Molti si sono dilungati a parlare del caso Immuni. Una vicenda che, rispetto a ciò che da oggi entra in vigore, è probabilmente robetta. Ma in pochi ne discutono.
Sì, da oggi arriva, con l’avallo della legge, il super-virus di Stato, il captatore trojan. Voi direte: sì, però esisteva già e già era previsto che si potesse essere spiati dallo Stato. Vero, ma da oggi la legge lo rende decisamente più libero.
Cerchiamo di capire, innanzitutto, cos’è un trojan. Su Altalex (portale dedicato alle materie giuridice) è spiegato in modo piuttosto chiaro: i Trojan sono software “malevoli” perché, all’insaputa del target, sono “iniettati” su pc o dispositivi mobili per captare conversazioni, immagini, messaggi, e anche spostamenti e incontri potendo registrare con videocamera.
Certamente non tutti i presunti reati (ribadiamo: presunti, perché il trojan si usa prima del processo) possono essere oggetto di questa pratica invasiva ma i limiti di utilizzo sono piuttosto bassi e le inquietudini non sono poche. A parlarne è il quotidiano Il Dubbio:
Più volte modificato, il testo introduce significative innovazioni. La principale riguarda, certamente, la creazione dell’archivio digitale delle intercettazioni presso ogni Procura. In questi grandi hard disk dovranno essere custodite tutte le comunicazioni telefoniche, le captazioni effettuate con il trojan, i video e ogni altro atto al riguardo. Il fine della “raccolta” di tutto il materiale in un unico archivio è quello di evitare la circolazione e la divulgazione di dati che non rivestono alcuna rilevanza per le indagini o che attengono alla sfera della riservatezza dei soggetti intercettati. Sul punto il dovere di vigilanza del pm sarà fondamentale.
“In teoria“, aggiungiamo noi. Perché la storia recente ha parlato di gestioni molto disinvolte in relazione a dati personali. Non a caso, a lanciare l’allarme dalle colonne de Il Riformista è l’ex presidente della Commissione Giustizia della Camera, Tiziana Maiolo:
Non rimane che dichiararsi prigionieri politici. Nelle mani dei potentissimi pubblici ministeri, i quali, con la riforma che entrerà in vigore oggi primo settembre, strappano con le unghie e con i denti alle forze di polizia il potere di intercettare, cioè di con-trollare la nostra vita fin dentro l’intimità della famiglia, della casa. A mani libere, e anche con potere di colpire sotto la cintura. A loro il compito di esercitare il controllo su captazioni di ogni ordine e grado, di verifi carne la rilevanza ai fi ni investigativi, di archiviare. I nostri eventuali segreti nelle mani dei magistrati dell’accusa, in modo che, si dice, ne sia meglio tutelata la riservatezza. E non si capisce, per chi abbia frequentato qualche aula o corridoio di giustizia, o anche solo letto le cro-nache giudiziarie dei giornali, se sia meglio, dal punto di vista dell’onorabilità del cittadi-no, cascare nella padella o direttamente tra le braci. C’è però una valvola di sicurezza, ed è quello che riguarda l’esclusione di “espressio-ni lesive della reputazione personale” oppure di dati personali sensibili. Ma c’è un ma, il solito “salvo che” usato a piene mani, in parti-colare dagli antenati del Pd, per affossare una norma che abbia troppo il sapore di difesa dei diritti individuali. Il “salvo che” del comma 2 bis dell’articolo 268 completa la frase con “si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini”.
Toni troppo forti? Può essere ma persino tra i magistrati non pochi risultano scontenti. Sempre dalle colonne de Il Riformista, si riferiscono i dubbi del consigliere togato del Consiglio superiore della magistrature, Antonio D’Amato:
Il consigliere togato del Csm Antonio D’Amato, se la prende con una riforma che introduce oneri a carico dei procuratori della Repubblica a risorse umane e finanziarie invariate e in assenza di strumenti tecnici adeguati . Riforma che, sostiene, così rischia di essere inutile perché i Procuratori della Repubblica, che dovranno vigilare direttamente sul registro informatico delle Intercettazioni, non sono messi nelle condizioni di farlo, se non vengono dotati di strumenti tecnici adeguati. Per la creazione dell’archivio informatico – sottolinea D’Amato- sono necessarie sale attrezzate e misure particolari, che hanno degli inevitabili costi, di cui la riforma non si fa carico
Auguri, gente.
Telefono non-smart da 25 euri…..e via!!!!!