Sebbene senza quel clamore che accompagnò i festeggiamenti per il 150esimo della (dis)unità d’Italia, ci si appresta a celebrare il 150esimo anniversario della occupazione di Roma da parte delle truppe “italiane”. Bergoglio, sulla scia dei suoi predecessori recenti (da Roncalli a Ratzinger per intenderci) già ha espresso le sue felicitazioni (vedi qui). L’evento però fu veramente luttuoso per la Chiesa non solo per la perdita della indipendenza territoriale, ma anche e soprattutto perché “la battaglia che si fa contro il Pontificato Romano non tende solamente a privare questa Santa Sede e il Romano Pontefice di ogni suo civile Principato, ma cerca anche di indebolire e, se fosse possibile, di togliere totalmente di mezzo ogni salutare efficacia della Religione Cattolica: e perciò anche l’opera stessa di Dio, il frutto della redenzione, e quella santissima fede che è la preziosissima eredità a noi pervenuta dall’ineffabile sacrificio consumato sul Golgota”. Lo capì Pio IX che pronunziò queste parole, lo capiva Leone XIII che, come di seguito si vedrà, assistette alla virulenza anticattolica ed antipapale della Massoneria e del Liberalismo, nemici della Roma di Cristo e fautori della Roma dell’Anticristo. La Civiltà Cattolica, la un tempo gloriosa rivista gestita dai Padri Gesuiti, è un ottima fonte per informarsi su questo scontro. Da essa traiamo il seguente pezzo.

È noto il contrasto, cominciato il 20 settembre 1870 , tra i cattolici ed i liberali, sull’indipendenza territoriale della S. Sede; e sono note le ragioni che s’adducono da una parte e dall’altra per la necessità o no di quell’indipendenza. Non le ripetiamo; poiché, oltre il non esser necessario, il Fisco ci ha messo il bavaglio alla bocca, non ostante la vantata libertà di stampa. Ad illustrare però quel conflitto sempre vivo, varii fatti sono accaduti e vengono accadendo di tempo in tempo, che la storia deve registrare. Eccone uno di questa prima metà di settembre. La Tribuna di Roma, nel nº del 3 settembre, così scrive del Papa. «Il Papa …. intermediario. Diversi giornali hanno stampato che col diretto intervento di Papa Leone XIII, siano state combinate le nozze di don Scipione Borghese, figlio del Principe Marcantonio, con la Duchessina De Ferrari Galliera che apporterà in dote un patrimonio di circa trenta milioni di lire. Che il Papa facesse da intermediario, così pro forma, in questioni di diritto internazionale, era cosa risaputa; ma che proprio si fosse dato ad un genere così umile di mezzaneria amorosa, confesso che non me lo sarei mai figurato. Da qui innanzi il sommo Sacerdote diverrà il talismano ricercato da tutte le Caroline del sud, del nord e di altri siti, e sul portone degli Svizzeri si potrà scrivere , sotto un’analoga insegna: Agenzia di matrimoni. Occasioni favorevoli per ambo i sessi. Avanti signori, favorischino!» – Così si parla del Papa nella capitale del cristianesimo, in quella Roma che si disse diverrebbe la rispettata dimora del Papa! Il suo augusto nome è messo nella collezione di aneddoti e di fiabe! E pensare che una legge ha dichiarato la persona del Pontefice sacra ed inviolabile. L’Osservatore romano così autorevolmente commenta il fatto: « Citiamo tutto con iscrupolosa esattezza , perché, particolarmente all’estero e dai Governi alleati, si vegga come un organo, presso che officiale, del Governo italiano qui in Roma, quasi diremo sotto gli occhi del Pontefice, si prevale della sua impunità, per insultare procacemente un inerme e vinto Vegliardo, che non può difendersi, come nol possono quegli uomini credenti, e per lo meno educati, i quali sono costretti di vederlo pubblicamente e continuamente oltraggiato, come non avviene neanche nei paesi idolatri e selvaggi. Ecco quale è la dimora rispettata che ha il Papa in Roma! Qualsiasi altro Sovrano del mondo sarebbe soddisfatto di essere rispettato in simile modo? Sarebbe egli contento di essere sfacciatamente appellato un mezzano ed un agente di matrimonii, come è bassamente qualificato da un giornale, pagato coi denari del popolo italiano, il primo Sovrano del mondo, il Sovrano che ha trecento milioni di sudditi in ogni parte del doppio emisfero? Noi ci vergogniamo di mostrare agli stranieri, che vi sono Italiani capaci di commettere simili inqualificabili azioni. Per grande ventura, e per nostra unica consolazione in tanto dolore e in tanta vergogna, rileviamo che essi non sono e non possono essere italiani».

(La Civiltà Cattolica, Anno XLV (1894), serie XV, vol. XII, quad. 1063, pp. 103-104. Testo raccolto da Giuliano Zoroddu)

Per un’analisi approfondita delle vicende e delle idee della Rivoluzione Italiana rimandiamo al pregevole saggio di Giorgio Enrico Cavallo stampato dalle nostre Edizioni