teologico (3).

In definitiva, non vi è posto nel monismo gentiliano per la nozione di Persona come ” sostanza individua”, come intesa in termini di metafisica classica, l’atto puro infatti è un “noi intersoggettivo” che soverchia e assorbe ogni individualità.

Il principio di non contraddizione, secondo cui nella formulazione aristotelica_ tomista ” non è possibile predicare al contempo è per il medesimo rispetto di un ente un attributo e il suo contrario è oltrepassato dall’attualismo gentiliano; su di esso si basa la metafisica naturale e la visione intellettuale dell’essere, ma diventa inutile nel contesto della trascendentalità dell’ atto puro creatore, in cui peraltro viene anche a cadere la distinzione tra potenza ed atto, vi è solo atto in perenne creazione diveniente; nel contesto gentiliano il principio di non contraddizione opera dei tagli, delle divisioni e opposizioni nell’atto Creatore, di conseguenza non configura più il Pensiero Pensante vivo (ciò che esclusivamente interessa alla riflessione gentiliana), ma il pensiero pensato, quindi statica categoria non più vivente.

La critica ai principi della logica classica rinvia necessariamente alla gentiliana critica del concetto di “sostanza”; a giudizio del nostro autore l’ idealismo platonico stesso altro non sarebbe che una sorta di sostanzialismo sotto forma di positivismo iperuranico (4).

Quanto alla critica gentiliana alla visione intellettuale dell’ intellegibile, che permea la ” philosophia perennis” essa deriva dal fatto che Gentile non solo toglie qualsiasi consistenza e valenza al concetto di intenzionalità (egli non avendo con ogni probabilità un’ appropriata conoscenza del tomismo, ignora la netta distinzione che l’ ontologia tomista opera tra identità fisica e identità intenzionale), ma ritiene che l’ intuizione intellettuale, facoltà per eccellenza della metafisica naturale classica, si fondi sulla prensione del “pensiero pensato”, ” vuote categorie”, astratte dal vero universale, l’ Atto Pensante e Creatore.

Credo che le riflessioni sin qui svolte, sempre passibili di approfondimento in ulteriori ricerche che mi riprometto di fare in un futuro prossimo, siano sufficienti a disilludere quei cattolici che ritenessero possibile conciliare l’ attualismo gentiliano con una filosofia cristiana stricto sensu, o anche semplicemente ritenessero con ingenuità che l’attualismo possa solo fungere da introduzione negativa al tomismo.

Né basta appellarsi al fatto che Giovanni Gentile avesse condiviso il giudizio di condanna ecclesiastica di Pio XII nei confronti del modernismo (a)cattolico per giudicare il teorizzatore dell’ “atto puro trascedentale” un autentico filosofo cattolico; il rifiuto del modernismo da parte del Gentile si spiega con il fatto che egli considerava il modernismo cattolico stesso un prodotto dello scientismo illuminista e positivista, di cui disprezzava decisamente la nozione di progresso intesa in senso rozzamente materialista; cui contrappone una spirituale rivoluzione conservatrice, in cui il cattolicesimo ricopre il ruolo di etica civile (ma nel sistema dell’ attualismo la religione, anche nella forma concettualmente più elevata, il cattolicesimo, è “ancilla philosophiae” e in essa trova il suo inveramento, come lo Hegel aveva decretato).

La teologizzazione dell’atto puro di pensiero, cui Giovanni Gentile attribuisce facoltà creatrice di tutto il reale, il rifiuto della classica metafisica naturale, il radicale immanentismo in cui posto non trovano né il concetto di Peccato, né quelli di Grazia e Rivelazione, sono alcuni motivi fondamentali che portano a ravvisare un oblio della dimensione della Trascendenza; ben se ne rese conto padre Agostino Gemelli, scolastico integrale, che il 20 aprile 1934, plaudì alla messa all’indice delle opere del Gentile, ravvisandone l’ incompatibilità con il magistero, nonostante il teorizzatore dell’atto puro rivendicasse il carattere cattolico della sua filosofia ( del resto, nell’esordio del mio studio ho fatto presente come il nichilismo sia stato un esito imprevisto e non voluto dal Gentile, che non aveva nessuna intenzione di concludere all’agnosticismo né all’ateismo).

Non è neppure possibile parlare nella temperie postmoderna di alcuna “Rinascita Gentiliana”, anzi le cosiddette Destra e Sinistra gentiliana non sono che i prodotti della dissoluzione della filosofia dell’atto puro.

La Sinistra gentiliana ha trovato il suo massimo esponente in Ugo Spirito, profeta del contemporaneo globalismo tecnocratico su scala planetaria; la destra gentiliana ha trovato invece espressione nel problematico spiritualismo del Carlini; di fatto, il recupero di un’ autentica filosofia della Trascendenza e dell’ontologia naturale dell’ essere si sarebbe avuta con l’ uscita tout court dai moduli dell’attualismo gentiliano, opera che Michele Federico Sciacca portò a compimento (5).

Note all’articolo

(1) cfr. Vittorio Possenti, Il nichilismo teoretico e la ” morte della metafisica”, Armando,Roma, 1995, pag. 63

(2) cfr. Vittorio Possenti, op.cit., p.64. l’”ontofobia”, l’ attribuzione del carattere di trascendentalità’ al pensiero concepito come ” mondo vero” ( non più all’essere), la negazione dei principi della logica classica e della valenza conoscitiva dell’ intelletto menano dritto allo scacco nichilista dell’ attualismo

(3) sui fraintendimenti dell’idealismo contemporaneo, segnatamente della sua versione attualista del concetto di Persona e sulla sua negazione del Personalismo teologico si vedano le ottime considerazioni di Carlo Arata in Persona ed Evidenza nella prospettiva classica, Marzorati, Milano,1963, pag. 22 e sgg.

(4) cfr. Augusto del Noce, Il suicidio della Rivoluzione, Rusconi, Milano,1978,p.253 “per Gentile l’ affinamento della critica dell’intuito importava il rifiuto di ogni metafisica così idealistica, come materialistica”. Si noti come sotto il termine di naturalismo Gentile sussuma sia la platonica metafisica del mondo delle idee che il materialismo

(5) infatti, una volta che l’ attualismo filosofico è approdato al binario morto del nichilismo, di necessità si apre la via d uscita dal nichilismo stesso attraverso il recupero della filosofia dell’essere e del’ ontologia naturale