In una puntata della fortunata rubrica Le glorie del Cardinalato abbiamo scritto: “La Chiesa di Cristo è un grande e bellissimo giardino nel quale convivono in armonia le più disparate varietà di fiori di carismi e di virtù. Allo stesso modo il Sacro Collegio Cardinalizio, il Senato della Chiesa Romana, lungo i secoli ha raccolto le personalità più disparate: dal pastore di anime al diplomatico, dallo statista al guerriero, fino alle vette della santità di un San Carlo Borromeo, gloria la più vera del Cardinalato Romano”. Del Borromeo già abbiamo parlato, lasciando la parole ad un suo degno successore sulla cattedra di sant’Ambrogio quale lo Schuster. Oggi, riproponendone le pagine dedicategli dall’abate Gueranger, proponiamo ai Lettori la gloria di san Raimondo Nonnato, che la tradizione ci dice esser stato cardinale di Gregorio IX.
Festa di liberazione.
Agosto termina, come è cominciato, con una festa di liberazione, sigillo divino dell’eterna Sapienza su questo mese a lei consacrato. Avendo fatto suo fine la redenzione del genere umano, che cercava il suo amore, tutti i suoi privilegiati ebbero parte nell’opera grandiosa, parte con fatica, preghiera, sofferenze, come fu la sua nella carne, parte feconda nella misura stessa dell’unione ch’essa si degna concedere nelle sue rinunzie misericordiose. Pietro in catene fece progredire l’emancipazione del mondo più di tutti i cospiratori levatisi contro la tirannia dei Cesari e Raimondo Nonnato e i suoi fratelli, prendendo sopra se stessi le catene dei prigionieri, fecero più di tutti i filosofi predicatori di eguaglianza e dei declamatori di libertà, per l’abolizione della schiavitù e l’estinzione della barbarie.
Le feste di san Raimondo di Pegnafort e di Pietro Nolasco ci hanno fatto assistere al sorgere dell’Ordine illustre in cui Raimondo brilla di un fulgore grandissimo. Presto la stessa augusta fondatrice, la Madonna della Mercede, si degnerà dare occasione alla riconoscenza del mondo per tanto beneficio.
Vita. – San Raimondo Nonnato nacque probabilmente a Portello, in Catalogna, nel 1204. La madre morì prima di metterlo alla luce e da questo
fatto deriva il suo nome di Nonnato, non natus, nonché l’essere stato scelto
a patrono delle donne incinte. Fin dall’infanzia ebbe una tenera divozione alla Madre di Dio, che gli apparve e lo invitò ad entrare nell’Ordine della Mercede, fondato per il riscatto degli schiavi. Inviato in Algeria, ne liberò molti e, mancando di denaro, diede per il riscatto se stesso. San Pietro Nolasco lo fece liberare e lo richiamò in Spagna, dove venne fatto Cardinale da Papa Gregorio IX. Conservata da cardinale la sua semplicità di vita, parti per Roma nel 1240, ma morì a Barcellona, senza raggiungere la meta. Senza che il suo culto fosse approvato da Roma, il suo nome venne iscritto nel martirologio romano.
La libertà.
«Signore che, per liberare i tuoi fedeli dalla schiavitù dei Maomettani, hai reso ammirabile lo zelo del beato Raimondo, fa’ che, per le sue preghiere, liberi dai nostri peccati, ci impegniamo, in piena libertà di spirito, a fare ciò che piace alla tua santa volontà».
La libertà! Ecco il grande dono concesso da Dio all’umanità e restituito da Cristo con la redenzione sul Calvario. Il mondo si inganna spesso sulla natura della vera libertà. Prima di andare a liberare schiavi in Algeria, tu, o gran santo, hai avuto cura di restare libero della libertà che i musulmani non poterono rapirti, neppure quando ti gettarono nelle prigioni. Insegnaci quale sia questa libertà e fa’ che ne abbiamo sincero desiderio.
Ci si crede liberi nel mondo quando andiamo dove vogliamo, senza controlli, in balia di tutti gli errori e di tutte le passioni. Alcuni chiamano libertà il loro traviamento, come i bambini, che si credono liberi, quando sono fuggiti dalla casa del padre e corrono l’avventura.
Libertà immaginaria! Libertà mal compresa! Libertà che si perde! Persuadici, o san Raimondo, che il freno della vita cristiana, accettato per servire Dio solo, lungi dal diminuire la libertà, la perfeziona. Poter peccare, farsi schiavi delle passioni, dei vizi, del male non è libertà. La libertà prima è non peccare, la libertà suprema è non poter più peccare ed è la libertà del cielo. L’impossibilità di peccare, che appartiene agli eletti, è quella di Dio, è condizione della loro felicità, e in terra la conobbe la Santissima Vergine Maria. La preghiera della Vergine e la tua ci ottengano questa grazia!
(Dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1956, pp. 1041-1043)