Francisco de Zubrarán, San Lorenzo, 1626, San Pietroburgo
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Quest’ottava trovasi forse già accennata nel Leoniano, dove tra le collette della sua festa, ve ne ha qualcuna che parla d’una solemnitas repetita. Essa però è contenuta indubbiamente nel Gelasiano e nel Gregoriano. Veramente, in origine l’ottava era una prerogativa della sola solennità pasquale. Però sin dal v secolo venne introducendosi lentamente l’uso di commemorare l’ottavo giorno della festa di Natale, dei santi Pietro e Paolo, ecc. La lista evangeliare di Wiirzburg punto non ricorda l’ottava di san Lorenzo.


L’introito deriva la sua antifona dal salmo 10. «Hai esposto il mio cuore al cimento; l’hai sorpreso di nottetempo; l’hai sottoposto alla prova del fuoco, né in me s’è ritrovata colpa alcuna». Ecco lo scopo della tentazione, la quale per la virtù cristiana è come l’atmosfera in cui vive. Chi non è tentato, che sa egli? Che cosa guadagna? Invece di compiangere chi è sottoposto al cimento, san Giacomo giunge sino a chiamarlo beato, perché la prova è pegno altresì di maggiore grazia, e ci merita una più splendida corona.
La seguente colletta apparisce già nel Leoniano. «Eccita, o Signore, nella tua Chiesa quello Spirito al quale servi docilmente il beato levita Lorenzo, perché noi pure di quello ripieni, ci sforziamo d’amare ciò che egli amò, e d’operare quanto egli c’insegnò».
Lo Spirito Paraclito adunque muove, dirige, e l’anima docilmente va dove quello la sospinge. Onde dice l’Apostolo: Qui Spiritu Dei aguntur, hi sunt filii Dei.

Le due lezioni ed il verso alleluiatico, sono come il giorno della festa. Il responsorio poi: Gloria, lo si desume dalla messa di sant’Eusebio, il 16 dicembre, e l’antifona per l’offertorio, da quella di san Sabba il 6 dello stesso mese.

Sopra le oblale. – «La santa preghiera del beato Lorenzo accompagni, o Signore, il nostro Sacrificio, perché lo renda a te gradito quegli appunto in cui onore così solennemente viene offerto».
Ecco la colletta del Gelasiano: «Beati Laurentii martyris honorabìlem passionem muneribus, Domine, geminatis exequimur; quae licet propriis sit memoranda principiis, indesinenter tamen permanet gloriosa».
È da notarsi il carattere sociale e solenne che sempre riflettono queste antiche formule stazionali. Allora, era tutto intero il popolo che prendeva parte all’azione liturgica, la quale nei primi secoli della Chiesa era unica in tutta la città, ed era celebrata preferibilmente dal vescovo.

Il Gelasiano oggi ha questo prefazio: «Vere dignum … Quoniam tanto iucunda sunt, Domine, beati Laurentii crébrius repetita solemnia, quanto nobis eius sine cessatione praedicanda sunt merita. Et ideo cum angélis etc.».

L’antifona per la Comunione è come per la messa vigiliare del Santo.

Dopo la Comunione. – « Ti preghiamo umilmente, o Signore, affinché pei meriti del tuo beato martire Lorenzo, ricopri sempre colla tua protezione quanti si sono ora satollati al celeste banchetto».

L’Eucaristia, pur essendo una grazia, anzi, la buona grazia, è un pegno tuttavia della futura gloria, ed inchiude perciò la promessa di tutte quelle grazie che la preparano. Ecco quindi il motivo per cui la sacra Comunione, nel linguaggio liturgico, diviene anche motivo d’intercessione.



(Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster OSB, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano. Vol. VIII. I Santi nel Mistero della Redenzione (Le Feste dei Santi dall’Ottava dei Principi degli Apostoli alla Dedicazione di S. Michele), Torino-Roma, 1932, pp. 189-190)