Sintesi della 615° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo a causa dell’epidemia di coronavirus. preparata e postata nella festa della Madonna della Mercede. Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).
Il dottor Plinio Correa de Oliveira, pure fine teologo e apologeta brasiliano, fondatore di TFP, ravvisò nell’enciclica di papa Leone XIII “Au milieux” del 1892 una specie di svolta modernista nell’operato del pontefice (1). I capisaldi di detta incredibile accusa fondamentalmente sono due:
- Leone XIII si sarebbe allontanato dall’ insegnamento della Patristica e della Scolastica, secondo cui la monarchia è la “miglior forma di governo in sé”; avrebbe così inteso conciliarsi con la Repubblica massonica francese di Clemenceau, Gambetta, Waldeck Rousseau (!!) e avrebbe riconciliato il magistero ecclesiastico con la modernità, ” digerendone” l’istanza rivoluzionaria e sovversiva della Tradizione(!!)
- in subordine, l’ accusa di modernismo è stata mossa da Plinio Correa de Oliveira anche per il fatto che Leone XIII avrebbe auspicato il cosiddetto “Ralliement” con la Francia, nonostante la politica massonica, anticlericale e giacobina della Repubblica francese.
Don Curzio Nitoglia nel suo articolo ” Leone XIII si allontana dalla monarchia come miglior forma di governo’” innanzitutto ci offre una caratterizzazione dello spirito del cattolicesimo-liberale moderno, successivamente si sofferma in maniera approfondita sulla filosofia politica che permea il magistero ecclesiastico, tramandata dalla Scolastica e dalla Patristica; infine confuta con una serie di documentazioni relative al pontificato di Leone XIII l’accusa di modernismo mossa dal dottor Plinio de Oliveira (attestando soprattutto il costante impegno del Pontefice a stimolare una crescita e un approfondimento degli studi biblici, patristici, e segnatamente una costante riflessione sulla “philosophia perennis” di San Tommaso d’Aquino).
Mi diffonderò su questo importante aspetto del Pontificato del cardinale Pecci nel corso della trattazione.
Nel cattolicesimo liberale, rimarca don Nitoglia, l’aggettivo prevale di gran lunga sul nome che conserva pura valenza di facciata; di fatto, il cattolicesimo liberale integra gli aspetti della dissoluzione moderna (libertà di coscienza, indifferentismo morale, latitudinarismo,etc) sino ad accettare il razionalismo antropocentrico, che comporta il rifiuto della subordinazione dell’uomo a Dio.
Il cattolico liberale si atteggia in modo farisaico, nella misura in cui non conforma nella pratica i principi del magistero che magari ” de iure” continua a pronunciare, peraltro egli si contraddice (infatti si genera inevitabilmente contraddizione qualora la pratica sia in contrasto con il principio teorico, anziché esserne la traduzione).
Il cattolicesimo-liberale accetta la separazione tra Stato e Chiesa almeno come prassi conveniente e qualora continui in linea teorica a pronunciare la necessità della cooperazione tra potere temporale e spirituale, lo fa per puro formalismo. Noi giorno per giorno constatiamo i tristissimi esempi del cattolicesimo modernista-liberale nella temperie bergogliana, che non è altro che il momento apicale di una dissoluzione e sovversione avviatasi con il Vaticano II. Negoziazione, ecumenismo, dialogo incondizionato sono i capisaldi del cattolicesimo modernista-liberale, come Don Nitoglia non manca di sottolineare.
La triade stessa dello spirito della Rivoluzione francese: libertà, uguaglianza, fraternità è permeata da palese contraddittorietà.
La libertà proclamata dal liberalismo e dal giacobinismo entra in rotta di collisione con l’ uguaglianza, intesa dal magistero ecclesiastico come pari dignità degli uomini davanti a Dio.
Pur non eliminando le accidentali e inevitabili disuguaglianze in seno alla società – proclamò Leone XIII l’uguaglianza degli uomini risiede nel fatto che tutti, avendo la stessa natura, sono chiamati alla medesima eminente dignità di figli di Dio; nello stesso tempo una stessa fede è proposta a tutti e ciascuno deve essere giudicato secondo la medesima legge e ricevere le pene e le ricompense secondo i suoi meriti (2).
La libertà proclamata dal liberalismo e dalla rivoluzione francese è altresì in contraddizione con la fraternità e con lo spirito di comunità, in quanto la libertà stessa dissociata dall’autorità e non permeata da valori forti metatemporali conclude all’individualismo, alla concorrenza, all’atomismo sociale; dunque a guardare al proprio prossimo come a uno strumento o a un ostacolo per il conseguimento dei propri introiti (Augusto del Noce) anziché a colui che partecipando del Logos Divino si attende Amore e Carità.
Il liberalismo vuole liberare l’ uomo da Dio. Ipso facto, esso distrugge la Figliolanza da parte dell’uomo, la Paternità da parte di Dio, la Fratellanza degli uomini fra di loro.
Lo studioso disamina quindi con precisione il tema dell’ “origine” del potere”.
Secondo il Magistero ecclesiastico, la dottrina dei Padri della Chiesa e la tomista ” philosophia perennis” il potere viene al capo MEDIATAMENTE da Dio e viene attribuito dal popolo come CANALE.
Al netto di casi accidentali e eccezionali, Dio è causa remota dell’ attribuzione del potere al governante, in quanto Dio non manifesta colui che dovrà governare.
Anche il teologo gesuita spagnolo Francisco Suarez concorda con questa dottrina (3).
Plinio Correa de Oliveira e quanti sostengono l’atteggiamento pregiudizialmente antimonarchico di papa Leone XIII danno prova di aver considerato in maniera superficiale il principio contenuto nel N.T secondo cui “ogni potere viene da Dio”.
Secondo la dizione di ” monarchia di diritto divino” corretta e conforme alla fede, ” ogni potere viene da Dio” come da fonte remota.
Invece il potere monarchico inteso come conferimento diretto da parte di Dio, assoluto, sciolto sia dalla mediazione della Chiesa che del Popolo è una concezione che non trova riscontro né nel N.T né nel Magistero ecclesiastico, ove la monarchia non è concepita come privilegio o diritto assoluto conferito da Dio tout court, ma viene conferita dal Papa. Sempre secondo il retto insegnamento del Magistero, solo al Pontefice è dato di ricevere il potere direttamente da Dio, in questo caso esclusivamente Dio e’ causa prossima del conferimento del potere, non svolgendo durante l’elezione del Pontefice i cardinali neppure la funzione di mediazione.
Dai Padri della Chiesa sino al post Concilio Vaticano (I) il Magistero ha sostenuto che il popolo svolge funzione di CANALE e MEDIAZIONE nella delega del potere, rappresentando il ” corpo sociale” o la Sanior Pars”; tuttavia, il il capo non è deputato o rappresentante del popolo. In quanto ” canale imperfetto e transitivo”, il Popolo commetterebbe atto improbo qualora aspirasse in modo sovversivo a riappropriarsi del potere , una volta che sia stato conferito al Capo ( questo sarebbe lecito solo nel caso in cui il Capo governasse tirannicamente).
San Tommaso d’Aquino insegna esservi tre possibili forme di governo: monarchia, aristocrazia e politeia o timocrazia (ovvero il governo conferito dalla sanior pars in base all’onore).
La politeia quindi non va assolutamente confusa con il ” democraticismo” di matrice roussoviana, secondo cui il governo è espressione della ” volontà della maggioranza”. Già presso gli antichi (ad eccezione dei sofisti) e i Padri della Chiesa, il termine ” democrazia” aveva in sé una valenza negativa, avendo ” in nuce” la predisposizione al relativismo e all’indifferentismo etico, insomma al primato del regno della quantità su quello della qualità.
Come dimenticare la nobile battaglia dell’ aristocratico Socrate contro l’ indifferenti sta e amorale democrazia sofista?
La monarchia, prima forma di governo, può degenerare in ” tirannia”, l’aristocrazia in “oligarchia”, la politeia in “democraticismo”.
Classici e medievali consideravano la monarchia forma di governo per eccellenza superiore all’aristocrazia e questa superiore alla politeia.
Nondimeno, la filosofia politica scolastica, pur sostenendo la superiorità della monarchia rispetto l’ aristocrazia e dell’ aristocrazia rispetto alla politeia per quanto riguarda gli aspetti positivi, altresì conveniva che la degenerazione della monarchia in tirannia e dell’ aristocrazia in oligarchia fossero peggiori della deterioramento della politeia.
A tal guisa, per la Scolastica e per il Magistero ecclesiastico, la forma di governo per eccellenza è la costituzione mista in cui si compenetrino monarchia, aristocrazia e politeia.
Infatti, è illegittimo inferire dogmaticamente che la monarchia sia l’ unica forma di governo benvoluta da Dio, essendo il monarca condizionato dalla ferita del Peccato Originale che facilmente lo predispone alla tirannia.
Sostiene San Tommaso d’Aquino:”la miglior forma di potere è temperata dall’unione della monarchia, in cui comanda uno solo, aristocrazia in cui comandano i migliori o i virtuosi, e democrazia che è il potere stesso del popolo in quanto i principi possono essere scelti nella classe popolare e possono essere eletti dal popolo stesso (4).
Con buona pace di Plinio Correa de Oliveira e dei suoi seguaci, affetti da ” monarchismo”, ovvero acritici sostenitori della monarchia come superiore forma di governo (sciolta da ogni rapporto e confronto con il Papa e con il Popolo, inteso come pars sanior conferente il potere al governante) occorre convenire che nel corso della storia non sempre le monarchie si sono comportate conformemente al Magistero ecclesiastico…
Tanto di cappello, almeno prima del dispotismo “illuminato”, verso il Granducato di Toscana, il Regno dei Borboni, gli Stuart; tanto di cappello verso il Regno degli Asburgo, baluardo sino alla ” Grande Guerra” dell’ Alleanza trono-altare su cui era fondata la Civitas christiana medievale (per quanto nel primo Novecento l’ impero austro-ungarico non avesse più la politica universalista dell’ impero asburgico dei secoli precedenti e avesse già una declinazione nazionalista, restava certo preferibile alle democrazie borghesi massoniche); non sono meritevoli di giudizio altrettanto favorevole gli Orléans (la dinastia degli Orléans fu palesemente collusa con la massoneria e avversaria della Regalità sociale di Cristo), i Savoia-Carignano, i monarchi francesi fautori del gallicanesimo e del regalismo..
La Spagna contemporanea è istituzionalmente una monarchia costituzionale, ma la società spagnola odierna è talmente permeata dalla secolarizzazione, da non rappresentare neanche una pallida immagine della cattolicissima civiltà spagnola del tempo di Ferdinando il cattolico e Isabella di Castiglia.
È appena il caso di accennare alle corrottissime monarchie del petroldollaro wahabite, finanziatrici di tagliagole, fedeli alleate della monarchia del dollaro oltreoceano (e cripto-alleate dello stato di Israele).
Non mi soffermerò ulteriormente in questa digressione per non generare dispersione in voi che mi ascoltate e per non allontanarmi dal tema principale del mio rapporto.
Di grazia, come sarebbe ragionevole anche solo ventilare l’ipotesi che nel corso del pontificato di Leone XIII sia stato incoraggiato il nascente modernismo e il “cattolicesimo liberale”? La teoria del sacerdote francese Charles Maignen(5), appartenente alla Confraternita di San Vincenzo de’ Paoli, che sostenne la vacanza della Sede apostolica durante il pontificato di Leone XIII ( per il fatto che egli avrebbe incoraggiato il cosiddetto Ralliement, ovvero rapporti di distensione con la Repubblica francese) non merita risposta, tanto è grottescamente maliziosa e di superficiale nell’analisi storica dei fatti.
Pontefice colto, segnatamente erudito nella Scolastica tomista, Leone XIII “fu sensibile alle sfide non solo sociali e politiche, ma anche religiose, filosofiche e ideologiche che la modernità aveva lanciato alla Chiesa”.
È meritevole di elogio la sua abnegazione volta ad elevare il livello culturale del clero e dei fedeli, il suo impegno profuso alla promozione degli sudi filosofici, teologici e biblici.
“Restaurare omnia in Christo” fu precipuo fine anche del cardinale Pecci (non solo di San Pio X) e il modernismo allora incipiente, empio stravolgimento del dogma e sua subordinazione al verdetto della storia, fu considerato ” causa della malizia del tempo in cui viviamo”(6).
Don Nitoglia ha costantemente difeso il pontificato di Leone XIII dalle accuse di modernismo e di cattolicesimo liberale mosse dai suoi detrattori.
In l’ Esoterismo (opera edita per il Centro Librario Sodalitum) ha denunciato la malevolenza di certo tradizionalismo francese imbevuto di cultura esoterica e di spirito nazional gallicano, panghibellino e antipapista.
Il maurassiano Pierre Pascal(7) avversò il pontificato di papa Leone XIII come quello di Pio XI; accusando il primo di modernismo per il fatto di aver cercato una distensione di rapporti con la Repubblica francese, nonostante la sua legislazione anticristiana.
Pierre Pascal, come Plinio Correa de Oliveira e padre Maignen, è paladino di un legittimismo monarchico astratto e acritico. La sua accusa di modernismo rivolta a Leone XIII trasuda insipienza e superficiale conoscenza della filosofia tomista.
Dal momento che la miglior forma di governo secondo l insegnamento della filosofia politica dell’ Aquinate e’ quella determinata dalla compresenza delle tre forme istituzionali, in verità il pontefice invitava a eleggere” deputati cattolici che fossero monarchici o meno, purché si impegnassero a fare leggi buone”.
Il Magistero leonino denunziava il democraticismo fondato sull’indifferentismo etico e certo non nascondeva le sue preoccupazioni sull’incipiente ” democrazia Cristiana”; nondimeno, lungi da un’ esaltazione incondizionata della forma monarchica, egli rimarcava che monarchia, aristocrazia e repubblica fossero per sé indifferenti sul piano valoriale e diventassero buone nel caso in cui promuovessero leggi conforme alla legge divina, malvage in caso contrario.
(1) cfr. Plinio Correa de Oliveira, Il secolo della guerra, della morte e del pericolo IN “Rivoluzione e Controrivoluzione”, Sugarco, 2009, pp. 209-217
(2) cfr. Enciclica “Quod apostolici muneris”, 28/12/1878
(3) cfr. Francisco Suarez, “Defensio fidei”, III, cap. ” nessun monarca ottiene il potere da Dio ma mediante la volontà degli uomini”
(4) cfr. San Tommaso d’Aquino, Summa teologica, I_II, q.95 art 4 inoltre I-II, q.105 art 1 in corpore
(5) cfr. Charles Maignen, sacerdote nazionalista cattolico, ha sostenuto la teoria della Sede vacante durante il pontificato di Leone XIII in due manoscritti inediti: “Du pouvoir indirect di Pape dans l’ ordre politique. Un Pape legitime peut il cesser d’ etre Pape?” e ” Parvus error in principio fit magno in fine”
(6) cfr. Enciclica “Aeterni Patris”, 1879 e “Inscrutabili Dei Consilio”,1878
(7) cfr. Curzio Nitoglia , Esoterismo, Centro Librario Sodalitum, Verrua Savoia, pp. 67-68