Dal Rev. Don Leonardo Ricotta (Palermo) riceviamo un’opera monumentale e importante, un’efficace e accessibile divulgazione della dottrina cattolica così come elaborata dal Dottore per eccellenza, San Tommaso d’Aquino. Un’opera che rende il tomismo alla portata di tutti, per la quale ringraziamo l’alacre e generoso Autore! [RS]
85. Che cosa è il fine?
Il fine è ciò per cui le altre cose sono. È l’oggetto della volontà ed è l’effetto determinato cui tende colui che agisce. È ciò che appare bene e viene perseguito.
L’uomo, qualunque azione compia, agisce sempre per un fine. Tutti i suoi atti sono necessa-riamente ordinati a qualcosa e non vengono fatti a caso perché dipendono al tempo stesso dall’intelligenza, che esclude il caso, e dalla volontà che ha per oggetto il bene.
86. Esiste qualcosa oltre il fine?
Oltre il fine non esiste nulla, dal momento che, in ogni cosa, il fine è il termine estremo e ciò che abbraccia la cosa stessa.
87. In che modo una cosa può essere il fine di un’altra?
Sono due i modi in cui una cosa può essere il fine di un’altra.
Primo. Come preesistente; per esempio, il centro della terra è il fine preesistente del moto di gravità.
Secondo. Come esistente nell’intenzione di colui che agisce, dall’azione del quale viene generato. In questo senso, il fine non c’è finchè non c’è l’azione. Esso, dunque, viene generato dall’azione di colui che agisce.
88. Nei fini si può andare all’infinito?
No, nei fini non si può andare all’infinito ma deve esserci un punto di arrivo. Possono esserci fini intermedi ma il fine ultimo non può che essere uno.
89. Tutto ciò che vuole, l’uomo lo vuole in ordine al fine ultimo?
L’uomo, tutto ciò che vuole, lo vuole in ordine al fine ultimo. E ciò appare evidente per due ragioni.
Primo, perché l’uomo desidera tutto sotto l’aspetto di bene. E questo bene, anche se non è desiderato come bene perfetto, cioè come ultimo fine, sarà necessariamente desiderato come tendente al bene perfetto; infatti, l’inizio di una cosa è sempre ordinata al suo completamento e ogni inizio di perfezione è ordinato alla perfezione completa che si raggiunge con l’ultimo fine.
Secondo, il fine ultimo è il primo movente che muove tutti gli altri. Non è necessario che, nell’agire o nel desiderare, uno pensi sempre all’ultimo fine perché l’influsso, cioè la forza della prima intenzione rivolta all’ultimo fine, rimane nel desiderio della volontà anche se, in quel determinato momento, non si pensa a quel fine; come, per esempio, accade all’uomo che viaggia e che non necessariamente è obbligato a pensare, in ogni passo, alla destinazione del suo viaggio. E così chi ama Dio e pone in Lui l’ultimo fine non è necessario che, in ogni mo-mento, pensi a Lui.
90. L’uomo conosce il fine?
L’uomo non cerca il suo fine come l’animale che segue la legge del suo istinto o la freccia che viene diretta al suo bersaglio dall’arciere. L’uomo persegue il suo fine coscientemente con l’intelligenza del rapporto tra i suoi atti e il fine stesso.
91. A chi spetta ordinare o indirizzare al fine?
Ordinare o indirizzare al fine spetta a chi può muovere se stesso verso il fine. A chi, invece, è portato da altri al raggiungimento del fine spetta di essere ordinato al fine da altri. E questo riguarda la natura priva di ragione.
92. Che rapporto c’è tra il fine e gli atti dell’uomo?
Il fine non è estraneo all’atto da cui promana poiché ha, con esso, una relazione di principio e di termine. Tuttavia, il singolo atto è sempre ordinato ad un unico fine prossimo ma può es-sere anche ordinato a più fini remoti dei quali l’uno sia fine dell’altro. Per esempio, l’uomo lavora col fine di guadagnare denaro e il fine del guadagno è provvedere ai bisogni della famiglia e via dicendo…E’ possibile anche che lo stesso atto possa essere ordinato a fini diversi: per esempio, l’uccisione di un uomo può essere finalizzata o alla vendetta o alla protezione degli innocenti; oppure, come nel caso dell’elemosina che può essere finalizzata o alla carità oppure alla vanità. In un caso si avrà, dunque, l’atto peccaminoso; nell’altro caso si avrà l’atto virtuoso poiché è il fine che determina la moralità di un atto. Niente, dunque, impedisce che lo stesso atto abbia fini diversi nell’ordine morale.
93. Come si evolve il fine nella mente dell’uomo?
Nella mente umana il fine si evolve su due livelli paralleli e contrapposti: intenzione ed esecuzione.
Nell’intenzione è primo ciò che per primo muove.
Nell’esecuzione, invece, è primo ciò che per primo viene mosso, cioè il primo passo che si compie nell’operare.
Principio nell’intenzione è il fine ultimo.
Principio nell’esecuzione è il primo dei mezzi necessari al raggiungimento del fine. In nessuno dei due ordini si può procedere all’infinito poiché, senza fine ultimo, non ci sarebbe nessun desiderio e nessuna azione avrebbe un termine. Senza un primo nell’ordine di esecuzione, nessuno comincerebbe mai ad operare e tutto sarebbe caotico e disordinato. Esistendo un fine ultimo, deve necessariamente esistere un primo bene da cui tutto proviene e a cui tutto tende.
94. Un uomo può avere più fini ultimi?
Assolutamente no! Infatti è impossibile che la volontà di un uomo si trovi a volere oggetti diversi come fini ultimi come è impossibile che un uomo si muova simultaneamente verso destra e verso sinistra o che, simultaneamente, si avvicini e si allontani dal medesimo oggetto.
95. Come facciamo a capire qual è il fine ultimo della nostra vita?
L’ultimo fine domina totalmente il pensiero e l’affetto di un uomo e lo riempie in modo tale da essere la norma di tutta la sua vita. “Nessuno può servire a due padroni…” come sta scritto nel Vangelo; e, dunque, è inconcepibile che lo stesso uomo possa avere più fini ultimi che non siano subordinati tra di loro ed è necessario che il fine ultimo sia primo principio e sommo bene.
Tuttavia, bisogna precisare che l’impossibilità che il volere umano si volga verso due oggetti contrastanti non vuol dire che l’oggetto debba essere necessariamente una sola e determinata entità oggettiva. Poiché, nella vita concreta, esiste una varietà infinita di fini particolari che differenziano le vie umane. I nostri desideri non sono tutti uguali e variano di intensità. Il fine ultimo è ciò per cui viviamo, il desiderio più grande, quello che sovrasta tutti gli altri. Ciò su cui il nostro pensiero va a posare sempre, l’ultimo della sera e il primo del mattino. Per la sal-vezza è sufficiente che questo sommo desiderio non sia contrario alla legge di Dio e sia com-patibile con la sua volontà. Per esempio, per un uomo il più grande desiderio, in un certo tempo della sua vita, è sposare la donna che ama o avere un figlio o altre cose simili. Per chi, invece, è progredito nella via di Dio il sommo desiderio è Dio stesso, come sta scritto nel salmo: “come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente, quando verrò e vedrò il volto di Dio?…”
96. Commettendo il peccato mortale, l’uomo si allontana dall’ultimo fine?
Sì, commettendo il peccato mortale l’uomo si allontana dall’ultimo fine perché pone se stesso come ultimo fine, l’amore di se medesimo fino al disprezzo della regola divina.
97. Qual è il fine ultimo di tutte le creature?
Le creature prive di ragione raggiungono l’ultimo fine partecipando a una certa somiglianza con Dio per il fatto che esistono, vivono e danno completezza al creato e aiuto all’uomo. Questo, invece, può raggiungere l’ultimo fine che è Dio, mediante la conoscenza e l’amore.
98. Il fine ultimo è unico per tutti gli uomini?
Possiamo considerare il fine ultimo sotto due aspetti.
Primo, fermandoci alla considerazione astratta per la quale tutti concordano nel desiderio del fine ultimo perché tutti desiderano, in un modo o nell’altro, il raggiungimento della propria perfezione.
Secondo, cercando l’oggetto in cui consiste il fine ultimo. Non tutti concordano quando si tratta di stabilire l’oggetto in cui il fine ultimo consiste. Alcuni, infatti, desiderano come bene perfetto le ricchezze, altri i piaceri, altri qualunque altra cosa. Ecco perché il fine ultimo può essere ben compreso soltanto da coloro che hanno gli affetti ben ordinati.
99. Quali sono i beni a cui l’uomo tende come fine?
I beni di questo mondo a cui l’uomo tende come fine sono i seguenti.
Beni materiali, cioè il campo dell’avere, le ricchezze. Tali beni sono totalmente sottoposti allevicissitudini della fortuna e del rischio. Non possono mai avere ragione e dignità di fine ultimo e neppure di fine propriamente detto. Sono soltanto dei mezzi. Altri beni esteriori sono l’onore e la potenza, anch’essi sottoposti alle vicissitudini mutevoli. Molto spesso coesistono con grandi miserie morali.
Beni corporali, sono bellezza, salute, forza, longevità, piacere; anche questi sono fragili e corruttibili e non possono avere ragione e dignità di fine ultimo.
Beni morali, alcuni filosofi hanno posto il sommo bene dell’uomo e il suo fine ultimo nella virtù. E’ vero che, attraverso la virtù, l’uomo attua l’essenza della sua natura spirituale ma la virtù non può essere il fine ultimo perché la sua acquisizione e il suo permanere sono legati ad uno sforzo penoso e perseverante che fa della virtù un bene arduo che non può essere amato per se stesso ma in vista di qualcos’altro.
Beni sociali, altre dottrine hanno posto nell’avvento di una società perfetta il sommo bene perl’uomo e il suo fine ultimo; ma, in tali dottrine, viene negato il bene dell’uomo, la sua individualità e si afferma che tutto è finalizzato ad una società perfetta. E’ evidente che, in tale contesto, non può esserci bene per l’uomo.
100. Perché tutti questi beni non possono essere il fine ultimo?
Questi beni che abbiamo elencato non possono essere il fine ultimo dell’uomo perché essi, anche presi in blocco, partecipano della fragilità umana e sono destinati a perire. Anche il loro possesso, pur con tutto il benessere che apporta, è sempre esposto alla sorda angoscia di poter perdere ciò che si ha. Niente di finito può essere il fine ultimo. E’ per questo che l’uomo, d’istinto, trasferisce le sue speranze di perfezione e di perfetta letizia al di là di questa vita e non si inganna.
101. Quali sono le caratteristiche del fine ultimo?
Il concetto di “fine ultimo” deve rispondere a condizioni che conviene determinare con esattezza.
Primo, deve essere perfetto, cioè non può essere ordinato a un bene ulteriore, deve essere assoluto e, soltanto in quanto tale, sarà propriamente fine ultimo.
Secondo, deve escludere ogni sorta di male, perché il male è incompatibile con la perfezione del bene e la felicità.
Terzo, deve essere accessibile ad ogni uomo e dunque ogni uomo deve essere capace di raggiungerlo. Non, dunque, riservato ad alcuni come privilegio, ma realmente accessibile a tutti.
Quarto, deve ricolmare l’aspirazione più profonda della natura umana, cioè il bisogno di conoscere, amare ed essere felici. L’uomo, infatti, aspira a dominare l’universo afferrandolo nelle sue cause e nei suoi principi e mira a possedere il bene che concepisce per mezzo della sua intelligenza. L’uomo è parte dalla natura per la sua corporeità ma la trascende per la ragione e l’amore.
102. Chi è dunque il fine ultimo e il Sommo Bene dell’uomo?
Da quanto abbiamo detto, né i singoli beni finiti, né la loro somma rispondono alle condizioni del Sommo Bene e della sua beatitudine . Dio solo è il Bene a cui l’uomo aspira con tutte le forze della sua anima. Solo il possesso di Dio è condizione necessaria di perfezione e di felicità. Il fine ultimo dell’uomo è, oggettivamente, Dio e l’assimilazione a Lui attraverso la visione della sua Essenza. L’uomo non può mai arrestare lo slancio del suo desiderio in un fine intermedio perché egli conosce Dio e, anche senza la fede, lo conosce ugualmente mediante la sua ragione come fine universale e causa prima della sua aspirazione alla perfezione e alla felicità. Il fine ultimo dell’uomo, il suo Sommo Bene non può che consistere nell’operazione più perfetta che è l’atto intellettivo riguardo all’oggetto più alto che l’intelligenza umana possa concepire, cioè Dio. E’ Lui, Dio solo, la suprema felicità dell’uomo.