
Sintesi della 616° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo a causa dell’epidemia di coronavirus. preparata nella festa dei Ss. Cosma e Damiano e postata nella festa di San Venceslao duca di Boemia. Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).
Che cosa ci riserverà il nuovo scenario politico russo e geopolitico, qualora Vladimir Putin non dovesse rinnovare il proprio mandato presidenziale ( come non pochi fattori inducono a credere) oppure cadere vittima di un colpo di stato? Potrebbe cadere a causa di quella che il mainstream nostrano ci ha abituato e indotto a considerare sollevazione popolare dal basso, quando invece ( a giudizio di scrive) altro non sarebbe che l’ennesima “primavera politica” ordita da poteri forti1)
Esiste veramente un’opposizione in Russia ben strutturata? A questi interrogativi la seguente conferenza tenterà di dare risposta con plausibili e fondate argomentazioni.
Fa parte dell’orizzonte mentale del nostrano mainstream liberale ipotizzare che la fase attuale della presidenza Putin (che può essere terminale o meno, su questo non è possibile pronunciarsi perché nessuno possiede la sfera di cristallo) non sia benvoluta dal popolo russo e che sia anzi caratterizzata da scosse telluriche, non troppo sotterranee e che sia imminente Insomma una ” primavera dei diritti umani”, sulla falsariga di quelle che si sono verificate nel Maghreb nel 2011, in Venezuela nel 2018 in Bolivia nel 2019.
In quest’ottica, la Russia del dopo Putin si aprirebbe ai “diritti umani”, alle riforme politiche amministrative, alla liberaldemocrazia, all’iperliberismo, respirerebbe finalmente ” aria di libertà”.
Una documentazione approfondita sull’impostazione culturale del popolo russo, una riflessione sulla natura dell'”anima russa” scevra da pregiudizi ideologici (2) a mio avviso porta alla conclusione che l’Occidente ha dipinto uno scenario futuro prossimo quanto meno distopico.
Ora proverò ad argomentare che l’ ipotesi di uno scenario politico facente seguito alla Presidenza di Vladimir Putin caratterizzato da un trionfo della civiltà liberale, almeno come viene intesa dall’impostazione culturale occidentalista è un’ illusione senza fondamento.
È d’uopo innanzitutto porsi un interrogativo d’obbligo: Esiste davvero un’ opposizione in Russia?
Leggiamo su un articolo dell’ Inkiesta del 3 settembre 2020″ tolto di mezzo Navalny, l’ opposizione a Putin oggi appare decapitata, senza guida, senza forma, senza direzione. Come se dopo Navalny ci fosse solo il diluvio”.
Aldo Ferrari, docente di storia della Russia a Venezia e direttore del dipartimento di studi sulla Russia all’ ISPI di Milano osserva” Alexander Navalny è stato l’ unico leader politico capace di innestare un’ opposizione efficace a Putin e al putinismo”.
Opposizione a Putin certamente, che sia stata efficace si può dubitarne.
Invero Navalny appare una ” mosca bianca” nel contesto culturale della Russia putiniana, la sua lotta un’ impresa vana, contro i mulini a vento.
Egli rappresenta l’ideologia liberal-globalista che impugna i ” diritti civili” degli omo-transessuali.
Nella Russia di Putin, permeata di spirito organico, religioso, comunitario, il cui baricentro è costituito dai valori forti dell’ ortodossia, Navalny intenderebbe importare l’ individualismo borghese dell’ Occidente disperato di senso.
Il suo destino è stato quello di lavorare da solo, impossibilitato di avere alle spalle un’ organizzazione rigida e decisa. Sarebbe la più grottesca delle congetture ipotizzare che Navalny possa accattivarsi il favore del popolo; l’ occidentalismo, l’ affarismo, il mercatismo, il pensiero debole e l’ atomismo sociale, tutti aspetti che l’ ideologia liberaldemocratica di Navalny intende veicolare non possono far breccia nell’anima del popolo russo…i cui maestri di pensiero nell’era putiniana sono Fedor
Dostoevskij. Aleksandr Isaevič Solženicyn, Lev Tolstoj.,Solov’ëv, Dugin e non già Popper, Von Mises, Von Hayek e Fukuyama.
Nella temperie putiniana l’ideologia liberal-globalista nasce sconfitta, esattamente come nascerebbe sconfitto l’ ateismo nel corso del Medioevo.
Mentre già nell’era gorbacioviana della ” perestrojka” e, in maniera più visibile, in quella dell’oligarchia eltsiniana l’occidentalismo aveva potuto penetrare nel paese post-sovietico, lo zar del Cremlino pose un decisivo freno a questo processo di irradiazione del liberalismo sfrenato a motivo del sostanziale richiamo della ritrovata idea di Impero ai valori forti della religione ortodossa.
In un articolo apparso sul sito Resetdoc nel febbraio 2008 Marco Tacconi scrisse:
“C’ è un’ analogia chiara tra i percorsi politici e culturali che il Cremlino e il Patriarcato di Mosca hanno intrapreso negli ultimi anni”.
Vladimir Putin usciva allora dal suo secondo mandato (gli sarebbe succeduto Medvedev) e in entrambi i mandati si era ingegnato a impedire la penetrazione di quella cultura liberale da lui definita ” caos” che aveva segnato gli anni 90′. Tale cultura liberale si caratterizzava per il nichilismo e relativismo, la perdita dell’ etica a fondamento della politica, il disprezzo del welfare state da parte dell’ oligarchia eltsiniana, l’avvio alle privatizzazioni in economia, l’insensibilità verso le crescenti sperequazioni sociali tra ristrette élites benestanti e stragrande maggioranza che il crollo dell’ impero sovietico aveva gettato nella miseria.
Il mainstream occidentale costantemente diffondeva il messaggio che gli anni Novanta fossero segnati da fermenti culturali positivi che il popolo russo avrebbe di buon grado assimilato
In realtà, ben rileva Marco Tacconi come nulla fosse più estraneo all’ anima del popolo russo di questa temperie di ” aria di libertà”.
Tanto il mainstream Occidentale ( meglio occidentalista) la dipingeva come foriera di emancipazione dalla barbarie totalitaria appena trascorsa, quanto la stragrande maggioranza del popolo russo la respingeva e la considerava estranea al proprio tessuto di tradizioni.
Soltanto una sparuta minoranza, destinata a non aver grande’ incidenza pratica, poteva definirsi liberal globalista e per giunta recentemente ha perso Navalny, la sua principale guida ( sulla responsabilità di agenti del Cremlino per quanto riguarda il suo avvelenamento esistono forti indizi, ma non è possibile attualmente trarre deduzioni certe).
Sta di fatto che il popolo russo considera la temperie degli anni 90′ ” una parentesi contraddistinta da caos, per di più da mancanza di trasparenza, disuguaglianza e disonesta’”.
Nei primi anni del 2000 Vladimir Putin non aveva avuto grandi motivi di attrito con l’ Occidente né con gli USA; aveva fornito un deciso appoggio alla ” guerra contro il terrorismo” proclamata da Bush junior all’ indomani dell’ attacco alle Twin Towers e aveva fatto una strenua lotta per l’ eradicazione del terrorismo ceceno.
È ipotesi più che probabile che i rapporti con l’Occidente abbiano cominciato a guastarsi in seguito all’ “affare Khondorkosky”(3). Da allora i media occidentali ( compresi i grandi giornali economici occidentali Wall Street Journal, Economist, Financial Times,etc) hanno cominciato a dipingere Putin come un” nemico della democrazia”, come ” intenzionato a scoraggiare gli investimenti esteri”, come ” nemico delle autonomie locali”. Questi giornali giunsero persino a ” profetizzare” la rovina economica della Russia nell’era di Putin e a fare causa comune con il secessionismo ceceno, smettendo di elogiare lo ” zar del Cremlino” per la sua lotta al terrorismo.
Putin rifiutò sempre di ricoprire un ruolo di vassallo subalterno ai diktat degli Usa; i rapporti con l’ amministrazione Obama furono sostanzialmente burrascosi; lo zar del Cremlino non poteva digerire la crescente espansione militare e geopolitica della NATO nell’Europa dell’ Est, il sostanziale appoggio degli Usa e dell’ Ue alle spinte secessioniste nell’area caucasica. Del resto, l’ Euromaidan scoppiato in Ucraina nell’autunno 2013 fu una palese provocazione e spina nel fianco della Russia, si trattò di un golpe appoggiato anche in questo caso dalla NATO e dall” Ue (4).
Infine, Putin diede un concreto e decisivo appoggio al presidente della Repubblica araba siriana Bashar Assad nella guerra al fondamentalismo wahabbita, ben consapevole che le mire espansioniste degli yankee in Medio Oriente ( con il mirato disegno di una balcanizzazione della Siria) costituivano una minaccia per la sicurezza della stessa Russia.
È d’ uopo qui insistere sulla fondamentale funzione della religione ortodossa a livello di legittimazione dell’ idea di Impero che la rivoluzione bolscevica aveva spazzato via nel 1917 . A dir il vero, una “prospettiva religiosa” non era mai tramontata in Russia, neanche dopo la cacciata dello zar, in ogni caso non venne mai meno l’idea che a fondamento della politica vi fosse la teologia, semplicemente il socialismo reale aveva soppiantato la religione ortodossa istituzionale e affermato il comunismo quale utopia messianica tutta terrena.
Beninteso, tra potere temporale e potere spirituale non sussiste una mera sovrapposizione e in nessun caso è possibile ravvisare nell’attuale Russia un regime teocratico, piuttosto tra il Patriarcato ortodosso di Mosca (5) e il Cremlino esiste un costante rapporto di collaborazione, in cui peraltro Vladimir Putin riveste un fondamentale ruolo di mediazione.
Lo “zar del Cremlino” , pur considerando con massimo rispetto il patrimonio storico dell’ ex Unione Sovietica e stigmatizzando coloro che intendessero rimuoverlo dalla coscienza nazionale, ha voluto voltar pagina ( non essendo più proponibile il fallimentare regime comunista sovietico crollato su se stesso agli albori degli anni 90′).
La politica imperiale di Vladimir Putin è sostanzialmente conservatrice, antioligarchica (ha intrapreso con successo la lotta per eradicare la mafia e per smantellare la cricca di oligarchi liberisti corrotti che l’era di Eltsin aveva sdoganato e che si era prefissa privatizzazioni selvagge dei principali settori strategici dell’ economia russa, nonché aveva incoraggiato la svendita del patrimonio nazionale.
Ha inoltre perseguito una politica di accentramento a livello amministrativo, avocando a sé la nomina dei governatori delle province (che durante la presidenza di Eltsin venivano eletti direttamente dalla popolazione locale).
In ultima analisi, il mainstream liberale nostrano nutre una previsione e una speranza distopica: il governo e la presidenza della Russia post putiniana segneranno un’ inversione di tendenza a favore di maggiori riforme politiche amministrative, attenuazione della censura, rifiuto del patriarcalismo, del “puritanesimo”; ancora …a favore del rispetto delle ” minoranze”, contro l'”imposizione” del modello tradizionale di famiglia, in soldoni il mainstream nostrano prospetta la società post putiniana come più aperta alla licenziosità’ propagandata dalla cultura liberal.
E’ una pura illusione, considerato peraltro il fatto che in seguito al ” caso Navalny”, la sparuta e sterile (già prima dell’ episodio dello scorso agosto) opposizione liberal ha le armi spuntate; Navalny è stato messo fuori gioco e Kasparov, provetto giocatore di scacchi, precedentemente esponente della minoritaria galassia liberal, da tempo si è ritirato dalla politica attiva e vive negli USA, avendo come passatempo prioritario l’ amato gioco degli scacchi. Questa minoranza ha potuto far leva, pressoché esclusivamente, sulla progressiva corruttela che ha interessato progressivamente negli ultimi tempi l’entourage del Cremlino: la maggior parte di questi dirigenti effettivamente sono corrotti, dilapidatori di risorse, parassiti non solo nei confronti del popolo ma dello stesso zar del Cremlino.
La vita politica russa rischia di andar incontro a un’ involuzione, occorre effettivamente un’ epurazione dell’ attuale nomenklatura del Cremlino. Vladimir Putin stesso è perfettamente consapevole che è indispensabile un’attività riformatrice, che peraltro avrebbe già intrapreso.
Nondimeno, non è sufficiente per l’ opposizione liberal questa propaganda monotematica, facente leva sulla corruzione della vita politica per avere maggior successo elettorale.
Sempre Aldo Ferrari fa una riflessione approfondita sul quadro dell’ ” opposizione” in Russia a Vladimir Putin. Occorre prendere atto del fatto che la propaganda liberal, adesso che è stata tolta di mezzo la sua voce più fervente, sbanda, le speranze di successo della sua rivincita sono ridotte al lumicino.
” In Russia non c’ è opposizione per tre ragioni.: La prima è che Putin, anche se agli occhi degli occidentali, può non sembrare possibile, è davvero molto popolare tra i cittadini e gli elettori, specie nelle campagne.
La seconda è che Putin negli anni è riuscito con poco visibili ma mirate ed efficienti violenze ed uccisioni a silenziare ogni tentativo di opposizione.
La terza è che gli unici partiti a cui in teoria è delegata l’ opposizione, quello nazionalista e quello comunista, di fatto sono organici al sistema di potere del Presidente e la loro opposizione è solo di facciata”.
Di fatto, il popolo russo è ancora più gelosamente attaccato alle tradizioni, alla religione ortodossa, all’ identità slavofila dello stesso zar del Cremlino. Tutto questo fa pensare che, se mai la vita politica e il contesto culturale della Russia post putiniana subiranno un cambiamento, sarà’ verosimilmente in una direttrice ancora più identitaria e conservatrice e non già in quella di una maggior ricezione degli aspetti della cultura occidentalista.
Note
(1) non è un mistero che il nostro conformismo liberal si auguri che che Vladimir Putin venga spazzato via da una ” rivoluzione colorata”, non molto dissimile da quelle che hanno insanguinato il Maghreb,la Siria, l’ Ucraina. Mentre scrivo, ne sta divampando un’ altra in Bielorussia contro il legittimo presidente Lukashenko, ma Vladimir Putin ha promesso supporto militare al presidente bielorusso. Il leit motiv del mainstream liberale è il solito: elogiare queste insubordinazioni contro ” dittatori sanguinari” quasi si trattasse di rivolte dal basso, quando invece si tratta di conati rivoluzionari manovrati da poteri finanziari forti.
(2) un’ analisi molto equilibrata, scevra da pregiudizi ideologici c’è la offre la bella opera di Paolo Borgognone” Capire la Russia”, edita per i tipi di Zambon
(3) cfr. Maurizio Blondet, “Israele,gli USA e il terrorismo islamico, Effedieffe, Milano,2005, pp.126-28
(4) per Euromaidan si intende l’ insieme di sconvolgimenti che dal 21 novembre 2013 al 23 febbraio 2014 hanno portato al golpe in Ucraina, alla firma degli accordi tra Ue ed Ucraina, alla incriminazione di Janukovic, alla sua destituzione e all’insediamento dell’ineffabile Poroshenko, benvoluto dall’Ue.
(5) occorre rimarcare che il Patriarcato ortodosso di Mosca estende la propria influenza ben al di là della Russia e ha strette relazioni, nonché buoni rapporti con la Chiesa ortodossa di Grecia, Bulgaria e con quelle delle repubbliche baltiche