8 Agosto.
S. CIRIACO, LARGO E SMERALDO* MARTIRI
Stazione sulla via Ostiense, al settimo corpo di guardia sul Tevere.
Oggi il Filocaliano ha la seguente menzione: Ostense, VII ballistaria, Cyriaci, Largi, Crescentiani, Memmiae, lulianetis et Ixmaracdi.
Bisogna però distinguere due diversi santi Ciriaci. Il primo è il fondatore del titulus Cyriaci presso gli orti Sallustiani, ed è ricordato nel Geronimiano il 14 aprile: et in titulo iuxta Diocletianas, Cyriaci, conditoris tituli.
Il secondo invece, fa parte dell’odierno gruppo dell’Ostiense, ma già da antico è stato stranamente confuso col primo.
Sulla tomba dei Martiri della via d’Ostia, papa Onorio I eresse una basilica, che anche i pontefici Leone III e Benedetto III onorarono coi loro doni votivi.
Giusta l’iscrizione di Pasquale I a santa Prassede, i corpi di Ciriaco, Largo, Smeraldo, Crescenziano, Memmia e Giuliana sarebbero stati trasportati in quella basilica; tuttoché un’epigrafe simigliante, che ancor oggi esiste nel titolo di Equizio, ci assicuri che Sergio II fece la stessa cosa a riguardo di quell’insigne tempio.
Anche il titulus Marcelli vanta il dono dei corpi dei martiri Largo e Smeraldo, ivi deposti sotto Giovanni VIII; mentre invece Ciriaco, Largo, Smeraldo, Memmia e Giuliana rientrano parimenti nell’antico catalogo delle Reliquie di san Silvestro in Capite. Assai probabilmente, all’epoca delle grandi traslazioni, i corpi dei martiri vennero divisi fra le varie chiese urbane, e cosi si spiega come parecchie basiliche abbiano poi vantato il possesso d’uno stesso corpo.
San Ciriaco ha goduto in Roma d’un gran culto. Oltre alla basilica sepolcrale sull’Ostiense ed al titulus Cyriaci presso le terme Dioclezianee – il quale però conservava il ricordo d’un san Ciriaco che probabilmente non fu mai martire, – abbiamo una chiesa di san Ciriaco in Trastevere, ed un’altra finalmente in Camilliano, presso santa Maria in via Lata.
I Sacramentari generalmente conservano traccia della primitiva distinzione tra i due Ciriaci, l’uno fondatore del titolo Urbano, e l’altro immolato per la Fede sulla via d’Ostia insieme con altri compagni.
Infatti, la messa d’oggi viene intitolata semplicemente natale sancti Cyriaci, senza alcun accenno nelle collette a Largo e Smeraldo; mentre invece, i canti dell’Antifonario sono propri delle feste di più Martiri.
L’antifona per l’introito deriva dal 33 salmo. – «Temete il Signore, voi tutti che siete a lui consacrati; giacché nulla manca a chi teme Dio. I ricchi impoverirono e furono ridotti al bisogno; coloro invece che temono Dio non saranno privi d’alcun bene».
Il timore santo di Dio, il quale non lascia i beati neppure nella luce della beatifica visione, – timor Domini sanctus, permanens in saeculum saeculi – è il vero patrimonio spirituale dell’anima. A chi basta Dio, quegli avrà ben pochi bisogni in questo mondo, ed anche a questi provvederà poi largamente la divina Provvidenza. Di più: la divina benedizione suole prosperare anche materialmente coloro che a Dio s’affidano, come appunto da tanti secoli avviene ai religiosi, ai quali Gesù ha promesso il centuplo in questo mondo e la vita eterna nell’altro.
Nel Sacramentario Gregoriano le collette menzionano soltanto san Ciriaco.
Preghiera. «O Dio, tu che ogni anno ci consoli colla festa natalizia del beato Ciriaco (Largo e Smeraldo) martire tuo; deh ! fa si che ne imitiamo altresì la fortezza».
Le grandi occasioni, i grandi sacrifizi per Iddio, sono rari; se noi a mostrare la nostra fedeltà attendiamo solo a quelli, forse non ne incontreremo mai nella nostra vita. Dobbiamo quindi esercitare la fortezza nelle mille circostanze quotidiane della vita domestica, nel perfetto disimpegno degli obblighi del nostro stato. Undique captare proventum, vincendo ogni momento e superando noi medesimi.
La prima lezione deriva dalla prima Epistola ai Tessalonicesi (II, 13-16). L’Apostolo loda i fedeli di quella Chiesa perché, accogliendo la sua parola siccome verbo divino, hanno, al pari di lui, sopportato di buon animo le persecuzioni dei Giudei, già uccisori di Cristo.
Oggi la scelta delle due lezioni è in relazione al vasto apostolato che, secondo gli Atti, – di ben scarsa autorità – il diacono Ciriaco avrebbe esercitato alle corti di Diocleziano e di Sapore re di Persia, dove avrebbe operato anche una quantità di prodigi.
Il responsorio graduale riveste d’altra melopea l’antifona dell’introito.
Il verso alleluiatico è tratto dalla Sapienza (III, 7). «I giusti risplenderanno e brilleranno in eterno, a guisa di faville nella stoppia». Ora la luce dei giusti è nascosta entro il moggio, o dentro il vaso cretaceo, dove pure nascosero le loro fiaccole i soldati di Gedeone. Sopraggiunto il momento del trionfo, i militi spezzano i vasi, e la fiaccola apparisce in tutto il fulgore della sua luce, a sgominare le orde dei nemici di Dio.
La lezione evangelica (Marc. XVI, 15-18) colla promessa del carisma di numerosi miracoli che avrebbe accompagnato la primitiva predicazione apostolica, è comune in parte alla solennità dell’Ascensione.
L’indice di Wurzburg assegna invece il tratto di Matt. X, 26-32, come il 20 gennaio.
Taluni domandano, perché mai adesso i miracoli sono più rari che non tra le prime generazioni cristiane? I motivi sono vari, la minor fede, il più scarso potere che oramai il demonio esercita sull’umanità, ecc. V’è però un altro motivo d’ordine apologetico.
I miracoli sono i segui coi quali Dio dimostra la divinità del suo Cristo ed il carattere messianico della di lui missione. Ora il Signore questi segni li ha già dati, e sono chiari, numerosi, debitamente garantiti ed autenticati nei santi Vangeli, i quali fanno fede per tutti i tempi.
In via ordinaria, i miracoli non sono più adunque necessari a conferma della nostra santa religione, rispondendo il Signore, come al ricco Epulone quando dimandava un prodigio a vantaggio dei suoi arenti: Hanno Mosè ed i Profeti: prestino fede ed essi.
L’antifona per l’offerta delle oblate, è come il 10 marzo.
La preghiera sulle oblate e quella di ringraziamento, sono le medesime che per san Canuto, il 19 gennaio, mutando però il singolare in plurale. Invece, nei Sacramentari ritroviamo quest’ altre due collette:
Super oblata. – «Suscipe, Domine, sacrificium placationis et laudis quod nos, interveniente sancto tuo Cyriaco, et perducat ad veniam et in perpetua gratiarum constituat actione».
Ad complendum. – «Quaesumus, Domine Deus noster, ut interveniente beato Cyriaco martyre tuo, sacrosancta Mysteria quae sumpsimus, actu subsequamur et sensu».
Seguire il Mistero Eucaristico coll’opera e coll’intelligenza, significa riviverlo nella meditazione e nella continua mortificazione.
(Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster OSB, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano. Vol. VIII. I Santi nel Mistero della Redenzione (Le Feste dei Santi dall’Ottava dei Principi degli Apostoli alla Dedicazione di S. Michele), Torino-Roma, 1932, pp. 152-155)
*Versione moderna dell’antico nome Smaragdo