Un passo della enciclica “Ad salutem humani” pubblicata da Pio XI 20 aprile 1930 nel XV centenario della morte di sant’Agostino, Vescovo d’Ippona, Confessore e Dottore della Chiesa.

S. Agostino, particolare di Gian Lorenzo Bernini, Cattedra di San Pietro, 1656-65, Basilica di San Pietro, Città del Vaticano.
[foto da augnet.org]

L’efficace assistenza, con la quale Gesù Cristo ha finora protetto e proteggerà in avvenire la Chiesa da Lui provvidenzialmente fondata per la salute del genere umano, se già non apparisse conveniente, anzi del tutto necessaria alla natura stessa della divina istituzione e non si appoggiasse alla promessa del divino Fondatore, quale si legge nel Vangelo, si potrebbe tuttavia dedurre con ogni evidenza dalla stessa storia della Chiesa, non mai contaminata da veruna peste di errore, né scossa dalle defezioni, per quanto numerose, di figli suoi, né dalle persecuzioni degli empi, anche se spinte all’estremo della ferocia, mai limitata nel suo vigoroso rigoglio, quasi di gioventù che continuamente si rinnova. Svariate furono le vie e i disegni con cui Iddio volle, in ogni età, provvedere alla stabilità e favorire i progressi della sua istituzione perenne, ma specialmente vi provvide suscitando di volta in volta uomini insigni, perché essi, con l’ingegno e con opere mirabilmente opportune alla varietà dei tempi e delle circostanze, arginando e debellando il potere delle tenebre, confortassero il popolo cristiano.
Orbene, tale accurata elezione della Divina Provvidenza, più che in altri, risalta nitidamente in Agostino di Tagaste. Egli, dopo essere apparso ai coetanei quasi lucerna sul candelabro, sterminatore di ogni eresia e guida all’eterna salute, non solo continuò nel corso dei secoli ad ammaestrare e confortare i fedeli, ma anche ai giorni nostri reca un grandissimo contributo perché vigoreggi il fulgore della verità della fede e divampi l’ardore della carità divina. Anzi a tutti è noto, come non pochi, benché da Noi separati e che sembrano persino totalmente alieni dalla fede, si sentono attratti dagli scritti di Agostino, pieni di tanta sublimità e di soave diletto. Pertanto, cadendo quest’anno la fausta ricorrenza del XV centenario della beata morte del grande Vescovo e Dottore, i fedeli di quasi tutto il mondo bramosi di celebrarne la memoria, preparano solenni dimostrazioni di devota ammirazione. E Noi, sia per ragione del Nostro ministero apostolico, sia perché mossi da profondo sentimento di giubilo, volendo prendere parte a questa celebrazione universale, vi esortiamo, venerabili Fratelli, e con voi esortiamo il vostro clero e il popolo a voi affidato, a unirvi con noi nel rendere vivissime grazie al Padre celeste per aver egli arricchito la sua Chiesa di così grandi e numerosi benefìci per mezzo di Agostino, il quale dalla doviziosa sorgente dei doni divini tanta ricchezza seppe attingere per sé e tanta diffonderne in mezzo al popolo cattolico. Ben è vero però che anziché gloriarsi di un uomo, il quale, aggregato quasi per prodigio al corpo mistico di Gesù Cristo, non ebbe forse mai, a giudizio della storia, in nessun tempo e presso nessun popolo chi lo superasse in grandezza e sublimità, converrà piuttosto penetrarne la dottrina e nutrirsene e imitare gli esempi della santa sua vita.
Le lodi di Agostino non cessarono mai di risuonare nella Chiesa di Dio, massime per opera dei Romani Pontefici. Infatti Innocenzo I salutava il santo Vescovo ancora vivente, suo amico carissimo [1], ed encomiava le lettere ricevute da lui e da quattro Vescovi suoi amici come «lettere piene di fede e forti di tutto il vigore della religione cattolica» [2]. E Celestino I difendeva dagli avversari Agostino, poc’anzi defunto, con queste magnifiche parole: «Noi ritenemmo sempre nella nostra comunione Agostino di santa memoria per la sua vita e per i suoi meriti, né mai quest’uomo fu anche solo sfiorato da dicerie di sinistro sospetto; e ricordiamo ch’egli fu ai suoi tempi di tanto sapere, che anche dai miei predecessori fu sempre reputato fra i maestri migliori. Tutti dunque nutrirono comunemente buona opinione di lui, come d’uomo che riuscì a tutti di gradimento e di onore» [3]. Gelasio I esaltava insieme Girolamo ed Agostino, « quali luminari dei maestri ecclesiastici» [4]; ed Ormisda, al vescovo Possessore che lo consultava, rispose in questa forma veramente solenne: «Quale dottrina sia tenuta e affermata dalla Chiesa Romana, ossia cattolica, intorno al libero arbitrio e alla grazia divina, benché possa conoscersi nei vari libri del beato Agostino, massime in quelli ad Ilario e a Prospero, tuttavia si hanno capitoli espliciti negli archivi ecclesiastici » [5]. Non diversa è la testimonianza di Giovanni II, il quale, richiamandosi contro gli eretici alle opere di Agostino, dice: «La sua dottrina, secondo gli statuti dei miei predecessori, è seguita ed osservata dalla Chiesa Romana» [6]. E chi ignora quanto, nei tempi più vicini alla morte di   Agostino, fossero versati nella dottrina di lui i Pontefici Romani, come per esempio Leone Magno e Gregorio Magno? Questi infatti, con sentimento quanto umile per sé altrettanto onorifico per Agostino, così scriveva ad Innocenzo, Prefetto dell’Africa: «Se desiderate impinguarvi di un pascolo delizioso, leggete gli opuscoli di Agostino, vostro compatriota, e dopo l’acquisto del suo fior di farina non cercate la nostra crusca» [7]. È parimenti noto come Adriano I fosse solito citare passi di Agostino, da lui chiamato «Dottore egregio» [8]; è noto altresì come Clemente VIII per chiarire controversie difficili e Pio VI nella Costituzione Apostolica «Auctorem Fidei» per smascherare gli equivoci capziosi del Sinodo di Pistoia si servissero, come di appoggio, dell’autorità di Agostino. Torna poi ad onore del Vescovo d’Ippona, che assai spesso i Padri riuniti in Concilio adoperarono le stesse sue parole per definire la verità cattolica; e basti citare come esempio il Concilio di Orange II e il Tridentino. E per rifarCi agli anni Nostri giovanili, Ci piace riferire qui, e quasi far soavemente risonare nel Nostro cuore le parole con cui l’immortale Nostro predecessore Leone XIII, dopo aver fatto menzione dei Dottori delle età precedenti a quella di Agostino, esalta l’aiuto da lui recato alla filosofia cristiana: «Ma parve che a tutti togliesse la palma Agostino, il quale, dotato di robustissimo ingegno, e pieno al sommo delle discipline sacre e profane, gagliardamente combatté tutti gli errori dell’età sua con somma fede e con eguale dottrina. Qual punto della filosofia non ha egli toccato? Anzi, quale non approfondì con somma diligenza, o quando spiegava ai fedeli i misteri altissimi della fede e li difendeva contro gli stolti assalti degli avversari, o quando, annientate le follie degli Accademici e dei Manichei, metteva in salvo i fondamenti e la solidità della scienza umana, o quando andava ricercando la ragione, l’origine e le cause di quei mali dai quali gli uomini sono travagliati?»[9].
Ma prima di addentrarCi nella trattazione dell’argomento che Ci siamo proposto, vogliamo che siano tutti avvertiti che le lodi, veramente magnifiche, tributate dagli antichi autori ad Agostino, vanno prese nel loro giusto valore, e non già nel senso in cui le intesero alcuni di sentimenti non cattolici, come se l’autorità delle sentenze di Agostino fosse da anteporre all’autorità della Chiesa docente.



[1] Innocentius Aurelio et Augustino episcopis: epist. 184 inter augustinianas.
[2] Innocentius Aurelio, Alypio, Augustino, Evodio et Possidio episcopis: epist. 183, n. 1 inter augustinianas.
[3] Caelestinus Venerio, Marino, Leontio, Auxonio, Arcadio, Filtanio et ceteris Galliarum episcopis: epist. 21, c. 2, n. 3.
[4]Gelasius universis episcopis per Picenum, circa fin.
[5] Hormisdas, epist. 70, ad Possessorem episcopum.
[6] Iohannes II, epist. olim 3, ad quosdam Senatores.
[7] Registrum epistolarum, lib. X, epist. 37, ad Innocentium Africae praefectum.
[8] Hadrianus I, epist. 83, episcopis per universam Spaniam commorantibus; cf. epist. ad Carolum regem de imaginibus, passim.
[9] Encycl. Aeterni Patris.